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12/06/2025
L’attuale complessità dell’economia globale
Gli attriti economici e l’incertezza seguiti all’imposizione improvvisa da parte degli Stati Uniti, sotto la Presidenza di Donald Trump, di dazi generalizzati, annunciata lo scorso 02 aprile, hanno messo in sofferenza l’intricata rete
Gli attriti economici e l’incertezza seguiti all’imposizione improvvisa da parte degli Stati Uniti, sotto la Presidenza di Donald Trump, di dazi generalizzati, annunciata lo scorso 02 aprile, hanno messo in sofferenza l’intricata rete sulla quale si regge la produzione globale. Attualmente, circa 300 milioni di aziende, intrecciate da circa 13 miliardi di legami di fornitura, si trovano a fronteggiare un’incertezza senza precedenti. Ma questa confusione è solo l’ultimo esempio del disordine economico che ha caratterizzato l’ultimo lustro. Dall’inizio della pandemia da Covid-19 nel 2020,
infatti, le strozzature emerse a sorpresa nelle catene di approvvigionamento globali hanno spinto gli addetti ai lavori a rimettere in discussione il funzionamento stesso dei sistemi economici. Rallentamenti nella produzione e carenze di beni diversissimi – dal gel igienizzante agli aerei – hanno messo a nudo le fragilità di un sistema economico globale nel quale le merci attraversano i confini tra gli Stati più volte, in fasi successive di produzione e assemblaggio. E hanno anche messo in discussione le modalità con cui tradizionalmente in macroeconomia si misurano la crescita del Pil e la produttività. Il commercio e la tecnologia hanno plasmato la produzione globale, ma le statistiche economiche continuano a essere basate su schemi di contabilità nazionale ideati negli anni ’940. Nei quali la domanda aggregata e andamenti passati o presenti stanno al centro
dell’analisi. Mettendo in secondo piano il lato dell’offerta, e investigando poco la capacità dei sistemi economici di reagire agli shock avversi. Di conseguenza, secondo un’analisi di Diane Coyle, circa l’80% della produzione nei paesi avanzati è oggi classificata dagli economisti come ‘difficile da misurare’. E l’insistenza su settori più facili da quantificare, come la manifattura, porta a sottovalutare l’importanza dei settori che davvero alimentano i moderni sistemi economici. In un’epoca segnata da una interconnessione senza precedenti – e da altrettanta instabilità – i decisori
politici (policymaker) hanno bisogno di nuovi strumenti per monitorare lo stato delle reti produttive globali e registrare forme di attività che all’epoca della nascita della statistica economica moderna erano semplicemente inimmaginabili. Per riuscirci, occorrono più dati, e di qualità migliore, che colmino le lacune conoscitive, inclusi gli indizi sulle vulnerabilità delle catene di approvvigionamento, e tecniche innovative per misurare quanto gli aspetti qualitativi e intangibili di un’economia contribuiscano, ad esempio, alla crescita economica e all’inflazione. Un nuovo quadro statistico, capace di affrontare ciò che le misure standard non riescono a cogliere, non è solo una questione accademica: è l’unico modo per poter fare scelte di politica economica mirate in tempi di incertezza. L’attuale schema internazionale per la misurazione della crescita economica e della produttività è il Sistema dei Conti Nazionali (SNA), un insieme di standard statistici rivisti ogni dieci o vent’anni da un comitato guidato dalle Nazioni Unite. Il SNA include il Pil, considerato da decenni il miglior indicatore del progresso economico. Il SNA fu creato dal lavoro congiunto di economisti americani e britannici, tra cui John Maynard Keynes ed il Nobel Richard Stone, durante la Seconda guerra mondiale. Il SNA attuale, secondo l’economista Diane Coyle che da anni ne studia pregi e difetti, è una misura raffinata dell’economia della metà del ‘secolo breve’, dominata dalla produzione manifatturiera, concentrata entro i confini nazionali e nella quale la rete di Internet e i dati non alimentavano ancora la crescita. Aggiornamenti ci sono stati ma si sono limitati all’introduzione di modifiche marginali e ammodernamenti di facciata. Ma nessuna revisione può ridare vitalità
ad un sistema pensato per un’altra epoca. Il SNA consente di fare l’autopsia di un sistema economico, ma non consente di formulare una
diagnosi né di prescrivere politiche economiche atte a migliorare il suo funzionamento. Fuor di metafora il SNA ha svolto egregiamente il compito di rendere omogenea la misurazione della crescita economica e ha permesso confronti internazionali per quasi un secolo. Ma non è riuscito a tenere il passo con le trasformazioni introdotte dalla globalizzazione e dal progresso tecnologico. Dagli anni ’980, la produzione manifatturiera e di servizi, un tempo organizzata all’interno dei confini nazionali, si è spostata verso le catene globali del valore. Mentre un tempo il commercio internazionale
implicava lo scambio di beni completi, oggi consiste nello scambio di componenti altamente specializzati attraverso più frontiere, in ciascuna fase del processo produttivo. Nel frattempo, sono emersi nuovi modelli di organizzazione per le aziende. I produttori integrati d’un tempo andato – che controllavano tutte le fasi del bene commerciabile, dalla progettazione alla produzione alla vendita – hanno lasciato il posto a realtà ‘senza fabbrica’, che progettano, distribuiscono e vendono al dettaglio; ad aziende in outsourcing che si occupano della produzione vera e propria; e a produttori ‘servitizzati’ che si concentrano sulla vendita di servizi collegati ai loro prodotti. L’outsourcing produttivo rappresenta il 15-20% del valore di settori
come elettronica e farmaceutica in paesi come Stati Uniti e Regno Unito, e l’abbinamento tra prodotto e servizio è diventato prassi comune tra
le grandi aziende. Questi cambiamenti hanno favorito una crescita vigorosa, grazie alla specializzazione e alla divisione del lavoro in un
mercato globale sempre più esteso. Ma come rovescio della medaglia hanno anche un costo ben visibile: i beni sono diventati più economici,
accessibili e di qualità superiore, ma le imprese sono diventate dipendenti da pochi fornitori esteri per componenti cruciali, rendendole vulnerabili a shock economici globali sempre più frequenti. Le statistiche economiche tradizionali non erano state concepite per una rete così intrecciata complessa. La mancanza di indicatori affidabili sul lato dell’offerta rende difficile valutare le condizioni della produzione globale anche nei periodi di relativa calma. Figuriamoci a quanto accaduto con lo scoppio della pandemia e del conflitto russo-ucraino. In una seconda parte verranno indicati i correttivi che si stanno apportando alle misurazioni per tener conto di queste nuove complessità. Il riferimento bibliografico d’obbligo per chi volesse
approfondire è un recente libro di Diane Coyle: ‘The Measure of Progress. Counting What Really Matters’, Princeton University Press, 2025.

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