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08/05/2025
Europa:un bene comune da preservare
Robert Schuman, con Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer, vengono considerati i padri della Comunità Europea, che raggruppa 27 nazioni del Continente. Il suo nome resta legato alla costituzione della Comunità europea, che gli ideatori

Robert Schuman, con Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer, vengono considerati i padri della Comunità Europea, che raggruppa 27 nazioni del Continente.  Il suo nome resta legato alla costituzione della Comunità europea, che gli ideatori immaginavano proprio a partire dalla drammatica esperienza della Seconda guerra mondiale che aveva causato morti e distruzione nel Vecchio Continente. La scelta di impegnarsi in ambito politico fu da lui considerata come obbedienza alla volontà di Dio La fede nutrì e sostenne l’impegno a lavorare per un’Europa unita e riconciliata». Dunque, una unità che doveva passare necessariamente dalla riconciliazione tra i popoli che fino a poco prima si erano aspramente combattuti. Ecco che un francese, assieme all’italiano De Gasperi e al tedesco Adenauer, fecero diventare realtà un sogno profetico: vivere in un continente pacifico. Furono loro a lanciare l’idea di una Comunità Europea, che non è solo un progetto politico, una strategia, ma un bene prezioso, un contributo per corroborare le diversità, per valorizzarle nell’unità intesa come appartenenza ad un’identità più grande: l’universalità. È un valore che permette oggi di vivere il rapporto con gli altri nella solidarietà, un umanesimo che condanna gli egoismi localistici, la depredazione delle altrui culture, i genocidi compiuti in nome di ideologie aberranti, le innominabili condizioni di lavoro. Sapevano bene che la pace è frutto della riconciliazione. Non esitarono a tendere la mano al nemico vinto e a chiedere perdono. Non lo fecero per dabbenaggine, per debolezza o fragilità, lo fecero per fortezza perché solo i coraggiosi sanno perdonare. Non c’è pace senza perdono. È il perdono che spezza le catene del male. «L’Europa deve darsi un’anima». Le istituzioni europee sarebbero «un corpo senza anima» se non fossero animate dallo spirito europeo, uno spirito di fraternità fondato sulla concezione della democrazia, di natura essenzialmente cristiana, e su «la verità costruita secondo giustizia, vivificata e integrata nella carità, posta in alto dalla libertà». ("Pacem in terris")

Alla base l’integrazione politica deve essere il completamento necessario all’integrazione economica, l’integrazione economica rappresentava nel 1950 solo il primo passo a cui ne sono seguiti altri. Il processo verso l’unità politica continua, soprattutto in questi giorni in cui la pandemia ha messo ancor più in evidenza che dipendiamo gli uni dagli altri. Animati sempre dal comune pensiero che l’Europa unita prefigurasse la solidarietà universale dell’avvenire, insieme a una concezione del mondo dove si potevano delineare sempre di più la visione e la ricerca di ciò che unisce le nazioni, di ciò che esse hanno in comune e dove si poteva conciliare ciò che le distingue o le oppone.

«La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionata ai pericoli che la minacciano... L’Europa non è stata fatta: abbiamo avuto la guerra». Erano le 18 del 9 maggio di settantacinque anni fa, quando Robert Schuman pronuncia queste parole per assicurare al Vecchio Continente la pace, dopo la mostruosità di due guerre mondiali, la depredazione e la distruzione della civiltà europea schiacciata da un folle mito, i genocidi compiuti in nome di malsane ideologie. Non usa parole caute, titubanti, indecise. Riconosce il primato dei fatti sulle parole.  

 Adenauer, il riconciliatore, De Gasperi, il costruttore, Schuman, l’iniziatore hanno in comune una visione grandiosa e misericordiosa del destino dell’Europa. Nell’esporre la celebre dichiarazione usa la forza degli argomenti chiaramente e nettamente formulati. Schuman sa che ci saranno difficoltà da sormontare, contrarietà da superare, ma egli rimane fermo nell’attesa di raggiungere la meta finale che può scoraggiare anche gli uomini più forti, ma non i cristiani.  «L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto». La solidarietà per questi artigiani di pace è giustizia, che è il contrario del legalismo cavilloso. La solidarietà tra le nazioni non è soltanto pietà e commiserazione per chi ha di meno, ma unità che si adopera per fare il bene di tutti. L’ingiustizia è il frutto della mente malata che ignora chi ha bisogno di essere aiutato. Le istituzioni europee «sarebbero un corpo senza anima se non fossero animate da uno spirito di fraternità fondato su una concezione cristiana di libertà e di dignità della persona umana.

L’economia è espressione del lavoro dell’uomo; il mercato un luogo, un’occasione per permettere non solo lo scambio di merci, ma anche l’incontro tra persone ed idee; la finanza asservita al profitto delimita anche il valore morale dell’economia; la moneta, quando diventa idolo, è causa di disgregazione, allontana l’uomo dal lavoro, per avvicinarlo alla corruzione.

Oggi l’Europa rischia nuovamente di essere divisa e separata non da muri, ma da economie forti contro quelle deboli, da rigore contro crescita, da chi vede nell’Europa un’occasione per salvaguardare il proprio orticello privato da chi chiede non elemosina, ma un’equa distribuzione di comuni risorse.  Alla gioia e alla speranza nutrite dagli anziani per un’Europa veramente coesa, all’euforia che ha invaso i giovani tedeschi dopo la caduta del muro di Berlino, è subentrata un’apatia verso l’Europa: all’epoca delle grandi narrazioni, sono seguiti i pericoli dello scetticismo, del nazionalismo e del nichilismo. Ai quattro elementi ricordati nella dichiarazione: la pace, frutto del perdono, la solidarietà, frutto della giustizia, l’unità in una federazione, frutto della sovranazionalità, le realizzazioni comuni, frutto dell’unità è subentrato l’egoismo.

 In un discorso del giorno di Pasqua, papa Francesco lanciava un ulteriore monito all’Europa: «Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Europa è potuta risorgere grazie a un concreto spirito di solidarietà che gli ha permesso di superare le rivalità del passato. È quanto mai urgente, soprattutto nelle circostanze odierne, che tali rivalità non riprendano vigore, ma che tutti si riconoscano parte di un’intera famiglia e si sostengano a vicenda. Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero. Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni».

La dichiarazione di Robert Schuman, dopo settant’anni, è ancora attuale e sembra precedere il desiderio espresso da papa Francesco. Spetta ora ai cristiani e a tutte le donne e gli uomini di buona volontà il compito di donare alle giovani generazioni ragioni per vivere e per sperare.




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