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15/02/2024
Il pendolo dell’economia tra Stato e mercato
Se e quanto lo Stato possa far meglio del mercato è una questione meramente empirica che deve essere analizzata caso per caso.

Negli ultimi tempi con la pubblicazione di alcuni libri e di articoli sulle riviste scientifiche è tornato vivo il dibattito su come debba muoversi il pendolo dell’economia tra Stato e mercato. Il capitalismo (o se preferite l’economia di mercato) finora si è dimostrato alla luce dei fatti, il sistema economico più consono per far crescere il benessere delle popolazioni. Ne è testimonianza quanto è emerso nel tempo e nello spazio, confrontando i diversi momenti della storia e i diversi paesi del Globo. Ma una parte, grande o piccola che sia, di questo benessere è anche dovuta a quello che possiamo chiamare ‘Stato’ impersonificato dalle politiche redistributive attuate dalle socialdemocrazie e dalle democrazie liberali dopo la seconda guerra mondiale. Da un lato è un elemento acquisito, infatti, che ci possa essere un conflitto tra redistribuzione ed efficienza (la quadratura del cerchio di Ralf Daherendorf che avrebbe attanagliato secondo lui il mondo sviluppato del XXI secolo): ci sono modi di tagliare (redistribuire) oggi la torta (il Pil prodotto) che la rendono più piccola domani. Ma è anche vero dall’altro che le politiche redistributive opportunamente congegnate nel presente possono contribuire ad una torta più grande in futuro. Questo, ad esempio, grazie a talenti che altrimenti non si potrebbero esprimere o sarebbero allocati in modo inefficiente. E soprattutto grazie al fatto che opportunità più largamente ed equamente distribuite permettono una partecipazione più efficiente e un mercato più ampio. Con l’ascensore sociale che fa salire anche coloro che non avendo la possibilità di prenderlo senza le politiche redistributive non riuscirebbero a far fruttare il loro talento. Questo avviene con l’implementazione di politiche pre-produzione, in-produzione e post-produzione (tassonomia di Dani Rodrik e Stefanie Stantcheva ripresa in Italia tra gli altri da Ugo Colombino).

Con le prime che sono quelle che intervengono sulla dotazione delle singole persone: istruzione, leggi sull’eredità, trasferimenti universali e così via. Mentre le politiche post-produzione sono le tradizionali politiche implementate dalle socialdemocrazie e dalle democrazie liberali: trasferimenti monetari condizionati, sussidi di disoccupazione, sistemi di tassazione progressivi. Le politiche che intervengono, invece, direttamente sulla produzione (in-produzione) sono ad esempio il salario minimo, le licenze per l’attività imprenditoriale, la regolamentazione di assunzioni e licenziamenti, i ‘tavoli’ di concertazione tra i ‘portatori d’interesse’ ecc. Sul ruolo positivo del mercato anche autori su fronti politici diametralmente opposti la pensano allo stesso modo. Tra i molti. Secondo Adam Smith e Friedrich von Hayek più persone riescono a partecipare al mercato e più ampio sarà quest’ultimo e maggiore la prosperità. Ma anche Karl Marx e Friedrich Engels osservano nel loro ‘Manifesto del Partito Comunista’ che il libero mercato aveva creato in breve tempo una maggiore prosperità e più innovazione tecnologica di tutte le generazioni precedenti messe insieme. Naturalmente se e quanto lo Stato possa far meglio del mercato è una questione meramente empirica che deve essere analizzata caso per caso. Ma c’è di più. Non è scontato che un intervento dello Stato sia solo di tipo ‘statalista’. Ci sono anche ricette ‘di mercato’ per correggere i ‘fallimenti del mercato’. L’esempio più gettonato è quello delle aste, cioè un meccanismo concorrenziale con il quale si possono regolare le posizioni di monopolio (rendite di posizione) generate dal mercato, avviare la produzione di beni pubblici o lo sviluppo di tecnologie che sul mercato non si produrrebbero o non sarebbero sviluppate. Un altro esempio è quello dei problemi ambientali (‘esternalità’) in qualche misura affrontabili con i ‘mercati’ dove vengono scambiati ad esempio i ‘diritti di inquinamento’. Insomma: nel caso venisse scelto l’approccio di mercato dentro la scatola degli attrezzi andrebbe messo anche il manuale del ‘disegno dei meccanismi’ che fornisce indicazioni sul come sia possibile migliorare il funzionamento del mercato utilizzando meccanismi di mercato.

Marco Boleo




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