PRIMO PIANO
15/12/2023
Il piano Milei
Il nuovo Presidente dell'Argentina lancia un programma di riforme radicali per rilanciare l’economia.

Negli ultimi tempi, l’Argentina è stata in primo piano nelle discussioni economiche e la nomina di Javier Milei a nuovo presidente ha suscitato un interesse diffuso. Gli occhi ora sono puntati sulle sue decisioni di policy. Recentemente ha dimezzato il valore della valuta argentina rispetto al dollaro mentre inizia la terapia (economica) shock. Anche la spesa pubblica verrà tagliata nel quadro della prima ondata di riforme radicali. Considerato l’elevato debito estero dell’Argentina, il ‘trattamento shock’ potrebbe comportare la negoziazione con i creditori per ristrutturare il debito, rendendolo più gestibile e sostenibile a lungo termine. L’Argentina sta dimezzando il valore della sua moneta mentre il nuovo Presidente Javier Milei lancia il suo programma di riforme radicali per rilanciare l’economia. Il tasso di cambio ufficiale sarà ridotto da 366,5 pesos per dollaro a 800, ha annunciato il Ministro dell'Economia Luis Caputo, mentre i sussidi energetici saranno ridotti e il numero dei Ministeri sarà dimezzato (la motosega in azione). Verranno tagliate anche le spese per i trasporti, per la previdenza sociale e per le pensioni, mentre le 23 regioni federate riceveranno meno risorse finanziarie da Buenos Aires. La ragione di questi provvedimenti è che non ci sono più soldi. Continuando sulla strada intrapresa dal precedente Governo, l’approdo verso l’iperinflazione (aumento del livello generale dei prezzi superiore al 50% mensile) sarà inevitabile. La missione del Governo a detta del Ministro Caputo sarà quella di evitare una catastrofe. La svalutazione del peso ed i tagli alla spesa pubblica fanno parte della prima ondata di annunci di politica economica di Milei, eletto a novembre.

Il Presidente si è impegnato a porre fine alla crisi inflazionistica del paese ed alla sua dipendenza dal debito estero e a riportare l’economia argentina su un binario più stabile attraverso una serie di riforme attuate con una ‘terapia d’urto’. L’Argentina com’è noto è il più grande prenditore di prestiti al mondo dal FMI, essendo beneficiaria di più di un quarto di tutti i fondi prestati dall’organismo di vigilanza globale. L’Argentina va regolarmente in default, l’ultima volta nel 2020. La radice del problema è la dipendenza dal deficit fiscale. La dissolutezza fiscale [tra le tante analisi sull’argomento si veda Vito Tanzi, Questione di tasse, Egea] sta alla base dei problemi macroeconomici e procedere rapidamente con l’aggiustamento fiscale è molto importante ma il problema è che alcune delle politiche annunciate rimangono vaghe e molte mancano di dettagli quantitativi. C’è molto consenso in giro per il ‘Piano Milei’ congegnato per stabilizzare l’economia argentina ma non va sottovalutato che potrebbero esserci delle insidie nel corso della sua attuazione. Tenuto conto che i consolidamenti fiscali andrebbero praticati gradualmente e non in un colpo solo (one shot). Per il fatto che la leva fiscale, a differenza di quella monetaria, a lungo andare modifica il tasso di interesse, e per questo canale gli investimenti e il livello del Pil: via una diminuzione della domanda aggregata. Tanto più le aspettative di famiglie e imprese si riveleranno corrette riguardo alla ‘manovra del Governo’ quanto più gli effetti positivi attesi non verranno annullati da quelli negativi attuali. In definitiva tanto minore sarà l’impatto negativo dello shock fiscale sulla produzione corrente quanto più aumenterà la probabilità che la terapia shock di Milei si riveli economicamente e politicamente sostenibile.

Certo un requisito necessario è che il piano sia credibile, ovvero che non instilli dubbi sul fatto che il Governo procederà come annunciato quando sarà il momento. Ma, d’altra parte, un programma di terapia shock (doccia fredda) insostenibile può benissimo essere annullato e di questo i mercati finanziari ne sono a conoscenza. Occorre un compromesso equilibrato: tagli abbastanza “consistenti” nel periodo corrente per dimostrare l’impegno di procedere nell’aggiustamento fiscale e tagli significativi in futuro in modo da limitare gli effetti negativi di breve periodo che potrebbero rendere insostenibile il piano fiscale. A che cosa serve, invece, la svalutazione del pesos del 50%? Il provvedimento cerca di livellare il tasso di cambio prevalente sul mercato nero, a 1070 pesos per dollaro, con quello ufficiale fissato dal Banco Central a 360 pesos per dollaro (provvedimento del Governo precedente: quello del Presidente peronista Alberto Fernandez e del Ministro dell’Economia Sergio Massa uscito sconfitto nel ballottaggio con Milei). Uno scarto tra il tasso di cambio ufficiale e quello del mercato nero di 700 è impossibile da mantenere: pena l’assottigliamento delle riserve valutarie e quindi andava ridotto con una svalutazione. A mo’ di conclusione potremmo dire che il ‘trattamento shock’ comporta sia potenziali benefici che altrettanti rischi. L’aspetto positivo è che potrebbe portare a un’economia più stabile e resiliente, attirando investimenti esteri e promuovendo una crescita sostenibile. Tuttavia, la natura repentina di tali riforme può anche porre sfide, tra cui disordini sociali e resistenza al cambiamento.

Marco Boleo e Rudi Rodriguez

 




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