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11/12/2023
'Siamo tutti liberi ed uguali'
Il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità.

Il 10 dicembre 1948 veniva adottata la Dichiarazione universale dei diritti umani. Memori degli orrori della Seconda guerra mondiale, gli stati membri delle neonate Nazioni Unite mostrarono grande visione e coraggio, riponendo la loro fede in valori universali che tutelavano la libertà e la dignità di tutti gli esseri umani. Famoso l’articolo 1: Siamo tutti liberi ed uguali. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Fin dal preambolo viene considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. Non solo, ma anche il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, nonché la libertà dal timore e dal bisogno è proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo. Tuttavia, si ritiene indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione. Indispensabile è promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni; Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, e hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà. Considerato infine che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali; è concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni. L’Enciclica Fratelli tutti non si limita a considerare la fraternità uno strumento o un auspicio, ma delinea una cultura della fraternità da applicare ai rapporti internazionali. Una cultura, certo: l’immagine è quella di un sapere del quale viene sviluppato il metodo e l’obiettivo.

Oggi si chiede, quale spazio e considerazione trova la fraternità nelle relazioni internazionali? Se da un lato è necessario far crescere una spiritualità della fraternità allo stesso tempo è necessario far crescere un’organizzazione mondiale più efficiente, per aiutare a risolvere i problemi impellenti e serve fare della fraternità uno strumento per agire nei rapporti internazionali. L’Enciclica ci ricorda l’integrazione tra Paesi, il primato delle regole sulla forza, lo sviluppo e la cooperazione economica e, soprattutto, lo strumento del dialogo visto non come anestetico o per “rattoppi” occasionali, bensì come un’arma che ha un potenziale distruttivo molto superiore a qualsiasi armamento; oggi più che mai. E pone il dialogo come metodo e lo considera strumento di cui necessita la giustizia per potersi affermare e nel suo significato o più autentico. Allora l’assenza di dialogo permette ai rapporti internazionali di degenerare o di affidarsi al peso della potenza, ai risultati della contrapposizione e della forza, mentre invece, soprattutto quando è e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio. L’Enciclica lo evoca come strumento della fraternità, un mezzo che rende chi dialoga diverso da quelle «persone con funzioni importanti nella società, che non avevano nel cuore l’amore per il bene comune». Ecco perché i responsabili delle Nazioni devono fare passi avanti per mettere in prima istanza gli interessi dei popoli. Infatti sono proprio le istanze di popoli e persone diventano prevalenti e capaci di garantire non interessi particolari, ma quell’auspicato bene comune mondiale. Concludendo definendo il Documento «una pietra miliare» anche per il dialogo interreligioso, costruisce l’invito di mettersi al servizio della fratellanza per il bene di tutta l’umanità – ormai un’assoluta necessità per il mondo, come un appello alla concordia rivolto ad un mondo in discordia.

Gilberto Minghetti




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