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29/11/2023
Unione Europea, necessaria una nuova politica industriale
I leader dell’UE dovranno considerare la competitività non più come una questione dei singoli Stati.

L’Unione Europea (UE) ha estremo bisogno di proiettarsi in avanti e definire collegialmente come rimanere competitiva in un mondo dove cambiano i rapporti di forza dopo la policrisi. Non ci sono alternative. Le statistiche sono impietose. L’economia dell’UE rappresenta il 65% di quella degli Usa: si tratta di una percentuale in calo rispetto al 91% del 2013. Il Pil pro-capite degli Stati Uniti poi è più del doppio di quello dell’UE e il divario è in continuo aumento. Scendendo nei dettagli la storia non cambia. Considerando difatti l'elenco delle 20 principali imprese tecnologiche globali; o le migliori università del mondo; o la capacità produttiva di semiconduttori: l’Europa è in netto ritardo. I problemi strutturali di lunga data che minano l’efficacia del mercato unico dell’UE, che teoricamente dovrebbe trasformare i 27 mercati nazionali in un mercato unico e senza attriti, sono stati aggravati da anni di crisi. La pandemia da Covid-19, che ha portato alla guerra della Russia contro l’Ucraina, ha fatto aumentare i prezzi e i costi dell’energia. Le pressioni demografiche e le difficoltà legate all’istruzione, invece, hanno creato una carenza di manodopera qualificata. E come se non bastasse c’è un fardello burocratico che schiaccia il potenziale di crescita. Nel contempo, gli sforzi per aiutare l’UE a rimarginare le fratture economico-sociali provocate dalla crisi gemella della pandemia da Covid-19 e del conflitto russo-ucraino hanno creato rischi a medio termine. La pioggia di aiuti di Stato e sostegno finanziario da parte di Bruxelles alle imprese europee ha radicalmente alterato la ‘parità di condizioni’ tra i paesi e le loro imprese: un tempo considerate il pilastro centrale del mercato unico. Il conto per gli aiuti di Stato dell’UE è aumentata da 102,8 miliardi di euro nel 2015 a 334,54 miliardi di euro nel 2021. Tra marzo 2022 e fine estate di quest’anno, l’Europa ha approvato 733 miliardi di euro di sostegno statale, secondo i dati non ufficiali delle Commissioni visionati dal Financial Times.

Questa spinta è stata sostenuta da due fattori: i) dal desiderio di accelerare la transizione verde del vecchio continente dai combustibili fossili e di investire in nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio; ii) dal fornire pronta risposta a programmi concorrenti come l’Inflation Reduction Act (IRA) da 369 miliardi di dollari di Joe Biden o come il sostegno statale di lunga data offerto da Pechino ai rivali cinesi. Il dilemma dell’Europa sta nel preservare la forza del mercato unico e le libertà di movimento, di capitali, di beni e di servizi, competendo al contempo con America, Cina, India e altri competitor. L’Europa ha bisogno di conservare le quattro libertà e di lavorare su una nuova politica industriale e su una forte capacità di prosperare ed essere resiliente. Il desiderio dell’Europa di competere con gli Stati Uniti, la Cina e le potenze emergenti come l’India potrebbe farle relegare erroneamente queste quattro libertà in secondo piano e sarebbe un grave errore. Già per sostenere la lotta contro il Covid e la guerra contro l’invasione russa dell’Ucraina, Bruxelles ha gettato alle ortiche le regole economiche. Le norme sull’ammissibilità degli aiuti di Stato e dei sussidi nazionali sono state abolite e la supervisione dell’UE sui deficit e debiti dei suoi membri è stata sospesa. Le norme dell’UE sugli aiuti di stato elaborate per proteggere quelli più poveri con meno potenza di fuoco fiscale dagli stati più ricchi che altrimenti sarebbero in grado di pompare risorse nei loro asset nazionali e dare loro un vantaggio ingiusto. Questo, dicono alcuni funzionari provenienti principalmente dai paesi del sud-est dell’Europa, è esattamente quello che è successo.

I Governi di paesi come Germania e Francia, in nome della stabilità economica dell’intero blocco, hanno dato alle proprie aziende le risorse finanziarie per surclassare i rivali dell’UE, calpestando nel frattempo le garanzie del mercato unico. Dei 733 miliardi di euro di sostegno statale approvati dall’Europa tra marzo 2022 e agosto di quest’anno, la Germania ne utilizza quasi la metà. La questione chiave è come garantire che possano esserci interventi comuni europei e non nazionali  considerato che questa sequenza di interventi nazionali rischia davvero di frammentare il mercato interno. Il panico attorno alla minaccia posta dall'IRA è stato tale che la Commissione è impegnata da più di sei mesi in colloqui irrisolti con la Casa Bianca su come garantire alle aziende dell'UE l'accesso ad alcuni dei sussidi. Le regole del gioco sono cambiate. Le pressanti preoccupazioni per la sicurezza economica, la politica energetica e la corsa ai sussidi hanno aggravato le sfide di competitività dell’UE. La questione decisiva per l’Europa non sarà solo come i paesi metteranno a terra i loro modelli operativi, ma se le loro risposte saranno collettive o nazionali. L’esplosione degli aiuti di Stato ha dato ai singoli membri dell’UE, in particolare a quelli più ricchi, l’incentivo a mantenere le regole così come sono. La sfida ora è riunire tutti questi paesi che hanno avuto due o tre anni di tempo per fare quello che volevano e rimetterli in formazione affinché lavorino di concerto. I leader dell’UE dovranno considerare la competitività non come una questione nazionale ma come questione dell’UE. Bisognerà agire di concerto per recuperare il terreno perduto.

Marco Boleo




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