PRIMO PIANO
06/11/2023
Bce: 'Preoccupa il rischio di stagflazione'
Si prospettano mesi molto complicati per l’economia europea, che sta cercando di riacquistare la disciplina fiscale nel 2024.

Le Banche Centrali (BC) sono passate dal sostegno alla domanda aggregata con tutti i mezzi (ingenti iniezioni di liquidità, e tassi d’interesse negativi) a strangolarla col rialzo dei tassi di interesse per ridurre l’inflazione. L’Eurozona soffre pertanto già di una stagflazione da libro di testo: da mesi flirta con la recessione mentre l’inflazione, che doveva essere transitoria, è divenuta “vischiosa” (e gli aumenti salariali come quelli tedeschi, superiori al 6%, lo testimoniano). La crescita economica è già stata soffocata, ma l’inflazione non è ancora stata domata. Vale quindi la pena ricordare ora ciò che dice il manuale di Macroeconomia: tutta la moneta immessa in un’economia si trasforma inesorabilmente in crescita… o in inflazione. Dipende se l’economia ha bisogno di essere stimolata o se è vicina alla piena occupazione o se è stata colpita da shock dal lato dell’offerta. La moneta iniettata nel corso degli anni, anzi a partire dalla crisi del 2007-8 è ancora lì nello scantinato dell’edificio economico. Il processo di drenaggio è appena iniziato e la crescita del Pil ha già rallentato. Nel caso lo stallo dovesse protrarsi non è che stiamo forse spingendo tutto verso la lotta all’inflazione? Nel verbale della riunione di luglio del Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE) si legge che diversi componenti “hanno espresso preoccupazione per il rischio di stagflazione”. La verità è che l’Eurozona è stagnante e lo era già tra ottobre dello scorso anno e marzo di quest’anno. Nel secondo trimestre di quest’anno 2023 è riuscita a crescere dello 0,3% su base trimestrale, ma tutto sembra indicare che nel terzo trimestre si è nuovamente fermata. Il rapido aumento dei tassi di interesse avviato dalla BCE il 21 luglio 2022, che in 10 fasi li ha portati dal territorio negativo al 4,25%, ha soffocato la crescita. La locomotiva europea, la Germania - col commercio mondiale che non traina - è in recessione. La Francia ha registrato uno 0,1% nell’ultimo trimestre del 2022 e nel primo trimestre di quest’anno, mentre l’Italia ha registrato un -0,4% nel secondo trimestre di quest’anno. La crescita nell’Eurozona ha sicuramente rallentato.

Ma l’inflazione, dimezzata rispetto al suo picco, è ancora sopra il 5%. Una riduzione dell’inflazione senza moderare il ritmo della crescita sembra essere una missione impossibile. Ma quest’estate gli Stati Uniti hanno registrato un’inflazione del 3,2% (rispetto al 9% dell’anno precedente) con una crescita dello 0,5% nel secondo trimestre (2,4% annualizzato). Un bilancio equilibrato, molto diverso da quello attuale dell’Eurozona. Con un esercizio di realismo, i verbali della Banca Centrale Europea relativi alla riunione di luglio rivelano che il suo Consiglio direttivo non si aspetta che l’inflazione venga mantenuta intorno al 2% fino al 2025. Se è giusto, ci vorranno tre anni per raggiungere questo obiettivo. perché gli aumenti non sono iniziati fino all’estate del 2022, molti mesi dopo che l’inflazione – “transitoria”, sono sicuro che ricorderete – aveva mostrato le sue credenziali. All’inizio del 2022 Lagarde – ancora impegnata a rafforzare domanda e crescita – aveva infatti escluso rialzi dei tassi per l’anno, anche se a febbraio, ancor prima dell’invasione dell’Ucraina, la Spagna registrava già un’inflazione al 6%. Poi, ovviamente, è arrivata la fretta che come è noto è cattiva consigliera. Tra il Presidente Jean-Claude Trichet che ha alzato i tassi nel momento sbagliato (crisi dei debiti sovrani) e la Christine Lagarde che non li ha alzati nel momento giusto, il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha già all’attivo alcuni gravi errori nei suoi quasi 25 anni di storia. Nelle analisi ci vuole poco a mettere insieme un’insalata di dati per giustificare ‘ex-post’ quasi tutto, ma resta il fatto che la BCE è rimasta molto indietro in questa crisi inflattiva e resta ancora da vedere se con un’Eurozona priva di strumenti di intervento i costi in termini di riduzione della crescita economica e di aumento della disoccupazione che l’Eurozona dovrà fronteggiare per sradicare l’inflazione non sarà maggiore di quanto previsto dal Consiglio direttivo della BCE.

L’assenza di un’attività finanziaria priva di rischio, la mancanza di un meccanismo di risoluzione unico (SRM) per garantire una risoluzione ordinata delle banche in dissesto (con costi minimi per i contribuenti e per l'economia reale) e di un fondo comune di garanzia dei depositi, col rischio di frammentazione sempre all’orizzonte privano l’Eurozona di meccanismi atti a garantire la stabilità finanziaria. In questo contesto, la Commissione Europea ha appena abbassato le sue previsioni di crescita per l'Eurozona dall'1,1 allo 0,8% nel 2023. Crescita ottenuta con consumi quasi congelati, come le esportazioni, e basata sulla spesa pubblica e sugli investimenti. Si prospettano pertanto mesi molto complicati per l’economia europea, che, su sollecitazione della Germania, sta cercando di riacquistare la disciplina fiscale nel 2024 e di iniziare ad allineare le politiche fiscali con la politica monetaria, dopo molti mesi nei quali le politiche fiscali hanno remato contro. In questo contesto di ristagno con inflazione (stagflazione) sembra complicato accelerare l’indispensabile drenaggio di liquidità che la BCE ha già iniziato ad attuare, sostanzialmente forzando il rimborso dei programmi TLTRO. I Targeted Longer-Term Refinancing Operations (TLTRO) com’è noto offrono agli enti creditizi dell'Eurozona finanziamenti con scadenze pluriennali diretti a migliorare il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, sostenendo l'erogazione del credito bancario all'economia reale. A solo titolo di cronaca si stima che la liquidità in eccesso sia appena ‘di soli’ 3mila miliardi di euro. La riduzione del bilancio, che supera ormai i 1.600 miliardi di euro, ha portato il bilancio della BCE dal 58% al 52% del Pil e proseguirà nei prossimi mesi, sostenuta soprattutto dalle scadenze dei programmi di finanziamento a basso costo della BCE insieme ad una riduzione del Programma di Acquisto delle Attività (PAA) pari in media a 27 miliardi di euro al mese. Qui la BCE è in vantaggio rispetto alla Fed, che avrebbe ridotto il proprio bilancio di 1.000 miliardi di dollari se l’inversione di rotta forzata dai crolli bancari estivi non avesse ridotto il drenaggio a 850 miliardi di dollari.

Marco Boleo




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet