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25/10/2023
I due Keynesiani della sintesi
Lo Stato è chiamato a contribuire con una politica fiscale meno oppressiva e con una maggiore efficienza nei servizi pubblici offerti.

James Tobin ed Ezio Tarantelli, sono due economisti di generazioni e di destini diversi che hanno avuto tuttavia una visione comune riguardo la lotta all’inflazione e la distribuzione del reddito. Considerate le comuni radici immerse nell’humus del keynesismo americano. Il primo fondatore della scuola di Yale mentre il secondo studente e poi professore al Mit di Boston sotto la guida attenta di Franco Modigliani. Per il compianto Ezio Tarantelli i sistemi economici raramente si trovano in una situazione di equilibrio come afferma la teoria economica dominante. Preso atto che sono gli squilibri a dominare la scena. I gruppi sociali che interagiscono in un sistema economico conflittuale hanno un diverso potere nelle rivendicazioni che portano avanti per frenare o accelerare la redistribuzione dei frutti dovuti alla crescita del Pil che il progresso tecnico porta per effetto delle innovazioni tecnologiche. I policymaker hanno insomma il difficile compito di riconciliare gli interessi e di far superare i conflitti. Ma questo richiede il pieno riconoscimento del ruolo che gli attori sociali possono e devono svolgere per evitare che la “corda del boia”, cioè la politica monetaria restrittiva dei banchieri centrali, stringa il collo dell’economia e porti a livelli sub-ottimali di Pil e di occupazione. Ed il boia entra in scena quando le fette di Pil richieste nella distribuzione del reddito sono maggiori del totale (si veda in seguito il pensiero di J. Tobin). Di qui le due intuizioni fondamentali di Tarantelli sull’uso della politica salariale d’anticipo nella lotta ad un’inflazione persistente, di un tasso accettato e decelerante di aumento dei prezzi. Al fine di riconciliare le variabili reali con quelle nominali. Anche in John Maynard Keynes, il padre della macroeconomia, c'era questa convinzione che fosse meglio fare politiche preventive piuttosto che successive.

A questo gioco cooperativo lo Stato, il terzo attore insieme alle maestranze delle imprese ed ai sindacati dei lavoratori, è chiamato a contribuire con una politica fiscale meno oppressiva (aumento del reddito al netto della tassazione) e con una maggiore efficienza nei servizi pubblici offerti. Questo è lo ‘scambio politico’ essenziale per conseguire attraverso il coordinamento tra gli attori interagenti nei sistemi economici, un più elevato livello di benessere sociale. Per James Tobin, dal suo punto di vista, che presenta un’analisi simile, i problemi sorgono nel momento in cui gli attori economici rivendicano pezzi di torta (di Pil) che insieme superano il totale. L’inflazione è il modo con il quale le loro richieste, nella misura in cui sono espresse in termini nominali, vengono temporaneamente riconciliate. Il Pil reale resta invariato mentre aumenta quello nominale per via dell’aumento dei prezzi. Questo tiro alla fune continuerà ed anzi accelererà finché continueranno i conflitti fondamentali tra rivendicazioni nominali e potere d’acquisto reale al netto dell’inflazione. Nel contempo il professor Tobin si preoccupa anche dell’insicurezza del lavoro che deriva dalle politiche restrittive. La speranza dei policymaker è che l’esclusione di sempre più persone dal gioco (non cooperativo) indebolisca i gruppi più determinati, considerato che l’aumento della disoccupazione indebolisce il potere dei lavoratori. Il timore però è che il restringimento della torta renda gli attori sociali ancora più intransigenti e protezionisti per difendere la loro fetta. Pertanto ragionare per mera logica competitiva serve a poco in una situazione di squilibrio e conflittuale.

Massimo Ricciardi




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