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12/10/2023
Il cardinale Pizzaballa: 'Una tragedia che crea altre tragedieā€
Sul quadro generale incombono anche gli effetti della crisi della globalizzazione con i conflitti che scaturiscono dalle ritorsioni politiche sugli approvvigionamenti energetici.

Nella recente Esortazione Apostolica Laudate Deum, ancora una volta Papa Francesco è entrato coraggiosamente, con analisi e suggerimenti di dettaglio, sulla crisi climatica, ulteriormente arricchendo, con una forte “ecologia dell’uomo”, la Dottrina sociale della Chiesa. Ma, come ormai avviene da tempo, il Sommo Pontefice non fa mai mancare un appello per la pace, evidentemente preoccupato della condizione che, a suo tempo, ha descritto come lo svilupparsi tragico di “una guerra mondiale a pezzi”. E, proprio nel documento dato il 4 ottobre, accanto agli aspetti ambientali, ha esortato, al fine di affrontare lo scenario di crisi, a percorrere “il multilateralismo come strada inevitabile”. Non solo ha sottolineato l’“importanza e necessità” della “diplomazia”, ma ha auspicato un “quadro diverso per una cooperazione efficace”, per “rispondere alle nuove sfide … per consolidare il rispetto dei diritti umani più elementari, dei diritti sociali e della cura della casa comune”. In sostanza la “dottrina” di Francesco richiede, come esprime il documento, “di stabilire regole universali ed efficienti per garantire questa protezione mondiale”. Non sono trascorsi due giorni che una nuova catastrofe bellica si è, tuttavia, abbattuta nel già caotico quadro europeo e mediorientale. Nonostante qualche ricorrente rimozione la questione israelo-palestinese rappresenta una faglia permanente di criticità. I problemi interne del Paese avevano messo in allerta gli analisti più preparati. Dario Fabbri aveva concluso il suo editoriale del fascicolo di Domino di aprile dedicato alla questione (“Se Israele brucia”) con una premonizione: ”Nell’immediato, Israele potrebbe attirare un massiccio attacco esterno mentre è paralizzato dallo scontro intestino. Oppure assistere inerme all’esplosione della negletta questione palestinese”.

Ed infatti, puntualmente, con una azione su larga scala i guerriglieri della fazione palestinese di Hamas hanno condotto una offensiva bellica con migliaia di razzi lanciati contro le strutture civili di Israele, mentre venivano uccisi e rapiti centinaia di giovani impegnati in un rave e numerose aggressioni avevano luogo nelle residenze dei coloni ebrei, anche in tali ambiti con esecuzioni sommarie di uomini, donne e bambini. Una operazione bellica audace, condotta con mezzi insoliti, che ha colto di sorpresa sia l’esercito di Tel Aviv che le strutture di sicurezza e di intelligence. Il bilancio è impressionante e vede, da parte israeliana oltre mille morti e oltre cento persone rapite e prese come ostaggi e che saranno tragicamente usate come ricatto e scudi umani. Non vi è dubbio che la risposta di Israele, che si va preparando e attuando, sarà altrettanto e forse più estrema, in quanto, l’assalto terroristico di Hamas si presenta come la volontà di cancellare Ia nazione ebraica e l’obbiettivo sarà quello della eliminazione dell’organizzazione islamista, estendendo lo sradicamento anche al milieu civile e sociale nel quale si alimenta. La chiusura di ogni approvvigionamento per la città di Gaza che si abbatte sulle popolazioni civili palestinesi ne è un primo segnale. Inevitabilmente orrore chiamerà orrore, proprio come ha detto il Cardinale Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme “una tragedia che crea altre tragedie”. mentre sul piano politico non sono da escludere interventi a sostegno di Hamas di forze e paesi che osteggiano da sempre Israele, né d’altro canto non è lontana dalla realtà la possibilità di azioni preventive da parte dell’esercito di Tel Aviv per disinnescare tale rischio. Il mondo intero è rimasto impressionato e si attendono trepidamente gli sviluppi la cui portata non è prevedibile, ma che, oltre alla voragine bellica che si è aperta, potrebbero aggravare la destabilizzazione in atto nel quadrante complessivo che riguarda l’est europeo, i Balcani, il Medio Oriente e il nord Africa. Infatti, esaminando complessivamente, lo stallo della cosiddetta controffensiva di Kiev e l’arrivo di ulteriori forze russe nel fronte orientale dell’Ucraina, se ne deduce che, nonostante l’ulteriore invio di armamenti da parte occidentale, il conflitto durerà ancora a lungo, mentre il sostegno al Paese aggredito potrebbe mostrare sintomi di “stanchezza”, anche per un coacervo di problemi e appuntamenti politici che incombono in un Occidente non pienamente “in forma”.

Un conflitto che dovesse durare oltre le elezioni europee e, soprattutto oltre quelle negli Stati Uniti alla fine del 2024, aggiungerebbe elementi di instabilità con imprevedibili conseguenze a livello di consenso politico, sempre che il tragico bilancio di perdite militari e civili resti sopportabile per i contendenti e, soprattutto per Kiev. Gli indiretti effetti destabilizzanti del conflitto ucraino nell’est Europa e in territorio asiatico ai suoi confini si stanno facendo sentire: i Balcani appaiono sempre in ebollizione ed ogni occasione è buona per riaprire il conflitto tra Serbia e Kosovo, dimostrato dai recenti scontri provocati dalle proteste dei cittadini di etnia serba nei riguardi delle elezioni dei sindaci kosovari; mentre è passata quasi sotto silenzio, l’ennesima persecuzione degli armeni costretti in oltre cento mila a fuggire “per sempre” dal Nagorno-Karabach per l’attacco delle forze dell’ Azerbaigian. Episodi solo apparentemente minori di un conflitto generale che gioca la sua partita principale nella martoriata Ucraina. Sul quadro generale incombono anche gli effetti della crisi della globalizzazione con i conflitti che scaturiscono dalle ritorsioni politiche sugli approvvigionamenti energetici, la corsa ad occupare le “terre rare”, lo sfruttamento dell’Africa come giacimento, la sempre più evidente competizione non solo tra Cina ed Usa, ma tra l’Occidente e gli “altri”, la crescita della prospettiva di un diverso ordine finanziario e la costruzione di un “sud globale”. Una inquietudine globale a cui non corrisponde una capacità di iniziativa diplomatica e che, di conseguenza, fa pensare, anche in questo caso alla giustezza delle preoccupazioni di Francesco. Il segno terroristico dell’azione di Hamas, traduce quello che simbolicamente, aveva indicato ad aprile dello scorso anno il Papa: “Dappertutto c’è guerra. E’ uno schema demoniaco, il mondo ha scelto Caino”.

Pietro Giubilo




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