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23/09/2023
Europa, in aumento l'occupazione
I programmi di welfare sono fondamentali per proteggere i lavoratori e le famiglie dagli effetti negativi sia degli shock temporanei che delle transizioni strutturali.

Negli ultimi anni in seguito agli shock dal lato dell’offerta i tempi sono divenuti più incerti. La forte crescita dell’occupazione post-pandemia potrebbe presto affievolirsi in seguito al recente rallentamento dell’attività economica nell’Eurozona. Le pressioni inflazionistiche, generate in gran parte dalla crescita dei prezzi delle materie prime e dei beni intermedi e dagli shock nelle catene del valore globali, potrebbero aver raggiunto il loro picco negli ultimi mesi, ma la loro persistenza presenta rischi al rialzo. Nonostante la forte richiesta di significativi aumenti salariali in alcuni Paesi soprattutto quelli con mercati del lavoro vicini alla piena occupazione, l’aumento complessivo dei salari nominali è rimasto finora al palo mentre quelli reali sono ancora ben al di sotto dei livelli raggiunti prima della pandemia da Covid-19. Il ripristino del potere d’acquisto perduto dovrebbe però essere legato alla crescita della produttività. La cosiddetta ‘regola aurea’. L’incertezza certamente non riguarda solo le prospettive a breve termine. Visto che siamo di fronte a cambiamenti strutturali a lungo termine, iniziati prima della pandemia e del conflitto russo-ucraino e che si sono rafforzati, che influenzeranno negli anni a venire il funzionamento dei mercati del lavoro ed il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie. La transizione verso un’economia a zero emissioni, l’automazione, la robotica e l’intelligenza artificiale generativa influenzeranno la domanda di lavoro e la sua composizione, con effetti potenzialmente significativi sulla disuguaglianza nella distribuzione del reddito. L’invecchiamento della popolazione eserciterà una pressione importante sulla partecipazione al mercato del lavoro in tutte le economie avanzate e porrà un onere sostanziale sulla sostenibilità delle finanze pubbliche a causa del minor numero di persone attive e dell’aumento delle spese legate all’invecchiamento della popolazione.

Anche la cornice globale sta mutando: l’ascesa di nuovi blocchi geopolitici concorrenti, con in testa i BRICS, può innescare un processo di de-globalizzazione. Nella stagione che stiamo vivendo caratterizzata da shock sia a breve che a lungo termine, va ricercato un bilanciamento tra il dinamismo economico e la necessità di fronteggiare le disuguaglianze. Proteggendo col welfare i lavoratori vulnerabili. Ma questo richiede un’analisi comparata delle Istituzioni del mercato del lavoro per comprendere come adattare gli strumenti di policy contenuti nella scatola degli attrezzi del policymaker. Recentemente è emerso di nuovo il ruolo cruciale, come negli anni 970, che la progettazione dei sistemi di negoziazione salariale gioca nel modellare le dinamiche salariali. Soprattutto nell’Eurozona molti aspetti dei sistemi di contrattazione salariale specifici dei Paesi che ne fanno parte, si pensi alla durata degli accordi salariali, comportano le rigidità salariali (nominali) con un adeguamento ritardato delle retribuzioni all’andamento del ciclo economico. Da tempo si discute se e come introdurre una maggiore flessibilità nella contrattazione salariale, ad esempio concedendo ad alcune imprese la possibilità di avere una contrattazione a due livelli: aziendale e nazionale. Ciò rafforzerebbe la resilienza delle imprese agli shock, evidenziando l’importanza di proteggere il benessere dei lavoratori. Le Istituzioni svolgono anche un ruolo cruciale nel modellare la redistribuzione ai lavoratori delle rendite economiche che maturano le imprese come risultato del loro potere monopsonistico nel mercato del lavoro. Stando così le cose le politiche del salario minimo possono contribuire a riequilibrare la quota delle rendite economiche a favore dei lavoratori e possono innescare un processo di riallocazione favorevole, penalizzando le imprese che operano con inefficienze monopsonistiche.

Le politiche che incoraggiano le imprese a offrire contratti a tempo indeterminato e a tempo pieno possono altresì fungere da salvaguardia per proteggere i lavoratori. D’altro canto, sebbene l’effetto sull’occupazione aggregata sia indeterminato ex-ante, queste misure potrebbero portare a una diminuzione dei livelli occupazionali all’interno di alcune imprese. È necessario progettare pertanto meticolosamente politiche adatte ai singoli contesti economici. Ancora una volta, ciò significa che c’è una grande necessità di ulteriori analisi da parte degli economisti del lavoro per informare i policymaker su questo argomento. I programmi di welfare sono fondamentali per proteggere i lavoratori e le famiglie dagli effetti negativi sia degli shock temporanei che delle transizioni strutturali da uno stato stazionario verso un altro. Gli interventi governativi hanno svolto un ruolo cruciale nella tutela delle famiglie e dei lavoratori sulla scia della pandemia da Covid-19 e durante le recenti pressioni inflazionistiche che hanno colpito più duramente le famiglie a basso reddito. Tuttavia, la progettazione di programmi strutturati non è un’impresa di poco conto, in un mondo che è notevolmente diverso da quello del ‘trentennio glorioso’, quando furono gettate le basi dei moderni sistemi di Welfare state. Tuttavia trovare il giusto equilibrio tra incentivare la partecipazione al lavoro delle persone attive, fornire una rete di sicurezza contro gli shock avversi che saranno negli anni a venire più frequenti, mantenendo in equilibrio le finanze pubbliche richiede schemi di modellazione approfonditi e realistici da parte della ricerca economica. Ma su questo ci torneremo prossimamente.

Marco Boleo




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