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05/08/2023
Paolo VI, 'la vocazione universale alla santità'
Nella preghiera pensava alle vedove, alla gioventù orfana, all’infanzia senza casa, senza famiglia, senza assistenza, ai feriti, ai mutilati, ai profughi, ai poveri.

Correva l’anno 1973 e si era appena appreso durante la notte, l’annuncio ufficiale dato contemporaneamente dal Presidente degli Stati Uniti, dal Governo di Hanoi e da quello di Saigon - della conclusione dell’accordo per la pace nel Vietnam. S. Paolo VI dichiarava solennemente di essere con tutti coloro che esultavano per questa meravigliosa notizia, esprimendo per l’occasione l’invio delle personali felicitazioni e di quelli di tutta la Chiesa a voti di pace, di libertà, di concordia e di prosperità, tanto alle popolazioni del Sud Vietnam, che a quelle del Nord Vietnam. Sua Santità esprimeva pure la compiacenza a quanti hanno avuto il merito di voler mettere fine all’interminabile e micidiale conflitto, ripetendo le parole evangeliche: beati gli operatori di pace, perché meriteranno di essere chiamati figli di Dio! Si avvertiva specialmente vicino a tutti coloro che a causa della guerra hanno - e quanto! - sofferto. “ Dove sono, cari Vietnamiti, i vostri morti? E quanti sono? “ si chiedeva commosso affermando che il Dio dei viventi e Padre di tutti non li dimenticherà e con tutta la Chiesa lo preghiamo che li accolga nel suo seno per la vita eterna. Nella preghiera pensava alle vedove, alla gioventù orfana, all’infanzia senza casa, senza famiglia, senza assistenza, ai feriti, ai mutilati, ai profughi, ai poveri; e invocava per questa gente nell’afflizione e nel bisogno il soccorso delle persone buone e delle istituzioni benefiche: sollecitando tutti più che mai aiutare il Vietnam! Se la guerra è stata tanto lunga, breve deve essere il periodo della sua ripresa, pronto ed efficace il soccorso. Si tratta non solo di confortare quel popolo e di riparare quelle rovine, ma di restaurare in tutto il mondo civile il sentimento del bene, della solidarietà umana, della libertà, dell’ordine e della speranza.

Riso, medicine, vestiti, abitazioni, scuole, strade, lavoro, chiese e quanto richiede una società ordinata non deve mancare a quella terra tormentata; anzi il suo genio tradizionale di tranquilla convivenza e di artistica espressione deve fiorire. Noi lo auguriamo e continueremo a fare tutto quanto è possibile affinché questo rinnovamento si compia, dall’armistizio alla pace. La pace vera si fonda sui cuori; non sulla vittoria delle armi, non sulla prepotenza politica, non sull’orgoglio etnico, e nemmeno sull’equilibrio delle forze e degli interessi; si fonda sull’amore, si fonda sul fatto che siamo fratelli. Il grande sforzo, perciò, ora da fare è quello di riaccendere l’amore, la fiducia, la simpatia, la pazienza negli animi esacerbati. E’ quello che vorremmo fosse detto oggi, con la guerra in atto in terra di Ucraina, dove auspichiamo ogni momento impegno di tutti a ricreare la pace in se stesso per poterla ristabilire con gli altri. Ecco una verità paradossale: non la vendetta, ma il perdono reciproco. È Gesù, il Cristo, che ce l’ha insegnata, e noi siamo sempre pronti e attenti a raggiungere questo avvenimento. Proprio lui che ha sempre sostenuto una “teologia della bellezza” negli anni del suo pontificato. Grazie ai saggi scientifici raccolti i veri cristiani possono sempre ripercorrere la parabola di un momento significativo della sua biografia, sempre capace di coinvolgere l’arte “sacra” e l’arte “liturgica”, che si tratta di una compiuta e significativa disamina – debitrice del pensiero filosofico, nello specifico “estetico”, in particolare della teorizzazione di Jacques Maritain.

Come abbiamo già più volte entrare nella logica dell’incoraggiare tutti all’impegno responsabile, di porre la altamente qualificata competenza al servizio dei Paesi della terra, in uno spirito di mutua comprensione e collaborazione, per armonizzare sempre più gli interessi nazionali con l'interesse generale alla chiusura definitiva di ogni iniziativa bellica. Tale presupposto consentirà a tutti, come alle vostre mogli e ai vostri figli, di beneficiare dell'arricchimento che tale notizia può apportare alla cultura storico-artistica, nonché alla stessa fede. E proprio qui, dal cuore della Chiesa cattolica, deve partire la riscoperta di quell'universalità di cui ogni domenica si sente risuonare l’Angelus, in particolare l’invito a tutti i popoli, il chiamo a sviluppare il loro genio particolare, ad entrare tra loro in un dialogo costruttivo, per camminare verso la pace e la felicità, sapendo che solo Dio può esaudire le misteriose aspirazioni del cuore umano. Questo Dio non è mai lontano da ciascuno di noi, come dice san Paolo (cfr At 17,27). Possa assistere e guidare nei nuovi cammini che percorreremo, imploriamo la luce e la forza della sua Benedizione. Infine, ricordiamo quell’Angelus “ è presente un gruppo di Lavoratori cristiani, fedeli ai loro principii morali e sociali, e fiduciosi di portare nella propria vita e nel mondo del lavoro moderno una testimonianza di fede, di solidarietà, di rivendicazioni sociali, di elevazione morale e civile. Cristiani siamo e dobbiamo essere per rispondere quindi col cuore e col cammino all’invito di Cristo: «venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed Io vi consolerò» (Matteo. 11, 28).

Gilberto Minghetti




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