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31/07/2023
Dopo la Spagna la prospettiva del voto europeo
Sembra giunto il tempo di una rifondazione dell’Europa che ne ricostruisca ruolo internazionale, democraticità e partecipazione.

L’Europa vive il suo più difficile momento dalla fine della seconda guerra mondiale. La guerra russo ucraina, oltre a rendere evidente il minaccioso disegno geopolitico della Russia, mostra l’accresciuta difficoltà dell’Europa ad essere protagonista del suo limes, in quanto anche il tentativo diplomatico di evitare il conflitto, compiuto a suo tempo, con gli accordi di Minsk, da Angela Merkel sembra ormai appartenere ad un’altra epoca, ormai scomparsa. Da allora ogni iniziativa di esponenti europei in tale senso non ha avuto la forza di impedire che la situazione in Ucraina degenerasse, continuando ad aggravarsi. I coraggiosi interventi diplomatici del Vaticano evidenziano ancor più il vuoto europeo. Le conseguenze dirette e indirette di questa condizione stanno producendo i loro effetti sul piano economico, dove la sostanziale recessione della Germania, cioè della Nazione che veniva definita la “locomotiva d’Europa”, appare il segnale più significativo del ridotto peso internazionale dell’economia europea, a fronte degli Stati Uniti che, anche per il privilegio del dollaro, mantengono la loro forza produttiva, così come la Cina che si appresterebbe, oltretutto, a guidare il fronte dei Brics, cioè dei Paesi in cerca di un nuovo sistema monetario internazionale. Di conseguenza, si prospetta un periodo di difficoltà politiche e sociali, del resto già in essere. La bassa crescita deve essere considerata con più attenzione dalle decisioni della Banca Centrale Europea. In non pochi paesi l’indebolimento del disegno europeo e gli effetti sociali della crisi economica hanno contribuito ad una divaricazione politica, con l’emergere di partiti collocatisi su posizioni estreme , a cui, a volte, arride un successo elettorale e la salita a responsabilità di governo. Spesso tali casi vengono valutati per quanto riguarda gli effetti e non si analizzano le cause del consenso di elettori verso la destra. Il quadro politico delle istituzioni europee appare in una prospettiva di mutamento. La maggioranza che presiede alle scelte della Commissione e del Parlamento europei, da qualche tempo, appare percorsa da fermenti e divaricazioni su temi decisivi, come si è evidenziato nel caso dell’approvazione della Legge pro Natura, rispetto alla quale alcuni emendamenti per avvicinare le parti, non sono riusciti ad impedire che si arrivasse ad una spaccatura e ad una conta che ha inciso anche sulla compattezza di alcuni gruppi politici che costituiscono la cosiddetta maggioranza Ursula.

La formula politica con la quale si era aperta l’attuale legislatura europea, in sostanza, è ormai a pezzi. Ed a questo proposito è da tempo emerso con chiarezza che l’estremizzarsi delle posizioni della sinistra socialista e dei verdi europei ha aperto la vera questione politica sulla quale saranno chiamati a decidere gli elettori europei nel 2024 e cioè la crescente differenziazione programmatica e quindi la spaccatura tra socialisti e popolari, con la possibile nascita di una nuova maggioranza che vedrebbe insieme, Popolari, Conservatori e Liberali. Questa ipotesi è stata messa in campo dal responsabile del gruppo del Ppe del Parlamento europeo Manfred Weber. E’ rispetto a tale questione che sono state commentate le elezioni spagnole del 23 luglio. La netta vittoria dei Popolari di Feijóo che hanno raggiunto e distanziato il Partito socialista di Sanchez, costituisce, più complessivamente, il segnale politico di una tendenza di ripresa del ruolo di guida del PPE in ambito europeo. L’ipotizzata alleanza con i conservatori di Vox non ha raggiunto i numeri necessari per formare il governo, tuttavia resta inequivocabile il fatto che il Partido Popular ha ottenuto il buon risultato elettorale per aver assunto una linea nettamente alternativa alla piattaforma della sinistra. Questa, a sua volta, ha visto una tenuta anche per l’affermazione del partito di Yolanda Diaz, però, alla sinistra del Psoe. In sostanza, ciò che è emerso dalle elezioni spagnole è un diffuso clima da bipolarismo politico, anche se in presenza di un sistema elettorale proporzionale. Peraltro, la ipotizzata coalizione di Popolari e Conservatori non ha avuto successo per le regole del sistema elettorale proporzionale che in Spagna non consente premi di maggioranza. Qualora infatti si fosse votato con le regole o correzioni maggioritarie, i Popolari spagnoli avrebbero potuto governare da soli o in alleanza con Vox il cui peso ridotto avrebbe comunque consentito la prevalenza della politica centrista. La condizione che emerge in Spagna sul piano della governabilità è di conseguenza assai complessa. Si prospetta una improbabile “grande coalizione” tra Popolari e Socialisti, con la difficoltà di costruire un incisivo programma di governo, o il rischioso inserimento in maggioranza delle forze separatiste o la ripetizione delle stesse elezioni.

Ed emerge da ciò una sostanziale verità e cioè che il sistema elettorale proporzionale, come riproduzione parlamentare del voto degli elettori, appare corretto e può tendere a favorire, in parte ma non sempre, le posizioni centrali; purtuttavia, a volte, può condurre ad uno stallo politico istituzionale; mentre il sistema maggioritario può rendere determinanti le posizioni più marcate, ma favorisce la costituzioni di maggioranze che, poste di fronte al governo, debbono superare le differenti visioni, pena la riproduzione dell’instabilità. Di fronte agli avvenimenti elettorali spagnoli, in molti media e commentatori politici, si è affermato che l’attuale formula politica che governa gli organismi europei sia uscita rafforzata. Da parte di alcuni settori di centro e di sinistra si è, addirittura, avanzata l’ipotesi di indicare, sin da adesso, l’attuale presidente della Commissione Ursula von der Leyen come candidato alla guida della prossima Commissione. E’ evidente la strumentale parzialità di tali analisi e proposte. Si ha netta l’impressione che, pur di fronte ad una difficile condizione dell’Europa e ad un futuro assai incerto, prevalgano i giochi politici e di potere. La crisi dell’Europa richiede ben altro: nelle sue istituzioni si ampliano le sfere di opacità, come in parte avvenuto ai tempi del Covid, mentre la rappresentanza tende verso una china autoreferenziale e tecnocratica. Gli scandali che hanno scoperchiato la presenza di lobby affaristiche a Bruxelles e che hanno pesantemente colpito soprattutto i socialisti, mostrano la necessità di riaffermare, per le istituzioni europee, un ruolo politico forte, chiaramente autonomo, più attento al sociale rispetto agli interessi, che presti maggiore attenzione alle conseguenze economiche e sociali di innovazioni che richiedono gradualità e verifiche. Sembra giunto il tempo di una rifondazione dell’Europa che ne ricostruisca ruolo internazionale, democraticità e partecipazione. Un progetto che già ebbe quel motore del popolarismo politico che nel prossimo anno sarà chiamato ad una nuova responsabilità.

Pietro Giubilo




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