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25/07/2023
Il ritorno alla normalità della politica fiscale nell’Eurozona
Il mercato del lavoro continua la sua performance eccezionalmente forte, con tassi di disoccupazione ai minimi storici e tassi elevati di posti vacanti.

Una politica monetaria restrittiva in presenza di una fiscale espansiva per avere effetto ha bisogno di un rialzo dei tassi d’interesse maggiore per domare l’inflazione.  Il contrasto della pandemia da Covid-19 ed il conflitto russo-ucraino hanno provocato un deterioramento molto significativo delle finanze pubbliche nei Paesi dell’Eurozona che sono legati da un Patto di Stabilita e Crescita e negli altri del resto del mondo. Ma mentre le condizioni macroeconomiche (con la ripresa) e la politica monetaria (col rialzo dei tassi) si stanno rapidamente normalizzando, la politica fiscale è in netto ritardo e questo condiziona non poco l’operato della Banca Centrale Europea (BCE) e delle altre Banche Centrali (BC). Rimanendo all’Eurozona. Molti Governi dei Paesi dell’Eurozona hanno approfittato dell’interpretazione tollerante della clausola di ‘grave recessione economica’ contenuta nel ‘Patto di stabilità e crescita (PSC)’ per mantenere uno stimolo fiscale che ora appare ingiustificato. Considerato che i rischi per le prospettive macroeconomiche future rimangono elevati, è fondamentale ricostituire ‘avanzi di bilancio primario’ (al netto della spesa per gli interessi per il servizio del debito pubblico) quando le condizioni lo consentono. Insomma la normalizzazione della politica fiscale dovrebbe procedere più rapidamente rispetto a quanto sta avvenendo per favorire anche la normalizzazione di quella monetaria. Questa è la raccomandazione contenuta in un recente rapporto della Commissione (Niels) Thygesen incaricata di suggerire raccomandazioni per ritornare ad una normalità fiscale nell’Eurozona.  Per molti versi, è probabile che il prossimo anno ci sarà il ritorno alla normalità nel modo in cui vengono applicate le regole fiscali da parte di Bruxelles. La clausola di ‘grave recessione economica’ del Patto di Stabilità e Crescita (nota come "clausola di salvaguardia generale") è stata applicata per tre anni consecutivi: ben oltre i criteri di ritorno all'attività economica precedente la pandemia, proposti dalla Commissione Europea (CE) nel 2020, ma la clausola non si applicherà più a partire dal 2024. Pertanto, il 24 maggio 2023, la CE ha fornito ai Governi orientamenti fiscali quantitativi specifici per i loro piani fiscali nazionali per il 2024 e ha segnalato la sua disponibilità ad aprire procedure per i disavanzi eccessivi (PDE) nel 2024 sulla base dei dati consuntivi dell'anno precedente. Il ritorno a orientamenti quantitativi specifici per Paesi dovrebbe essere accolto con favore: per accompagnare la tanto necessaria normalizzazione fiscale. Tuttavia, la virtuale assenza di ‘regole fiscali’ nei tre anni precedenti ha creato alcune contraddizioni e difficili eredità da raccogliere per gli anni a venire.

La CE, non contestata dal Consiglio Europeo, ha utilizzato la clausola di grave recessione economica per sospendere di fatto le regole fiscali dell'Unione Europea (UE), nonostante abbia affermato ripetutamente e giustamente che non era così. In effetti, la clausola consente deviazioni temporanee dal percorso di aggiustamento richiesto, a condizione che la sostenibilità del bilancio pubblico non sia compromessa nel medio termine. Naturalmente, consentire ai Governi europei di effettuare manovre di politica economica senza vincoli fiscali per contenere l'impatto economico negativo dello shock pandemico da Covid-19 prima e gli effetti del conflitto russo-ucraino poi, è stato un provvedimento appropriato e si è rivelato efficace. La CE ha scelto di non consigliare orientamenti fiscali restrittivi e di non aprire procedure d’infrazione anche se avrebbe potuto farlo. Allo scopo di aprire la strada ad una graduale normalizzazione senza richiedere un consolidamento immediato e dirompente delle finanze pubbliche dei Paesi dell’Eurozona. Ma l’assenza di orientamenti quantitativi ha complicato la traduzione delle raccomandazioni di bilancio, in particolare nell’anno in corso. Detto in altro modo. Mentre la Commissione ha scoraggiato i Paesi membri dal perseguire un'ampia espansione fiscale esortando i rispettivi Governi a concentrarsi su misure di sostegno energetico mirate, non ha fornito un chiaro indicatore numerico complessivo di bilancio di riferimento. Come conseguenza delle due crisi (quella della pandemia e del conflitto russo-ucraino) e della politica fiscale essenzialmente non vincolata, i rapporti debito/Pil sono aumentati (soprattutto quelli dei Paesi con rapporti debito/Pil già elevati). La crescita economica nominale sostenuta ha per il momento allentato le pressioni sui rapporti debito/Pil. Ma sono in aumento i costi del servizio del nuovo debito pubblico: il cui effetto si farà sentire solo con un certo ritardo. Dopo una crescita economica relativamente contenuta ma superiore alle attese nell'anno in corso, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e l’OCSE si aspettano una solida crescita economica nel 2024: con i sistemi economici vicini alla loro crescita del Pil potenziale.

Il mercato del lavoro continua la sua performance eccezionalmente forte, con tassi di disoccupazione ai minimi storici e tassi elevati di posti vacanti. Nel contempo, a causa della clausola di grave recessione economica discussa sopra, il disavanzo primario strutturale nel 2023 dovrebbe rimanere vicino all'1,5% del Pil. Ma addizionando la spesa per interessi, il disavanzo è ancora al di sopra del 3% del Pil. Naturalmente stando così le cose sarebbe giustificato ritirare il sostegno fiscale discrezionale nell'Eurozona. E in effetti, le previsioni della primavera scorsa della CE prevedono un impulso fiscale restrittivo dello 0,8% del Pil nel 2024, che dimezzerebbe all'incirca il disavanzo primario strutturale. Questo esercizio previsivo si basa sull'ipotesi di "nessuna modifica delle politiche" ed è guidato dall'aspettativa di un ritiro quasi completo delle misure di sostegno energetico adottate nel 2022 e nel 2023 dopo il rincaro dei prezzi dei combustibili fossili dovuto al conflitto russo-ucraino. Le raccomandazioni specifiche per paese della Commissione della primavera 2023 richiedono ai Paesi membri un adeguamento strutturale compreso tra lo 0,3% e lo 0,7% del Pil, a seconda dei rischi valutati per la sostenibilità del debito, a meno che il Paese membro non abbia raggiunto o preveda di raggiungere il suo obiettivo a medio termine. Questo orientamento di bilancio implica un aggiustamento strutturale richiesto dello 0,5% del Pil per l'intera Eurozona, senza considerare la graduale eliminazione raccomandata delle misure di sostegno all'energia (che sono stimate in circa l'1 ¼% del Pil). La prevista riduzione del disavanzo pari allo 0,8% del Pil in termini strutturali è inferiore alla consigliata riduzione delle misure energetiche. Ma nel complesso, la politica fiscale dell'Eurozona si sta muovendo nella giusta direzione visto che i disavanzi strutturali stanno gradualmente diminuendo. Dati i rischi individuati per la sostenibilità delle finanze pubbliche in diversi Paesi con un debito molto elevato e il persistere di un'elevata incertezza su molti fronti, sarebbe giustificato ritirare rapidamente il sostegno fiscale, ed in particolare le misure che avrebbero dovuto essere temporanee, e utilizzare i tempi economici favorevoli per generare avanzi di bilancio. Ciò aiuterebbe anche la BCE a riportare più rapidamente l'inflazione al suo obiettivo, mettendo i Paesi membri nella condizione fiscale di far fronte ai crescenti costi dell'invecchiamento della popolazione (aumento delle spese per il Welfare) e del cambiamento climatico, nonché alle nuove sfide, come l'aumento del servizio del debito pubblico (spesa per interessi) e dei costi della difesa militare. 

 Marco Boleo

 




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