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07/07/2023
Le relazioni tra macroeconomia e crisi finanziarie
Le economie moderne attraversano crolli macrofinanziari che derivano dal settore finanziario e si diffondono all'economia nel complesso.

Non ci sono interruzioni più estese nel funzionamento delle economie di quelle provocate dalle crisi finanziarie. Tuttavia, prima del crollo del 2007-2008, la macroeconomia considerava le crisi finanziarie semplicemente come shock inopportuni, come i terremoti: non considerandole come un fenomeno intrinseco dell'evoluzione delle variabili macroeconomiche, come il credito, gli investimenti e la produttività. I sistemi economici insomma a volte attraversano crisi macrofinanziarie. Non si tratta né solo di crisi dei mercati finanziari, con ampie fluttuazioni dei prezzi delle attività quotate nei listini e dei volumi scambiati ma con un impatto limitato sulla macroeconomia (Pil, occupazione, inflazione …), né di macrocrisi convenzionali per le quali il settore finanziario ha un ruolo secondario nel trasmettere shock alle fluttuazioni della produzione e dell'occupazione. Piuttosto, le crisi macrofinanziarie: i) hanno la loro fonte o la loro maggiore amplificazione nel mercato finanziario; ii) hanno grandi effetti macroeconomici; e iii) l'interazione tra le politiche macroeconomiche (monetaria e fiscale) e le Istituzioni finanziarie avviene attraverso molteplici canali di rinforzo. Un libro recente (Brunnermeier M. K., R. Reis, ‘A Crash Course on Crises. Macroeconomic Concepts for Run-Ups, Collapses, and Recoveries’, Princeton University Press, 2023) introduce i lettori a dieci concetti di macrofinanza che sono centrali in una crisi economico-finanziaria. Nel periodo che precede la crisi, le bolle finanziarie sorgono e persistono mentre ogni investitore cerca di anticipare ciò che faranno gli altri. I grandi afflussi di capitali che derivano dall'inseguimento di bolle, dalla liberalizzazione finanziaria o dall'ottimismo, si accompagnano ad una errata allocazione reale tra e all'interno dei settori dell’economia.

Le banche che intermediano questi fondi vedono cambiare il proprio bilancio man mano che la leva finanziaria aumenta e il finanziamento viene garantito da titoli ‘mark-to-market’. Una espressione inglese (lett. «marcare il mercato») utilizzata per indicare il principio contabile secondo il quale il valore delle attività e delle passività finanziarie iscritte nel bilancio di aziende e banche viene determinato in base ai prezzi correnti che si formano sul mercato. Pertanto il ‘mark to market’ non esprime il valore attuale, effettivo, dello strumento finanziario, ma il valore che esso assumerebbe nel caso di risoluzione anticipata del contratto in base alle condizioni prevalenti sul mercato. Dopo uno shock iniziale, spirali di liquidità e svendite di attività finanziarie generano complementarietà strategiche che amplificano lo shock o creano ‘equilibri multipli’ che portano al fallimento sistemico del mercato finanziario, propagandosi all'attività reale. Nel cuore della crisi, il precedente utilizzo del debito rende difficile distinguere tra solvibilità e liquidità, il che produce ampie fluttuazioni sui tassi di interesse pagati. In questo momento, la detenzione di titoli di stato da parte delle banche collega il settore finanziario alla politica fiscale del Governo in un modo che li spinge entrambi in una spirale al ribasso. Mentre gli investitori fuggono in cerca di sicurezza, gli squilibri settoriali nell'offerta di asset sicuri possono produrre flussi di capitale costosi. Durante la ripresa economica, gli investimenti rimangono depressi e un deprezzamento del tasso di cambio danneggia i debitori, zavorrando l'economia.

Le Banche Centrali possono fornire liquidità alle banche e aiutare i mercati a distinguere tra crisi di solvibilità e crisi di liquidità, ma per combattere la recessione devono anche ricorrere a politiche monetarie non convenzionali, sotto forma di esaurimento della riserva obbligatoria (le banche in questo modo possono soddisfare le loro esigenze di liquidità di breve termine senza ricorrere al mercato interbancario), ‘forward guidance’ e ‘quantitative easing’ (allentamento quantitativo) che hanno un effetto sui diversi tassi di interesse modificando la composizione del bilancio della Banca Centrale. La politica fiscale deve domare la domanda di sicurezza aumentando il risparmio negativo del settore pubblico o fornendo stabilizzatori automatici, prestando attenzione alla composizione della spesa pubblica e ai relativi moltiplicatori. Insieme, e correlati tra loro, questi dieci concetti forniscono strumenti per comprendere come le crisi macrofinanziarie emergono, crescono e possono essere attenuate. Insomma con allarmante frequenza, le economie moderne attraversano crolli macrofinanziari che derivano dal settore finanziario e si diffondono all'economia nel complesso, infliggendo recessioni profonde e prolungate. Brunnermeier e Reis riuniscono nel loro libro le ultime ricerche economiche sulla frontiera per identificare i semi di questi crolli, rivelarne i fattori scatenanti e le conseguenze e spiegare cosa possono fare i policymaker al riguardo. Con casi studio che vanno dal Cile negli anni '70 alla pandemia da Covid-19, ‘A Crash Course on Crises’ sintetizza una vasta letteratura in dieci idee semplici e accessibili che abbiamo tratteggiato e illumina questi concetti utilizzando nuovi diagrammi e un chiaro quadro analitico. Mostrare come una crisi finanziaria sia un evento informativo innescato dalla dinamica delle variabili macroeconomiche, offre nuove prospettive sulle intricate relazioni tra macroeconomia e crisi finanziarie. La ricerca è in corso.

Marco Boleo




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