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22/06/2023
L'eredità di Paolo VI
La Chiesa cattolica richiama al dovere di celebrare la 'Giornata della Pace' e la necessità di difenderla nei confronti dei pericoli, che sempre la minacciano.

Paolo VI veniva eletto nuovo Pontefice nel Conclave convocato all’indomani della morte di papa Giovanni XXIII il 21 giugno 1963. Ma quel ricordo lo voglio evocare oggi, dopo sessanta anni di quello storico passaggio, con l’ultimo annuncio della Giornata mondiale della Pace, (1978). Paolo VI era per "lanciare l'idea", nella speranza ch'essa raccogliesse non solo il più largo consenso del mondo civile, ma che tale idea trovasse dappertutto promotori validi a proclamare quel forte carattere d'umanità cosciente e responsabile nel dare alla storia del mondo un più felice svolgimento ordinato e civile. La Chiesa cattolica richiama i suoi figli al dovere di celebrare la "Giornata della Pace" con le espressioni religiose e morali della fede cristiana; ma ricordava a tutti alcuni punti che la devono caratterizzare; e primo fra essi: la necessità di difendere la pace nei confronti dei pericoli, che sempre la minacciano: - il pericolo della sopravvivenza degli egoismi nei rapporti tra le nazioni; - il pericolo delle violenze, a cui alcune popolazioni possono lasciarsi trascinare per la disperazione nel non vedere riconosciuto e rispettato il loro diritto alla vita e alla dignità umana; - il pericolo, oggi tremendamente cresciuto, del ricorso ai terribili armamenti sterminatori, di cui alcune Potenze dispongono, impiegandovi enormi mezzi finanziari, il cui dispendio è motivo di penosa riflessione, di fronte alle gravi necessità che angustiano lo sviluppo di tanti altri popoli; - il pericolo di credere che le controversie internazionali non siano risolvibili per le vie della ragione, cioè delle trattative fondate sul diritto, la giustizia, l'equità, ma solo per quelle delle forze deterrenti e micidiali.

La pace si fonda soggettivamente sopra un nuovo spirito, che deve animare la convivenza dei Popoli, una nuova mentalità circa l'uomo ed i suoi doveri ed i suoi destini: questa era la voce di Paolo VI, unito al rispetto di sincerità, cioè, la giustizia e l'amore nei rapporti fra gli Stati e, nell'ambito di ciascuna Nazione, fra i cittadini tra di loro e con i loro governanti; la libertà, degli individui e dei popoli, in tutte le sue espressioni, civiche, culturali, morali, religiose. In assenza di tutto questo, non la pace si avrà, ma il germinare continuo di rivolte e di guerre. Lo ricordiamo oggi, auspicando che la esaltazione dell'ideale della pace non debba favorire l'ignavia di coloro che temono di dover dare la vita al servizio del proprio Paese e dei propri fratelli quando questi sono impegnati nella difesa della giustizia e della libertà, ma cercano solamente la fuga della responsabilità, dei rischi necessari per il compimento di grandi doveri e di imprese generose. La definizione poi che la pace non è pacifismo, non nasconde una concezione pigra della vita, ma proclama i più alti ed universali valori della vita; la verità, la giustizia, la libertà, l'amore. Penso sia importante per il nostro MCL - che ha recentemente celebrato il suo 50° - la tutela di questi valori che fin dalle origini, poniamo sotto il vessillo della pace, e che invitiamo uomini e Nazioni, e innalzare, all'alba di ogni anno nuovo, questo vessillo, che deve guidare la nave della civiltà, attraverso le inevitabili tempeste della storia. Pertanto, è più che mai doveroso personalizzare i contenuti con i significativi perché lo facciamo. Lo facciamo perché pensiamo essere in comunione con tutti i Pastori della Chiesa e perché vediamo minacciata la pace in misura grave e con previsioni di avvenimenti terribili, che possono essere catastrofici per nazioni intere e 'anche per gran parte dell'umanità.

Negli ultimi anni della storia del nostro secolo è emerso chiarissimo la pace essere l'unica e vera linea dell'umano progresso (non le tensioni di ambiziosi nazionalismi, non le conquiste violente, non le repressioni apportatrici di falso ordine civile), ma soprattutto perché la pace è nel genio della religione cristiana, poiché per il cristiano proclamare la Pace è annunciare Gesù Cristo, "Egli è la nostra pace" (Efesini, 2, 14). Da seguaci, siamo chiamati ad essere «operatori della pace» (Matteo 5, 9); e solo dal Vangelo può effettivamente scaturire la pace, non per rendere fiacchi e molli gli uomini, ma per sostituire nei loro animi agli impulsi della violenza e delle sopraffazioni le virili virtù della ragione e del cuore d'un vero umanesimo. A questa importante ricorrenza ci impegneremo per educare il mondo ad amare la pace, a costruirla, a difenderla; e contro la guerra (emulazioni nazionalistiche, armamenti, provocazioni rivoluzionarie, odio di razze, spirito di vendetta, ecc.) e contro le insidie di un pacifismo tattico, che narcotizza l'avversario da abbattere, o disarma negli spiriti il senso della giustizia, del dovere e del sacrificio, occorre suscitare negli uomini del nostro tempo e delle generazioni venture il senso e l'amore della pace fondata sulla verità, sulla giustizia, sulla libertà, sull'amore (cf. Giovanni XXIII, "Pacem in terris"). Ne siamo profondamente grati per il dono dello Spirito Santo alla sua Chiesa.

Gilberto Minghetti




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