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12/06/2023
Inflazione, come si muoveranno Fed e Bce?
Le turbolenze bancarie hanno finora aggravato l’impatto degli aumenti dei tassi e questa parrebbe essere una chiara motivazione per rallentare il ritmo e l’entità degli aumenti.

I mercati sono in una fase di attesa per capire che cosa faranno le banche centrali nei prossimi incontri fissati sia per la FED (dove verranno fornite anche per proiezioni economiche) e anche per la BCE. Cosa potrebbe accadere? La FED, dopo gli aumenti dei tassi di interesse, segnala che la politica monetaria sia restrittiva e che potrebbero non essere necessari ulteriori aumenti dei tassi. Poiché la politica monetaria funziona in ritardo, l’economia USA comincia ora a sentire l’impatto degli aumenti dei tassi e quindi l’effetto completo non sarà molto chiaro prima della fine dell’anno. Sarebbe piuttosto ragionevole fermarsi e valutare fino a che punto una politica più restrittiva potrebbe frenare la crescita economica, soprattutto alla luce delle prove crescenti già messe in atto. I prezzi delle case sono diminuiti nell’ultimo anno poiché i tassi dei mutui sono aumentati. L’inflazione sembra aver orami raggiunto il picco ed è pronta a raffreddarsi. Anche la domanda di lavoro sta iniziando a calare, con modalità di assunzione e opportunità di lavoro in fase di rallentamento. L’ inasprimento delle condizioni del credito già sperimentato ultimamente è stato solo intensificato dai recenti fallimenti bancari, con la conseguenza che l’economia stia affrontando un mix di costi di indebitamento più elevati e minore disponibilità di credito in un clima di fiducia incerto sia delle imprese e dei consumatori. Il mercato del lavoro sta reggendo bene, nonostante la crescita della disoccupazione registrata in maggio: questo è l’indicatore di ciclo economico più in ritardo ed è quindi probabile che nei prossimi due trimestri peggiori ulteriormente. L’inflazione è ancora ben al di sopra dell’obiettivo e la FED continua a segnalare che i tagli dei tassi sono improbabili prima del 2024. Tuttavia, se l’economia dovesse entrare in recessione, sarebbe probabile che l’inflazione diminuisca più rapidamente di quanto atteso, aprendo così la porta a tagli dei tassi già a partire da quest’anno. Proseguendo con la BCE, sarà possibile una fase di rallentamento, ma non fermarsi.

Questo almeno è il messaggio lanciato dopo la sua ultima riunione. Le turbolenze bancarie hanno finora aggravato l’impatto degli aumenti dei tassi e questa parrebbe essere una chiara motivazione per rallentare il ritmo e l’entità degli aumenti. Tuttavia, per il momento, il fatto che non vi siano ancora segnali significativi sulla disinflazione, scontando i prezzi dell’energia e delle materie prime, nonché il fatto che l’inflazione è sempre più sostenuta dalla domanda, è opportuno che la BCE rimanesse in modalità restrittiva. Ma fino a quando? Potrebbe fermarsi ed aspettare che i rialzi dei tassi fatti fino a questo momento facciano il loro lavoro. Continuare con gli aumenti dei tassi fino a quando l’inflazione effettiva non sarà tornata al 2%, non sembra certo una strada percorribile. Tuttavia, poiché la BCE sembra aver perso la piena fiducia nelle proprie previsioni macroeconomiche, gli sviluppi effettivi dell’inflazione stanno giocando un ruolo più importante rispetto al passato. È una situazione sicuramente non semplice poiché il rischio che qualcosa nell’economia si rompa aumenta ogni volta la possibilità che i tassi salgano. E’ probabile quindi che la si arrivi a una strategia per tenere sotto controllo gli sviluppi dell’inflazione a lungo termine, in attesa che soprattutto quella core scenda in modo strutturale. Per raggiungere questo obiettivo, è probabile che la BCE aumenti i tassi di interesse almeno ancora una volta, chiaramente questo in assenza di perturbazioni esterne che possano mettere a rischio la stabilità finanziaria dell’intera Unione Europea. Durante tutto questo ciclo, l’inflazione Europea ha seguito l’andamento di quella statunitense, ma con ritardo (3/6 mesi). Il quadro generale è quindi che le decisioni delle due principali banche centrali indichino una divergenza a breve termine: la FED è in attesa e la BCE sta ancora alzando i tassi.

Nel breve periodo questo potrebbe generare occasioni di investimento interessanti, ma gli investitori non dovrebbero aspettarsi che questi percorsi restino diversi per molto tempo: entro la fine dell’estate entrambe le banche centrali saranno in attesa e l’attenzione si concentrerà probabilmente su quando inizieranno i tagli dei tassi. In conclusione, purtroppo, l’inflazione in casa nostra continua a ridurre il potere di acquisto delle famiglie italiane che reagiscono tagliando molti dei prodotti alimentari messi nel carrello della spesa. Spesa che però costa comunque il 7,7% in più a causa dei rincari determinati dalla crisi energetica. Sono i poco confortanti risultati dell’analisi condotta da Coldiretti sugli effetti dell’inflazione nel primo trimestre del 2023 sulla base dei dati Istat relativi al commercio al dettaglio, che mette in risalto anche un altro fenomeno da attenzionare: la difficoltà del momento si riflette non solo sulla composizione della borsa della spesa, ma anche sulla scelta del punto di vendita in cui effettuare gli acquisti che viene sempre più guidata dal fattore della convenienza, orientando le proprie spese su canali a basso prezzo oppure puntando su prodotti in offerta, cambiando negozio, supermercato o discount ma spesso alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti. Tutto sommato, nonostante l’incertezza delle politiche monetarie future, è chiaro che le decisioni della BCE dipendano sia dall’economia europea che da quella americana: vedremo.

Gilberto Minghetti




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