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12/06/2023
La logica della guerra e la speranza della pace
L’azione diplomatica del Cardinale Zuppi a Kiev ha coinciso con l’aggravarsi delle vicende belliche.

Per quello svolgersi delle vicende umane, a volte segnate dal misterioso agire provvidenziale, l’azione diplomatica del Cardinale Zuppi a Kiev ha coinciso con l’aggravarsi delle vicende belliche. Sostanzialmente nelle stesse ore nelle quali avveniva l’incontro con il premier Zelensky, l’esercito ucraino iniziava la tanto annunciata offensiva contro le posizioni russe a Donetsk e Zaporizhzhia, mentre cedeva, per una più che certa azione di sabotaggio, la diga di Kherson, provocando, con l’allagamento, ulteriori vittime e gravissimi danni ambientali. La disponibilità a confermare l’incontro e la sua stessa presenza, nonostante la concomitante convocazione di urgenza del comitato per la sicurezza, sono apparsi quali elementi positivi di disponibilità e di apprezzamento per l’iniziativa vaticana anche se lo stesso premier ha ribadito con fermezza la sua posizione: ”L’Ucraina accoglie con favore la disponibilità di altri Stati e partner a trovare vie per la pace, ma poiché la guerra è sul nostro territorio l’algoritmo per raggiungere la pace può essere solo ucraino”. A questa costante e ripetuta certezza da parte del premier ucraino, fa riscontro una complessità degli eventi bellici nei quali, spesso non è facile non solo leggere le responsabilità operative, ma la stessa evoluzione in un senso oppure nell’altro degli avvenimenti e delle prospettive di successo da parte dei contendenti. Francesco Palmas su “Avvenire” del 10 giugno ha fatto un lungo elenco di “azioni segrete”: dai sabotaggi del North Stream e del Ponte di Kerch, dall’esplosione della condotta dell’ammoniaca Togliatti-Odessa al disastro della diga di Nova Kakhovka ed altri, che portano ad una concezione di guerra totale che finora sembra arrestarsi davanti alla soglia dell’opzione nucleare, ma, in considerazione di possibili “incidenti”, non la esclude, come annunciato a più riprese dai comandi militari russi.

Peraltro lo stallo che sembra accompagnare l’iniziativa di primavera di Kiev che “per adesso non ha sfondato”, conduce alla constatazione, da parte di autorevoli politologi, come l’americano John Mearsheimer, come probabile scenario quello di una “guerra di logoramento” che non solo porta ad un allungamento del conflitto senza una fine prevedibile, ma che mantiene fuori dall’”agenda” la via diplomatica. Questa appare inibita, secondo il pensiero “realista” del professore dell’università di Chicago, riportato in un interessante articolo su “La Verità”, da quattro fattori: “il territorio che gli ucraini vogliono riconquistare integralmente e che i russi non sono intenzionati a restituire; la collocazione geopolitica futura di Kiev, che Mosca vorrebbe neutrale, mentre il governo ucraino reclama le garanzie di sicurezza che solo l’adesione alla NATO potrebbe offrire; l’ultranazionalismo dilagante, esasperato dallo scoppio del conflitto; la totale mancanza di fiducia, da parte di Putin, verso le cancellerie occidentali”. Insomma la logica della guerra non solo non consente di percorrere strade diverse rispetto a quelle segnate dai mezzi bellici, ma rischia anche una estensione del conflitto. L’ex Segretario della Nato Anders Rasmussen ha dichiarato, proprio in questi giorni, che “alcuni Paesi della Nato, a partire dalla Polonia, magari seguita dagli stati baltici, sono pronti ad inviare truppe sul terreno“ in Ucraina per combattere contro i russi nel caso che essa non abbia sufficienti garanzie di sicurezza nel vertice della Alleanza che si terrà a luglio a Vilnius . Mentre da lunedì 12 giugno è in svolgimento una maxi esercitazione della Alleanza Atlantica, l’Air Defender 23, che vede la partecipazione di 250 aerei militari provenienti da 25 paesi che si eserciteranno nel suolo tedesco.

A fronte di tutto ciò, si tenta, per le reali sofferenze che dilagano nel campo di battaglia e per le linee geopolitiche prevalenti, e non solo da parte ucraina, di relegare l’iniziativa del Papa, nell’ambito del solo aspetto umanitario. Tuttavia le piaghe dell’Ucraina originano da politiche di potenza e dalla guerra e fermare le sofferenze si ottiene solo riannodando i fili della pace e fermando la guerra. L’autorevole Andrea Tornielli, già nel settembre scorso, sottolineava proprio la necessità di tentare di introdurre una logica diversa da quella bellica. “Parole come ‘dialogo’ e ‘negoziato’”, scriveva, ”a oltre sei mesi dall’inizio della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e dopo migliaia di morti civili sotto i bombardamenti russi, vengono recepite con irritazione e considerate come blasfeme da chi paga a caro prezzo sulla propria pelle e su quella dei propri cari le conseguenze del conflitto”. Aggiungendo: “Ma il richiamo del Papa, che ha parlato della necessità sempre più pressante di “allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro”, è rivolto in particolar modo a “chi al mondo detiene più potere” e perciò” ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paese messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali”. Sono trascorsi altri mesi e l’ostinazione di Francesco ha portato all’incontro di Kiev. Ad altri, con “più potere”, spetta il dovere di dare ulteriore corpo alla speranza della pace.

Pietro Giubilo




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