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03/06/2023
Giovanni XXIII, la profezia del Papa buono
Più che mai attuale il suo appello alla pace e alla giustizia nel mondo rivolto 'a tutti gli uomini di buona volontà', credenti e non credenti.

“Non si annuncia il Vangelo da fermi, chiusi in un ufficio, alla scrivania o al computer facendo polemiche come leoni da tastiera e surrogando la creatività dell’annuncio con il copia-e-incolla di idee prese qua e là”, ha ribadito un mese fa il Papa Francesco con il monito: “il Vangelo si annuncia muovendosi, camminando, andando”. Il termine usato da S. Paolo, per indicare la calzatura di chi porta il Vangelo, “è una parola greca che denota prontezza, preparazione, alacrità”, ha spiegato il Papa: “È il contrario della trasandatezza, incompatibile con l’amore”. “ Un annunciatore è pronto a partire, e sa che il Signore passa in modo sorprendente; deve quindi essere libero da schemi e predisposto ad un’azione inaspettata e nuova, preparato per le sorprese”, l’identikit tracciato da Bergoglio. “Chi annuncia il Vangelo non può essere fossilizzato in gabbie di plausibilità o nel ‘si è sempre fatto così’, ma è pronto a seguire una sapienza che non è di questo mondo”, ha osservato Francesco, secondo il quale “è importante avere questa prontezza alla novità del Vangelo, questo atteggiamento che è uno slancio, un prendere l’iniziativa, un ‘primerear’. È un non lasciarsi sfuggire le occasioni per promulgare l’annuncio del Vangelo di pace, quella pace che Cristo sa dare più e meglio di come la dà il mondo”. Un discorso più che mai attuale, da molti ritenuto il testamento che il Papa Giovanni XXIII lasciava all’umanità, il suo appello alla pace e giustizia nel mondo rivolto "a tutti gli uomini di buona volontà", credenti e non credenti, in un momento storico che vedeva acuirsi lo storico conflitto tra Unione Sovietica e Stati Uniti, nella cosiddetta "guerra fredda". Un testo emozionante e appassionante percorso da riflessioni sui grandi temi affrontati nell’enciclica: la mondializzazione, i diritti umani, individuali e politici; i diritti delle donne, dei deboli e delle minoranze, delle altre confessioni religiose e, ancora, i rapporti sociali, il lavoro, l’educazione, la cultura, la pace. Leggere oggi, dopo mezzo secolo, è come leggere una profezia, non solo nel senso di anticipazione del futuro ma anche come "pro-femì", cioè parlare prima, come promessa … è un po’ andare a trovare le responsabilità di quello che siamo oggi e l’impegno di quello che potremo essere in futuro.

In un suo benvenuto per il conferimento del Premio Balzan 1962 per l'umanità, la pace e la fratellanza fra i popoli al Presidente della repubblica italiana allora, l'On. Antonio Segni  Il Papa Buono riprendeva con il suo coraggio l’impegno che il Romano Pontificato ha sempre svolto a tutela della pace, particolarmente nelle tragiche vicende che hanno contrassegnato il secolo ventesimo. Ancora in quella occasione la Chiesa Cattolica si confermava artefice e maestra di pace. Lo diceva con tranquilla coscienza e come artefice nel continuare nel mondo la missione del suo Fondatore Gesù Cristo, che il citava Principe della pace (Io. 9, 6). Vicina a Lui: avvertiva la Chiesa respirare il soffio della vera umanità, vera nel senso più pieno della parola, perché è la umanità stessa di Dio, suo Creatore, suo Redentore e suo Restauratore Riflettendo sul significato specifico del gesto compiuto dalla Fondazione Eugenio Balzan, volle che la somma rimessa nelle Sue mani venisse destinata a un fondo perpetuo in favore della pace. In questa circostanza, pertanto, fanno risonare ancora una volta l’invito, qual è contenuto nella Lettera Enciclica del Giovedì Santo, Pacem in terris, richiamante alle sorgenti, alla tutela e al consolidamento della pace tra i popoli. Pace fondata non sul timore, sul sospetto, sulla diffidenza reciproca ; assicurata non sulla minaccia di terribili distruzioni, che sarebbero la rovina totale del genere umano, creato per dare gloria a Dio, e per la mutua edificazione nell'amore fraterno; ma stabilita sul retto ordine dei rapporti umani, « ordine fondato sulla verità, costruito secondo giustizia, vivificato e integrato dalla carità, e posto in atto nella libertà » (Lettera Enciclica, p. 50. ).

Questa è la pace, a cui le genti anelano, come a dono divino preziosissimo, senza il quale non si può aspirare a costruttivo progresso, a duraturo benessere, all'avvenire sicuro delle giovani generazioni, delle famiglie, delle Nazioni, affinché su tutti gli uomini, animati dalle conquiste del sapere, alle opere del lavoro, alle cure della famiglia, splenda sempre più luminosa la stella della pace, a indicare il sicuro cammino su le vie della serenità, della comprensione, dell'amore. A sessanta anni dalla sua ascesa al cielo, Papa Giovanni XXIII con cuore commosso e ferma speranza, per nulla sorpreso delle difficoltà immancabili che si frapponevano al raggiungimento del santo ideale ne attendeva l'esaudimento dalle propizie benedizioni del Signore, a cui l’invito a invocare sui capi delle nazioni e dei popoli e sull'intera famiglia umana, i doni i di saggezza e generosità, di operosa concordia e di lietissimo incremento di giustizia. Premiando insomma chi ha scelto e praticato l’arte del dialogo e della nonviolenza, aiutando la popolazione civile che paga il prezzo più alto, soprattutto in prima persona nelle zone devastate dagli scontri e richiamando instancabilmente la via della diplomazia e della fraternità quale unico, autentico strumento di risoluzione dei conflitti, il Movimento Cristiano Lavoratori si impegnerà insieme alle altre organizzazioni cattoliche di continuare nel ricordo di San Papa Giovanni XXIII a interpretare esigenze, sofferenze e sue indicazioni traducendole in progetti, impegni, cultura.

Gilberto Minghetti




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