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15/05/2023
Natalità, sfida centrale per il futuro dell'Italia e dell'Europa
La difesa della maternità assume gli aspetti e i contenuti di una affermazione politica, ma anche spirituale, di fronte a processi che mettono in discussione presupposti naturali.

Alla terza edizione degli Stati Generali della Natalità, finalmente larga parte dei media hanno portato di fronte all’opinione pubblica italiana la condizione drammatica delle nascite del nostro Paese. L’infaticabile iniziativa di Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, ha ottenuto che le aride, se pur evidenti, cifre statistiche che segnano il dramma italiano delle  “culle vuote”,  quest’anno siano  diventate immagini che hanno sfondato il muro di omertà che a fronte di questo fenomeno era stato costruito dall’indifferenza e dalle utopie della “decrescita felice”. Per troppi anni si è sostenuto da parte di media e di organizzazioni internazionali che l’incremento della natalità sarebbe causa di povertà e, di conseguenza, si è parlato di “paternità responsabile”, di fatto inducendo ad auspicare che una coppia mettesse al mondo un solo figlio, altrimenti si sarebbe andati incontro ad un grave problema demografico. Le iniziative di difesa della vita e il richiamo ad un incremento demografico consapevolmente diffuso in questo ed altri eventi stanno costruendo una linea alternativa ed efficace da proporre alle istituzioni politiche. La contemporanea presenza del Pontefice e del premier, senza dubbio, ha sortito l’effetto che la tradizionale marginalità con la quale veniva trattato e presentato all’opinione pubblica il problema, sia venuta meno, facendo elevare il livello di attenzione. Su una questione che investe certamente gli aspetti etici e della legge naturale, ma che appartiene soprattutto all’ordine civile, cioè alla politica, Francesco è stato esplicito. La nascita dei figli - ha detto - “è l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo”, “se ne nascono pochi”, ha aggiunto “vuol dire che c’è poca speranza”. Chiamando in causa i presupposti sui quali si vanno costruendo le società di oggi: “Viviamo in una cultura poco amica, se non nemica, della maternità, centrata com’è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia”.

Denunciando incertezza, disillusione, paura, fragilità, precarietà, difficoltà sociali, cioè le differenti cause di questo dramma.  Tutti aspetti ha detto che “interpellano la politica perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi”. Una denuncia che si innesta nella tradizionale Dottrina sociale della Chiesa che ha sempre indicato una terza via tra un capitalismo espressione del libero mercato e un dirigismo collettivista, marxista. A fianco di Papa Bergoglio era presente anche la politica con la massima espressione del governo, cioè il presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha raccolto l’appello e ha rilanciato la sfida. Indicando le vie attraverso le quali si sviluppa l’etica relativista dell’individualismo sempre più concentrata su matrimoni omosessuali e pratiche contro natura come la maternità surrogata. “Oggi – ha specificato la premier – parlare di famiglia e di natalità è un atto rivoluzionario. Vogliamo vivere in una Nazione nella quale essere padri e madri non sia fuori moda, ma un valore socialmente riconosciuto in cui le coppie riscoprono la bellezza di essere genitori … per decenni la cultura dominante ci ha detto il contrario, ma noi vogliamo che non sia più scandaloso dire che siamo tutti nati da un uomo e una donna, che non sia un tabù dire che la natalità non è in vendita, che l’utero non si affitta. I figli non sono prodotti da banco che puoi scegliere e poi magari restituire”. 

Parole forti che non solo testimoniano l’adesione ad una concezione della vita, ma che espongono un programma che si sta già realizzando, tanto è vero che proprio da parte dei partiti della maggioranza governativa si è dato il via, anche con un coinvolgimento dei cittadini, alla proposta di legge per rendere reato universale la maternità surrogata. Intimiditi da campagne di mobilitazioni mediatiche a difesa di diritti individuali che spesso rivoluzionano modi di vivere e istituzioni naturali, i cattolici, troppo spesso, si sono sentiti isolati, avendo la sensazione di difendere un mondo di principi e di valori ormai in declino, vivendo come minoranze che vengono perfino dileggiate. L’evento di venerdì 12 maggio rappresenta una svolta significativa. La questione della natalità esce dai deboli schemi sociologici con i quali è stata affrontata fino ad oggi, come si trattasse di un problema risolvibile con politiche di sostegno senza misurarsi sul senso complessivo della famiglia e senza una difesa della naturalità dei rapporti tra uomo e donna. La difesa della maternità assume gli aspetti e i contenuti di una affermazione politica, ma anche spirituale, di fronte a processi che mettono in discussione presupposti naturali. E’ una svolta politica che si fonda su un diverso approccio culturale. E’ raccogliere l’appello pastorale di un Papa angosciato dalle minacce che incombono sulla vita delle persone e chiede che se ne prenda coscienza. E’ aprire una pagina nuova per ricostruire le basi stesse della società e per ricominciare a pensare che senza natalità non c’è sviluppo poiché questo è sempre espressione della forza  vitale . E’ una strada da indicare ad una Europa che sembra aver smarrito i suoi più veri connotati: l’inviolabile dignità della persona umana, la legge naturale, il carattere incondizionato dell’obbligatorietà morale, il significato della libertà.

Pietro Giubilo

 




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