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28/04/2023
Investimenti e debito, la proposta della Commissione europea
Una politica fiscale restrittiva può provocare instabilità politica.

La Commissione europea ha presentato la proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita che prevede che gli Stati con debito elevato quali l’Italia concordino dei piani per una sua "graduale e realistica" riduzione. Ritornano le soglie di Maastricht del 3% per il deficit pubblico ed il 60 per il debito. I programmi della durata di quattro anni (estendibile a sette), dovranno garantire un taglio annuo del deficit pubblico dello 0,5% finché quest’ultimo rimarrà superiore al 3%. La Commissione Europea emetterà una traiettoria tecnica specifica per Paese che cercherà di garantire che il debito pubblico diminuisca progressivamente o che rimanga a livelli prudenti. Per i Paesi che dovessero sforare scatta in automatico una procedura d'infrazione per deficit eccessivo. La proposta sarà ora discussa dal Consiglio e dal Parlamento Europei ma la Germania ha già ribadito la sua contrarietà alla riforma, che ritiene troppo tollerante verso i Paesi ‘cicala’. Questo era nell’aria visto che il Ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, non più di qualche giorno addietro, ha scritto un editoriale sul Financial Times in cui, riprendendo le parti più dure del ‘non paper’ presentato dal governo tedesco, si oppone a qualunque compromesso, minacciando, se non ottiene quello che vuole, di far saltare la riforma e di rispedirla al mittente. La richiesta di regole meccaniche e rigide, basate su soglie numeriche non negoziabili dalla Commissione Europea, in base a valutazioni sulla sostenibilità del debito: presente e futura, è fortemente controversa in quanto comporta tagli di bilancio nel mezzo di una recessione e nel momento in cui si esce da una recessione. Un ritorno al passato. Questa è una proposta che porterebbe dritto agli errori marchiani commessi dopo il 2010 che sono stati pagati a caro prezzo dall’Eurozona in termini economici e politici. Nel caso la riduzione del deficit pubblico dovesse verificarsi troppo repentinamente e non fosse coordinata con la politica monetaria della Banca Centrale Europea (BCE), questo indurrebbe una recessione economica. Col risultato paradossale che il rapporto debito pubblico/Pil, anziché diminuire potrebbe salire. Se poi la recessione fosse particolarmente profonda potrebbe avere effetti negativi sulla crescita potenziale dei Paesi soggetti alle ganasce della Commissione: scoraggiando la nascita di nuove imprese, l’innovazione tecnologica ed il ‘learning by doing’ da parte dei lavoratori nel medio/lungo termine.

Questo tipo di aggiustamento è stato adottato dall’Unione Europea (EU) negli anni delle crisi del debito sovrano (2010-13) col risultato che alla fine il rapporto debito/Pil anziché ridursi è aumentato. Il Ministro delle Finanze tedesco Lindner non vuole né che la valutazione né che la riduzione del debito pubblico siano oggetto di negoziazione della Commissione Europea. Le regole rigide e la realtà economica sono spesso in conflitto ed è il motivo per cui l'UE ha sviluppato un'interpretazione flessibile delle regole di bilancio dopo il 2015 al fine di evitare una politica fiscale pro-ciclica. Una politica fiscale restrittiva praticata nel bel mezzo di una recessione economica o nel momento iniziale di una ripresa non solo ha effetti economici negativi ma può provocare instabilità politica con il rafforzamento dei partiti populisti. Pigiare su questi tasti da parte della Germania significa annullare i progressi compiuti finora per avere nell’Eurozona una politica fiscale anti-ciclica. Un siffatto irrigidimento sarebbe negativo per tutti i Paesi dell’Eurozona. La stessa Germania ha un quadro di contabilità nazionale problematico. Negli ultimi tre lustri gli investimenti hanno oscillato vicino al 19% del Pil, mentre il risparmio nazionale è cresciuto dal 23% al 29% del Pil. La produttività ha perso vigore e gli investimenti pubblici hanno fatto fronte a malapena all’ammortamento delle infrastrutture esistenti. Il risparmio che non si è tramutato in investimenti è defluito all’estero. Il surplus della bilancia dei pagamenti tedesca di parte corrente ne è la prova con la posizione creditoria netta verso il resto del mondo della Germania che ha toccato il 70% del Pil. Nel caso la Germania volesse davvero lasciare spazio agli investimenti privati e pubblici necessari per affrontare le sfide dell'UE, c’è bisogno di discrezione e di valutazione politica. Considerato che le regole fisse anche le migliori (e quelle di politica fiscale attuale non lo sono affatto) non possono affrontare le sfide di un mondo soggetto a policrisi ed in rapida evoluzione. Da qui la necessità di una riforma che tenga conto degli errori commessi in passato. La Commissione ha avanzato una proposta che pone maggiore attenzione alla spesa per investimenti e prevede regole differenziate in base ai livelli di debito dei vari paesi, attribuendo loro una maggiore responsabilità nel disegnare il proprio percorso di aggiustamento. Tuttavia, resta aperto il dibattito in merito alla capacità del sistema sanzionatorio di far rispettare le regole e su questo la Germania dovrebbe essere meno rigida.

Marco Boleo




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