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13/04/2023
Denatalità, servono politiche di sostegno alla famiglia
In Italia la gravità raggiunta dal problema ha finito per cancellare anche le teorie di coloro che minimizzavano i dati sulla denatalità, ritenendo sufficiente il rimpiazzo da parte delle popolazioni immigrate.

Il Documento di economia e finanza che ha ottenuto il via liberà martedì 11 aprile dal Consiglio dei Ministri, oltre a individuare le risorse per un successivo provvedimento di riduzione della pressione fiscale per le fasce meno abbienti, contiene una ulteriore importante novità: l’impegno di dare la priorità alla famiglia nella prossima legge di Bilancio. E’ stata direttamente Giorgia Meloni ad assumerselo in quella che sarà la prima vera legge finanziaria del governo uscito dalle urne del 25 settembre dello scorso anno: “Bisogna porsi – ha detto nel corso delle riunione – il problema del calo demografico e delle nuove nascite, con misure adeguate”. Obbiettivo confermato anche dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: ”Abbiamo davanti grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana, ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo. Le riforme intendono riaccendere la fiducia nel futuro, tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi”. Del resto il “sostegno alla natalità e alla famiglia” rappresentava il primo dei venticinque punti del “programma per risollevare l’Italia” con il quale la coalizione di centrodestra si era presentata davanti agli elettori. E’ interessante notare che a riproporre il tema, nei giorni precedenti la Pasqua era stata una dichiarazione di Elon Musk su Twitter, di cui è amministratore delegato, con la quale, arrivava ad affermare che, rimanendo fermo il tasso di fecondità al 1,24 figli per donna, “l’Italia sta scomparendo”. Ugualmente interessante è il fatto che Musk aveva twittato rispondendo ad un ricercatore italiano ventinovenne, Andrea Stroppa, che in una intervista al Corriere della Sera, il 9 aprile, ha ricordato come il ceo di Twitter “fa spesso considerazioni sulla denatalità in Italia … dicendo che uno dei fattori che ha contribuito alla scomparsa dell’impero romano è stato proprio il crollo della natalità” e che il problema della natalità va inquadrato nella più ampia questione delle “prospettive future e, quindi, pensare di avere figli”.

E’ bastato il messaggio di Musk per far risalire ai livelli alti dell’opinione pubblica la questione della denatalità nel nostro Paese. L’attenzione dei massimi sostenitori delle moderne tecnologie informatiche e comunicative costituisce una importante novità destinata a influire positivamente sulla necessità di intervenire per arrestare un fenomeno che, oltre a evidenziarsi nelle “culle vuote” dell’Italia, investe due terzi degli stati del mondo, scesi al di sotto della soglia del rimpiazzo generazionale. In Italia la gravità raggiunta dal problema ha finito per cancellare anche le teorie di coloro che minimizzavano i dati sulla denatalità, ritenendo sufficiente il rimpiazzo da parte delle popolazioni immigrate. Come ha rilevato Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e Statistica sociale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel numero di marzo di Aspenia, esaminando il dato del 1,25 del tasso di fecondità raggiunto negli anni della pandemia (era l’1,44 nel 2010 e l’1,27 nel 2019), si assiste, ormai, “all’esaurimento della capacità endogena di crescita della popolazione italiana, entrata dal 2014 in fase di declino, con un saldo naturale negativo non più compensato nemmeno dall’immigrazione”. Aggiungendo: “L’Italia è stato il primo paese al mondo in cui i residenti under 15 sono scesi sotto gli over 65” e poi “l’Italia sarà inoltre il primo Stato del vecchio continente a portare entro questo decennio l’età media della popolazione oltre il traguardo dei 50 anni; se oggi ci troviamo con un rapporto tra over 65 e popolazione attiva tra i peggiori al mondo, tale valore potrebbe raddoppiare entro il 2050”. In sostanza la tesi del professor Rosina è che “siamo il Paese con il maggior rischio di trovarsi a metà di questo secolo con un rapporto di 1 a 1 tra pensionati e lavoratori”, di conseguenza “di fronte a questi squilibri demografici”, “la stessa immigrazione diventa una leva sempre più debole”, si “rischiano di aumentare tensioni e diseguaglianze sociali, rendendo più instabile lo stesso quadro politico”. E’ quindi giunto il tempo di affrontare la questione della denatalità con adeguate politiche di sostegno familiare, invertendo una tendenza ormai resa evidente e prima che sia troppo tardi.

E’ evidente il nesso tra i due aspetti, infatti, come è stato rilevato “la depressione delle nascite si associa anche a persistenti difficoltà dei giovani a formare una propria famiglia, a una bassa conciliazione nelle coppie tra famiglia e lavoro, al rischio di povertà delle famiglie con figli”. E’ finito il tempo nel quale l’Occidente teorizzava una “decrescita felice”, sotto l’influenza delle tesi malthusiane sulla mal ipotizzata mancanza di risorse per l’accrescimento della popolazione. Come ha ben spiegato Ettore Gotti Tedeschi: ” con la crisi economica causata dalla pandemia… è oltremodo necessario per riavviare l’economia , creare lavoro, per assorbire il debito esistente che è aumentato con la pandemia mondiale e la decrescita felice non è certamente compatibile con questa necessità”. Tutto ciò, mentre andando più a fondo del problema occorrerebbe rileggere e riaffermare l’attualità dei temi affrontati dall’Enciclica di Paolo VI Humanae Vitae del 1968, propri nell’anno nel quale l’Occidente e la stessa Italia si trovarono di fronte, come ha scritto Luca Del Pozzo, allo svilupparsi della “questione antropologica”, per la quale ai cattolici si iniziò a porre la necessità di una “restaurazione dei valori”, contro l’esito catastrofico a cui era giunto il pensiero rivoluzionario. Non a caso tutti i segnali e i dati che mostrano la nascita e lo sviluppo della questione della denatalità si presentano a partire dai primi anni ’70. Se le utopie dei falsi valori hanno mostrato tutta la loro inconsistenza e se gli esiti ultimi di queste negative tendenze sono giunte a preoccupare anche esponenti di quel nuovo mondo tecnologico che va espandendosi, l’impegno che si è assunto il governo di porre al centro del Bilancio per il 2024 la questione del sostegno alla famiglia e il problema della denatalità, trova il suo spazio e la sua necessità come sviluppo e risposta ad una esigenza reale senza alternative.

Pietro Giubilo




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