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09/01/2023
La corda del boia
In tutte le tipologie di inflazione, qualunque ne sia l’origine, è cruciale l’azione della politica monetaria per fermarla.

Nei tempi in cui i dibattiti di politica economica si svolgono anche attraverso i social media capita, com’è successo tra il giorno di San Silvestro e capodanno, che economisti di vaglia a livello mondiale invece di limitarsi a brindare alla fine dell’anno, discutano anche con uno scambio di ‘tweet’ della natura e delle possibili strategie per contrastare l’attuale processo inflazionistica. Tutto ha inizio con otto ‘tweet’ di Olivier Blanchard. Nei quali l’economista francese naturalizzato americano propone un semplice bignamino sull'inflazione. Nel quale quest’ultima è fondamentalmente il prodotto di un conflitto distributivo e, per questo motivo, combatterla con la politica monetaria restrittiva è una scelta politica per lui inefficiente. Una politica di ‘second best’. Cose che molti sanno ma che è bene che vengano riesumate autorevolmente dai magazzini dell’inutilità dove sono finite. Il Nobel Paul Krugman ha rilanciato opportunamente il thread di O. Blanchard sul ‘conflitto distributivo’ come causa dell'inflazione con altrettanti tweet. Richiamando le analisi di Michael Bruno (un economista israeliano prematuramente scomparso) ma evidentemente non ricorda o non conosce quelle del nostro Ezio Tarantelli (morto tragicamente) anch’egli professore di economia al Mit di Boston dove Krugman negli stessi anni ha conseguito il Ph.D. Un ottimo punto di Olivier, ha twittato Krugman, ma i commenti alle sue considerazioni chiariscono che molte persone non le hanno capite. Serve spiegarle meglio. Utilizzando una vecchia analogia descritta per la prima volta sui ‘Brooking Papers’ può aiutare a chiarire la problematica. Martin Baily ed il Nobel William Nordhaus negli anni '70 pensarono di utilizzare le interazioni tra pubblico e giocatori in una partita di football americano. Mentre Ezio Tarantelli si riferì ad una partita di calcio. Ad ogni modo, una maniera di pensare all'inflazione è che è come un evento sportivo in cui tutti si alzano in piedi per avere una visione migliore dell'azione, che è collettivamente controproducente.

Controllare l'inflazione inducendo una recessione attraverso una politica monetaria restrittiva è come fermare un’azione sul rettangolo di gioco fino a quando tutti si siedono di nuovo sugli spalti. Funziona, ma ha un costo in termini di perdita di Pil e di disoccupazione. Molto meglio se si potesse raggiungere un accordo collettivo da parte di tutti per sedersi senza fermare il gioco. È difficile da raggiungere, ma non sempre impossibile. La più o meno indolore disinflazione di M. Bruno del 1985 in Israele, ricordata da Krugman, fu più o meno esattamente questo: tutti i principali attori sociali concordarono di smetterla di cercare di scavalcarsi a vicenda, e l'inflazione scese immediatamente. Lo stesso avvenne in Italia con gli accordi di San Valentino nel 1984, nei quali un accordo tra le parti sociali sulla scala mobile ed il controllo di prezzi e tariffe portarono ad una diminuzione dell’inflazione. La fissazione dei salari non sincronizzata in un mercato del lavoro ‘surriscaldato’ dove ognuno cerca di anticipare tutti gli altri, infatti, potrebbe, invece, far radicare l'inflazione se tutti si aspettano che persista. E ovviamente tutto ciò è estremamente rilevante se stiamo cercando di capire quanto sarà dura la disinflazione nel prossimo futuro. Ma chiariamo meglio. Gli scettici sulle manovre restrittive delle Banche Centrali sostengono che se l’inflazione è da costi è controproducente aumentare i tassi d’interesse. Tirare la corda del boia come scriveva Tarantelli. Il conflitto distributivo che ha in mente O. Blanchard però può originare non solo da una economia surriscaldata (inflazione da domanda) ma anche da prezzi in rialzo delle materie prime, come quelle energetiche fossili (situazione attuale) (inflazione da offerta). Le imprese in questo caso desiderano aumentare i prezzi dei loro prodotti, dati i salari, per recuperare il costo più elevato degli input produttivi intermedi. I lavoratori da parte loro vogliono contrastare la diminuzione del salario reale chiedendo salari più alti.

E l’inflazione s’innesca. Anche in questo caso le aspettative giocano un ruolo cruciale. Possiamo spiegare l’interazione tra imprese e lavoratori per accaparrarsi una fetta più grande del reddito da cui scaturisce l’inflazione, recuperando la metafora di Baily-Nordhaus-Tarantelli rispolverata da P. Krugman. L’inflazione, in questo schema, è come quando ad un incontro di football tutti si alzano in piedi per avere una visione migliore dell'azione, pensando ognuno di fare una cosa positiva per se stesso ma che è, invece, collettivamente controproducente. Si ritrovano tutti più scomodi (in piedi) a vedere le stesse azioni di gioco. Coloro che sostengono un aumento dei tassi hanno chiaro il ruolo della politica monetaria. Deve ridurre la domanda aggregata per raffreddare l’economia. Mentre nel caso del conflitto distributivo tra salari e profitti di lavoratori ed imprenditori sembra a prima vista che la politica monetaria non ricopra alcun ruolo nel processo inflazionistico. Ma non è così. Se le spinte inflazionistiche trovano resistenza in una Banca Centrale che mette in atto politiche restrittive, la domanda aggregata viene contenuta e l’inflazione arrestata. Qualunque sia l’origine dell’inflazione: da domanda o da costi, ‘solo’ una politica monetaria espansiva (nessun rialzo dei tassi) permette al tasso di interesse reale (tasso nominale meno tasso d’inflazione) di rimanere costante durante il processo inflazionistico. Consentendo a quest’ultimo di perpetuarsi. Detto in altre parole se preferite, il conflitto distributivo caro a Blanchard tra lavoratori e imprese genera richieste di aumento dei salari incompatibili con l’obiettivo degli imprenditori di mantenere costante il margine di profitto. Da questo conflitto distributivo, influenzato dalle caratteristiche del sistema economico (produttività, sussidi di disoccupazione, potere sindacale, grado di concorrenza tra le imprese), scaturisce una domanda di inflazione. Ma è solo l’offerta di inflazione, generata dalla politica monetaria espansiva da parte del Banchiere Centrale, che permette al processo inflazionistico di perpetuarsi. L’inflazione rimanendo nella metafora di Baily-Nordhaus-Tarantelli si stabilizza solo quando, alla fine della fiera, i giocatori accettano il risultato. Purtroppo questo si verifica solo attraverso un raffreddamento dell'economia. Le imprese possono accettare prezzi più bassi dati i salari e i lavoratori accontentarsi di salari più bassi dati i prezzi. In tutte le tipologie di inflazione, qualunque ne sia l’origine, come abbiamo visto, è cruciale l’azione della politica monetaria per fermarla. Nella situazione attuale pertanto non c’è alternativa alla corda del boia. Pena il disancoraggio delle aspettative e politiche disinflazionistiche più restrittive in futuro.

Marco Boleo




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