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16/12/2022
Malgrado i problemi strutturali il calabrone Italia vola
Il Belpaese dal primo trimestre del 2021 al terzo trimestre 2022 è cresciuto di 3 punti percentuali in più rispetto alle previsioni.

La Premier Meloni non ha perso tempo per compiacersi per l’andamento positivo dell’economia italiana mostrato dalle recenti statistiche col malcelato intento di attribuirne il merito anche al suo Governo seppur in carica dal 22 ottobre scorso. Come da prassi da tempo immemore tutto ciò che non procede bene dipende dall’eredità dei governi precedenti (ritardi del PNRR) mentre le cose buone da quello in carica. Cosa ci dice l’analisi congiunturale? Di chi è il merito? I dati aggregati resi noti a fine novembre e quelli scomposti per settore del terzo trimestre pubblicati da qualche giorno dall’Istat, confermano che l’economia italiana, nonostante tutte le sue criticità, cresce oltre le attese, e questo andamento sembra qualcosa di più di un rimbalzo ciclico. Considerando le cifre dal quarto trimestre del 2019 al terzo trimestre 2022, il Pil reale italiano rispetto a quello dei maggiori paesi dell’Eurozona (Germania in testa) è cresciuto del + 1,8%, i consumi del + 0,4%, gli investimenti in macchinari e impianti del + 18,8%, gli investimenti in costruzioni del + 24,8%, l’export di beni del + 8%. Per tutte queste voci l’Italia è sopra i livelli pre-pandemia. Il vigore della ripresa è dipeso soprattutto dall’operato del settore privato. Il valore aggiunto del manifatturiero, nonostante il rallentamento dell’ultimo periodo è, in effetti, in testa per crescita a quello degli altri maggiori paesi dell’Eurozona. Un segnale, questo, che la competitività internazionale del nostro settore manifatturiero tiene nonostante l’inflazione elevata. Durante i sette trimestri del governo Draghi, il Pil ha visto un progresso cumulato del + 8,4%. Il Belpaese dal primo trimestre del 2021 al terzo trimestre 2022 è cresciuto di 3 punti percentuali in più rispetto alle previsioni. Già a novembre poi era tornata a salire la fiducia dei consumatori e quella delle imprese: con la crescita del livello dei prezzi nell’Eurozona che per la prima volta ha mostrato un rallentamento.

Nel contempo l’indice del Gini, che misura le diseguaglianze nella distribuzione del reddito, nell’ultimo anno, con il Governo Draghi, è diminuito dal 30,4 al 29,6 e quello che rileva la povertà, invece, dal 18,6 al 16,8. Sul versante dell’occupazione nell’ultimo anno l’Italia ha raggiunto i massimi livelli occupazionali rispetto alla sua storia economica con il tasso di occupazione che in ottobre ha toccato il 60,5% mentre quello di disoccupazione è diminuito. Considerando sia lo spread che il debito non ci sono crisi finanziarie alle porte con attacchi speculativi sui nostri titoli di stato: non avvertendosi alcun segnale di sfiducia in un momento in cui la politica monetaria della BCE diventa restrittiva. Sul fronte economico e sociale in molti avevano paventato in autunno una tensione alle stelle impossibile da governare. Per fortuna nulla di tutto ciò si è verificato. Il merito di questa pace sociale deve essere attribuito alla politica economica del governo Draghi che ha aiutato famiglie e imprese: sostenendo il Pil, l’occupazione e alleviando gli effetti dell’inflazione, attraverso la redistribuzione di quanto lo Stato italiano ha incassato col fiscal drag. Mi fermo qui. Da quello che ho scritto potrebbe sembrare che non esistano problemi. Ma non è così. C’è ne sono molti. Un paese con un'inflazione che supera il dieci percento ha un grosso problema. I tassi d’interesse saliranno ancora nel 2023 e questo farà aumentare il servizio del debito, che implica una gestione prudente della finanza pubblica. La crescita va consolidata. E via discorrendo. Ma da un anno a questa parte, molti media, non pochi analisti, paradossalmente buona parte dell’arco costituzionale, non ha voluto riconoscere i punti di forza dell’azione del Governo Draghi, ma ha proposto una narrazione diversa. Ha raccontato di un’Italia sull’orlo del baratro, a livello economico e sociale, con famiglie e imprese in affanno.

Visti i dati comunicati dall’Istat non rispondeva al vero. Chi ha fatto queste analisi per più di un anno era, nella migliore delle ipotesi, in malafede. A livello congiunturale era chiaro che non era per nulla scontato l’avvento della recessione, che il ristagno con inflazione (stagflazione) non ci sarebbe stato, e che non c’erano segnali di crisi finanziarie all’orizzonte: di sfiducia sul debito e via discorrendo. Questo non esclude però che questi problemi non possano emergere in futuro. Non ci stancheremo mai di ripeterlo. Di recente lo ha fatto anche il prestigioso settimanale inglese ‘The Economist’. I tre problemi dell'Italia restano: 1) La stagnazione economica generata dalla produttività che sono trent’anni almeno che ristagna intorno all’1%; 2) La fragilità finanziaria indotta dal debito pubblico elevato e soprattutto dalla spesa previdenziale fuori controllo. Centotrenta miliardi di euro prelevati dalla fiscalità generale insieme agli ottanta che ci mette l’INPS consentono di pagare le pensioni; 3) La demografia in declino che produrrà sempre meno lavoratori ed in continuazione più pensionati a carico dei pochi lavoratori. L’Italia ha il secondo tasso di natalità più basso in Europa e una delle popolazioni che invecchia più rapidamente. Ma allora se dal punto di vista economico quelle analisi congiunturali non avevano senso, qual è stata la loro ragion d’essere? Non può essere stata solo malafede. E’ stata una becera propaganda politica dovuta all’opposizione al governo Draghi che ha condotto, al contrario, una politica economica di successo. Fanno fede le statistiche ricordate all’inizio. La politica economica del Governo è servita a sostenere l’economia e, soprattutto, a ridurre l’incertezza ponendo le basi per una ripresa sorprendente. Ma lo sforzo di mistificare la realtà è dovuto anche al tentativo, da parte di alcuni, di mettere gli italiani contro ogni strategia di aiuto all’Ucraina, facendo loro credere che le difficoltà a cui stavano per andare incontro erano dovute alla guerra ed alla posizione atlantista che l’Italia aveva intrapreso con decisione e da protagonista e che il Primo Ministro Giorgia Meloni sta mantenendo.

Marco Boleo




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