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25/10/2022
Britaly, è solo uno stereotipo?
I comportamenti passati ed attuali possono aiutare a capire se la qualità dei politici inglesi sia effettivamente superiore ai loro colleghi italiani.

E’ notizia di pochi giorni fa che la prestigiosa rivista ‘The Economist’ abbia paragonato l’attuale crisi politica del Regno Unito alla ormai storicamente consolidata tradizione tutta italiana di avere un costante caos politico con conseguenti governi di brevissima durata.  La politica italiana è infatti caratterizzata dall’essere “perennemente in campagna elettorale”, con il risultato di una lunghissima serie di governi dal 1922 ad oggi (il governo Meloni è il 133esimo). Eppure, nonostante tutto ciò, è Liz Truss che ha battuto per durata più breve ognuno dei precedenti 132 governi italiani. Il record italiano per brevità, secondo Wikipedia, è difatti il governo Tambroni dell’8 aprile 1960 con 115 giorni. Da questo punto di vista possiamo affermare che il governo inglese ha certamente iniziato tardi, ma con grande sforzo ed impegno è riuscito a recuperare e battere l’Italia. La domanda che molti si pongono è se questa performance sia indice che qualcosa sia effettivamente cambiata dell’approccio ed attitudine della politica inglese, oppure se si tratta di una “storm in a teacup”, equivalente del nostrano “tempesta in un bicchier d’acqua”. Tutto dipende da quello che  si può aspettare nei prossimi giorni, eppure i comportamenti passati ed attuali possono aiutare a capire se la qualità dei politici inglesi sia effettivamente superiore ai loro colleghi italiani, e se il Regno Unito sarà in grado di assemblare velocemente un governo stabile e competente per superare i dissesti creati dalle contingenze degli ultimi due anni: Covid, guerra in Ucraina, crisi del costo della vita, crisi politica. Come testimoniano i circa 15.000 che hanno manifestato sabato 22 ottobre al centro di Londra chiedendo elezioni ed un nuovo referendum, la madre di tutti i mali sembra essere stata la Brexit. Ed è da allora che si è vista la sequenza di stranezze politiche che hanno iniziato a far sospettare che qualcosa era cambiato. Per esempio, tutti ricordiamo gli autobus rossi a due piani che dichiaravano che con la Brexit si sarebbero risparmiati così tanti soldi da poter finalmente risanare il sistema sanitario nazionale, e fu uno shock vedere Nigel Farage candidamente affermare durante un'intervista in televisione, immediatamente dopo i risultati del referendum, che nulla del genere era stato promesso. Ovviamente, negava anche di fronte alle foto dei succitati autobus, anche quando la regia ripescava le foto e le mandava immediatamente sul monitor dell’intervistatrice.

A quel punto, fu la volta dei furbetti del quartierino inglesi mettersi in salvo: sia Farage che Cameron presentarono improvvisamente le dimissioni. Probabilmente, caricarsi sulle spalle il completamento della Brexit poteva risultare talmente complicato da determinare un vero e proprio suicidio politico definitivo. Quindi, non fu trovato nulla di meglio di Theresa May, ritenuta persona seria ma di scarsa leadership. La May, che era in lacrime quando vide i risultati del referendum ("The ones who voted for Brexit will be the ones who suffer the most."). La May che in privato affermava cose molto favorevoli sulla permanenza nell’ UE con i banchieri della Goldman Sachs, salvo poi insistere per una Brexit dura una volta divenuta capo del governo: “Penso che le argomentazioni di tipo economico siano chiare. Penso che essere parte di un blocco commerciale da 500 milioni di persone sia una cosa significativa per noi. Penso, come dicevo prima, che molte persone investiranno nel Regno Unito perché il Regno Unito è in Europa. Se non fossimo in Europa, penso che molte società si chiederebbero se hanno bisogno di avere una presenza in Europa invece che nel Regno Unito. Quindi penso che ci siano precisi vantaggi per noi in termini economici. E come ho già detto ci sarebbero benefici anche per la sicurezza.” La stessa May che escluse da subito di voler restare nel mercato unico o nell’unione doganale (alla norvegese), e insistette per la hard Brexit e per la fine della libera circolazione delle persone, dimenticando completamente di cercare un compromesso con l'Europa per consentire ad un settore fondamentale per l'economia inglese di continuare a fare affari con l’UE: i servizi bancari e finanziari ed il loro indotto. Poi la volta di Boris Johnson ed una lunga fila di scandali (Chris Pincher, partygate con relativa multa per aver infranto le sue stesse regole sul lockdown, aumento delle tasse sui lavoratori, il caso Owen Paterson)  e esternazioni inizialmente fin troppo ottimistiche sul Covid come, per esempio, che si doveva attendere la “immunità di gregge”. Il successivo governo della Liz Truss, dopo una pausa di circa due settimane per i funerali della Regina (altrimenti sarebbe durato anche meno?), lancia il suo piano di rilancio dell’economia: il mini-budget. Di fatto, abbassare le tasse ai più ricchi rendendo il sistema fiscale britannico ancora più regressivo: far pagare ai redditi medio-bassi e far risparmiare ricchi e imprese.

Il tutto senza le dovute coperture, quindi a debito pubblico, ed il goffo tentativo di non farsene accorgere evitando di rilasciare lo studio dell’OBR, l’ufficio di responsabilità delle manovre di politica economica, sul mini-budget. Mi fermo qui rimandando per un’analisi più dettagliata della manovra e perché non ha funzionato allo scritto sempre su questo blog di Marco Boleo: ‘I problemi fiscali del Regno Unito’, 30 settembre 2022. Risultato: scioperi, crollo della sterlina, aumento del costo dei mutui, outlook negativo delle agenzie di rating, crollo delle quotazioni dei titoli pubblici, crisi dei Fondi pensione, fuga degli investitori internazionali, deflusso di capitali, disperato licenziamento del responsabile del Tesoro per salvarsi la poltrona. Riusciranno i nostri eroi a uscire da questo disastro, e chi potrà farlo? In corsa avevamo tre leader: Rishi Sunak, Penny Mordaunt, e, sorpresa delle sorprese, Boris Johnson, che ha appena ritirato la sua candidatura. Bojo era appena rientrato apposta dalle sue vacanze nei Caraibi per seguire di persona gli sviluppi, ed aveva buone probabilità di essere rieletto considerato che aveva il sostegno di almeno un centinaio di parlamentari, come Sunak. Il general sentiment era che una rielezione di Johnson rappresenterebbe un disastro per la politica inglese. Se fosse accaduto, allora avremmo avuto la prova matematica di un gemellaggio tra il Regno Unito e l’Italia, dove nonostante la reputazione, i soliti noti vengono eletti e rieletti senza fine. Nonostante questo, sembra che anche gli inglesi siano un popolo senza memoria.

Massimo Liquori, Milton Keynes (Uk)

 




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