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02/09/2022
Le prossime sfide delle Banche Centrali
Il simposio economico annuale dei banchieri nel rifugio nel Grand Teton National Park.

L’andamento delle quotazioni delle attività finanziarie in questo momento è dominato ancora dagli echi dei discorsi tenuti a Jackson Hole: un raduno annuale di banchieri centrali nel Wyoming che inevitabilmente catalizza l’attenzione sull’andamento dell'economia a livello mondiale a fine agosto. Nel tentativo di farne un resoconto, ecco le nozioni di base che bisogna conoscere sull'evento e cosa lo rende speciale. Cos'è questo raduno? La Federal Reserve Bank di Kansas City, una delle undici Fed degli Usa, ospita il suo simposio economico annuale in un rifugio nel Grand Teton National Park dal 1982. È un incontro di banchieri centrali di tutto il mondo, accademici, influenti pensatori economici, politici e giornalisti. Il cuore dell'evento consiste in una serie di paper che vengono presentati e discussi su importanti ragionamenti di questioni economiche legate all'argomento dell'anno. Questa volta il ‘filo rosso’ è stato ‘Rivalutare i vincoli sull'economia e sulla politica’. Il simposio è stato aperto dal consueto discorso del presidente della Fed Jerome Powell lo scorso venerdì mattina. Cosa ha detto in soldoni Powell? Come al solito, il Presidente della Fed ha utilizzato il suo discorso per trasmettere un messaggio particolarmente importante e di lungo respiro.

Da parte di tutti, invece, c’è stata una riflessione a cuore aperto sulle cause dell'inflazione dilagante che la maggior parte del mondo si trova a fronteggiare. Ma lo vedremo in seguito. I risultati delle previsioni economiche delle Banche Centrali (BC) sono sotto accusa, così come la fiducia riposta sull’operato dei signori delle valute mondiali è ai minimi storici. I passi falsi di questa settimana rischiano di innescare dislocazioni del mercato monetario e finanziario come accennato all’inizio e per questo c’è stata molta cautela. Nello specifico non aiuta il fatto che il concetto di forward guidance (guida prospettica) sulla politica dei tassi di interesse, utilizzato negli ultimi lustri, venga messo da parte a favore della dipendenza dai dati incontro per incontro che farà da guida all’operato. Qualcosa deve colmare questo vuoto che si è generato, pertanto le analisi dei Governatori delle BC e quelle degli altri partecipanti sono servite a mettere in chiaro quali e quanti rischi le BC sono disposte a correre con l'andamento delle economie per tagliare la testa alla bestia a due teste dell'inflazione. È semplicistico affermare che esiste un compromesso tra crescita e aumento dei prezzi al consumo (curva di Phillips), ma qualsiasi risposta alla situazione attuale che non tenti almeno di fornire una spiegazione non reggerà a lungo. Al forum della Banca Centrale Europea a Sintra, in Portogallo, lo scorso giugno, Powell aveva candidamente ammesso che ‘ora sappiamo meglio quanto poco comprendiamo l'inflazione’. Attualmente insomma è necessario più candore su come il mostro inflazionistico sia stato così sottovalutato e fino a che punto i responsabili della politica economica siano disposti a spingersi nel sacrificare la crescita - e l'occupazione - per decapitarlo.

La reazione delle BC di tutto il mondo agli effetti negativi della pandemia ha impedito una grave recessione, ma lo stimolo fiscale praticato dai rispettivi Governi è stato eccessivo ed è rimasto in vigore troppo a lungo. Condizioni fiscali e finanziarie super rilassate, mercati azionari in rialzo e prezzi delle attività gonfiati avrebbero dovuto fornire gli indizi sufficienti di un futuro deragliamento. Per dirla in termini militari, l’andamento della missione ‘evitare una recessione globale’ combinato con la mancanza di pianificazione del ritiro ‘degli stimoli’ nel post-pandemia ci ha portato alla situazione attuale. Il Governatore Powell era stato irremovibile a Sintra sul fatto che il mancato controllo delle aspettative di inflazione di famiglie e imprese rappresentasse una minaccia più grande della recessione. In altre parole, i rialzi dei tassi di interesse continueranno fino a quando la spinta inflazionistica non sarà arrestata. Ma cosa significa per la politica economica futura? Quanta recessione sarà necessaria per sradicare le aspettative di inflazione? Questa è la terza volta nell’ultimo decennio che la Fed ha cercato di ridimensionare il proprio bilancio (balance sheet) con rapidi capovolgimenti in seguito al "taper tantrum" del 2013 e un'altra inversione di marcia nel 2018 nei primi giorni del mandato di Powell. Comprensibilmente, i mercati finanziari hanno introitato le aspettative, basate su tutte le reazioni delle Autorità Monetarie, a partire dalla crisi finanziaria globale del 2007-08, che le BC tornerebbero a pompare stimoli se il mercato azionario crollasse o l'economia inciampasse in una recessione. Un azzardo morale bello e buono col quale gli errori del mercato vengono corretti dai Governi. Nella stagione che stiamo vivendo al di qua dell’Atlantico la Banca Centrale Europea (BCE) è in un dilemma peggiore rispetto alla Fed, con una crescita economica europea molto più bassa ed una fiammata inflazionistica alimentata dalla sua quasi totale dipendenza energetica dalla Russia. La BCE ha smesso di aggiungere stimoli solo a luglio, ponendo fine a un'era di tassi di interesse negativi di otto anni.

Le spie di recessione lampeggiano con l'indice composito dei gestori degli acquisti dell'Eurozona che scende al di sotto del livello 50 che divide la crescita dalla contrazione. La presidente della BCE Christine Lagarde quest’anno non ha partecipato al raduno di Jackson Hole, lasciando la scena ad Isabel Schnabel, membro tedesco del Consiglio direttivo. Quest’ultima in un'intervista aggressiva alla Reuters la settimana prima di Jackson Hole, ha sottolineato il rischio di aspettative di inflazione disancorate, anche se l'Eurozona fosse entrata in recessione. Ha inviato il suo biglietto da visita. Cosa è emerso nel Wyoming alla luce di quanto anticipato? Ci troviamo in un ambiente in cui gli shock dell'offerta saranno più volatili di quanto visto finora e ciò genererà trade-off (compromessi) più costosi per la politica monetaria. Il ritmo della crescita dei prezzi è aumentato vertiginosamente poiché le interruzioni della catena di approvvigionamento dovute ai lockdown, per contrastare la pandemia da Covid-19, sono entrate in rotta di collisione con l'elevata domanda dei consumatori alimentata da un sostegno fiscale e monetario senza precedenti dall'inizio della pandemia. L'invasione su vasta scala dell'Ucraina da parte della Russia ha prodotto poi una serie di shock sulle materie prime che hanno creato ancora più vincoli all'offerta e generato aumenti dei prezzi. Queste dinamiche hanno costretto le BC a inasprire in modo aggressivo la politica monetaria per garantire che l'inflazione non si radichi profondamente nell'economia. Ma data la loro limitata capacità di affrontare i problemi legati all'offerta, molti temono che saranno costrette a infliggere molte più sofferenze economiche rispetto al passato per ripristinare la stabilità dei prezzi. Gli aumenti dei tassi, infatti, devono competere con i ritardi nell’adeguamento dell’offerta all'interno dell'economia. In altre parole si stanno aumentando i tassi nella speranza di ridurre l'inflazione, ma questi aumenti non risolvono i problemi della catena di approvvigionamento e del ciclo di produzione che condizionano l’offerta aggregata. Sono in corso insomma una crisi energetica, una alimentare, quella della catena di approvvigionamento ed il conflitto russo-ucraino. Tutto ciò ha profonde implicazioni per la performance economica del mondo, vista la sua interconnessione mediante i prezzi relativi di molti beni e servizi necessari per le produzioni nazionali.

Attualmente, i policymaker devono prendere le decisioni in un contesto di elevata incertezza. Nell'interpretazione dei dati attuali è difficile distinguere tra pressione inflazionistica temporanea e duratura. Secondo la Schnabel della BCE, i prossimi anni rischiano di essere conosciuti come la ‘Grande Volatilità’, in contrasto con gli ultimi due decenni, che gli economisti hanno battezzato quelli della ‘Grande Moderazione’ a causa delle dinamiche relativamente tranquille. Molti analisti hanno affermato che le forze strutturali che hanno tenuto sotto controllo le pressioni sui prezzi, principalmente la globalizzazione e un'abbondante offerta di manodopera, si siano invertite con la pandemia e il conflitto russo-ucraino. L'economia globale sembra essere sull'orlo di un cambiamento storico poiché molti dei venti favorevoli all'offerta aggregata che hanno tenuto a freno l'inflazione sembrano destinati a trasformarsi in venti contrari. In tal caso, il recente aumento delle pressioni inflazionistiche potrebbe rivelarsi più persistente. Gli scettici riguardo a questo punto si dicono fiduciosi che le principali BC del mondo saranno in grado scongiurare il radicarsi dell’inflazione. Staremo a vedere. La questione su cui le BC dovranno concentrarsi non sarà quella sulla stabilità dell'inflazione ma sarà quella di cambiare la strategia e gli obiettivi di inflazione per un mondo in cui si verificheranno shock di offerta negativi più frequenti e più intensi. L'obiettivo di inflazione del 2 per cento che le BC delle economie avanzate hanno per lo più raggiunto per decenni secondo la maggioranza dei partecipanti dovrà essere cambiato per adattarsi a un'economia globale più disconnessa. Quando e come una BC affronterà i cambiamenti sarà fondamentale, col rischio che le aspettative di famiglie e imprese su futuri aumenti dei prezzi possano radicarsi. Pertanto sarebbe ‘molto rischioso’ per la Fed e le altre BC persino affrontare l'argomento fino a quando non avranno frenato l'inflazione. Dovranno fare tutto il possibile per preservare la loro credibilità - e forse, in alcuni casi, ripristinarla - ma dovranno riflettere attentamente su quale dovrebbe essere questo nuovo obiettivo. Pena una incertezza che potrebbe radicarsi e nuocere alla stabilità economica e finanziaria futura.

Marco Boleo




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