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29/07/2022
Il buongoverno e la situazione attuale
Il ruolo generale del governo deve essere al passo coi cambiamenti.

La fiscalità, la regolamentazione e la spesa pubblica sono stati tradizionalmente i principali strumenti a disposizione dei governi per promuovere obiettivi collettivi e/o nazionali. I governi, invece, sono stati le principali istituzioni attraverso le quali i cittadini dei paesi possono perseguire, o sperare di perseguire, obiettivi collettivi e nazionali. Naturalmente, non è facile determinare con precisione quali siano i bisogni collettivi, o gli obiettivi nazionali, in un dato momento in un dato paese, né quanta tassazione sia necessaria per finanziare la loro fornitura e per promuovere tali obiettivi. Alcuni governi sono stati e sono più bravi di altri nel raggiungere questi obiettivi. I bisogni collettivi o gli obiettivi poi mutano nel tempo, a causa dei mutamenti tecnologici e sociali, così come la capacità dei governi di riscuotere le tasse e di regolamentare in modo efficiente le attività economiche e sociali. Pertanto, il ruolo generale del governo deve essere al passo coi cambiamenti e i governi possono essere in grado o meno di soddisfare i bisogni della collettività. Per i paesi democratici con economie di mercato, il presupposto abituale è stato quello che i bisogni collettivi possono essere determinati democraticamente e che la loro deliberazione suggerirà i livelli fiscali desiderabili e le politiche di regolamentazione necessarie. Il processo democratico può anche determinare come distribuire il bilancio fiscale e normativo tra i cittadini e come spendere le risorse finanziarie, raccolte attraverso la tassazione o, occasionalmente, attraverso i prestiti mediante emissione di debito pubblico. Naturalmente malgrado ciò ci saranno sempre dei singoli, o dei gruppi, che penseranno che il livello delle tassazione, o quello del debito pubblico in rapporto al Pil, qualunque essi siano, siano troppo elevati; e altri che penseranno che siano troppo bassi e non sufficienti per soddisfare i bisogni collettivi.

È probabile ancora che altri pensino che il carico fiscale non sia distribuito equamente tra la collettività. Altri, invece, che le risorse finanziarie raccolte non vengano spese in modo efficiente, o in modo equo. Lo stesso vale per il livello della regolamentazione delle attività economiche e sociali, che è ritenuto da alcuni eccessivo, costoso e troppo limitante della libertà personale, e da altri come scarso. Questi dibattiti rendono le democrazie eccitanti e, a volte, luoghi difficili in cui vivere e facili da criticare. Inoltre, fanno sì che alcuni individui pensino con nostalgia ai tempi e ai luoghi in cui le decisioni sono state, o sono, prese in modo meno democratico e più rapidamente dai governi autoritari. Inoltre, nell’usuale quadro che ha caratterizzato le decisioni di finanza pubblica, è rimasto il presupposto che i beni pubblici siano nazionali e che la loro fornitura richieda politiche nazionali e non quelle multinazionali o globali. Nell'ultimo secolo, le opinioni sulla tassazione sono cambiate in modo significativo e, più in generale, anche quelle sul ruolo economico desiderabile che il settore pubblico dovrebbe svolgere nell'economia. In generale, e riconoscendo la forte opposizione che ha continuato a provenire da gruppi libertari o conservatori, il ruolo auspicabile del governo è stato esteso negli ultimi decenni. In particolare con lo scopo di: (a) ridistribuire un po' di Pil e un po' di ricchezza, dai cittadini più ricchi ai più poveri meritevoli, quando la distribuzione determinata dal mercato non è considerata equa ed è diventata troppo diseguale; b) di promuovere, con le loro politiche, il pieno impiego del lavoro e del capitale, specialmente durante le recessioni; e (c) di promuovere una migliore allocazione delle risorse per far fronte ai beni pubblici nazionali e ai vari fallimenti del mercato che esistono nella maggior parte delle economie di mercato. Il livello fiscale desiderabile e l'uso del gettito fiscale sono stati normalmente considerati, dagli esperti fiscali e dai governi, come quelli richiesti dai paesi durante i periodi normali e non durante i periodi di crisi o di guerra.

In tempi normali e pacifici, il livello della tassazione e la struttura fiscale sono stati ritenuti sufficienti per soddisfare le normali esigenze della collettività e delle imprese in mercati efficienti in un sistema politico democratico. Questo sistema è solitamente quello che orienta le politiche del governo verso il sostegno dei cittadini votanti e verso l'obiettivo politico di rimanere al potere, vincendo le prossime elezioni. Le tasse, pertanto, dovrebbero essere efficienti nel loro impatto a lungo termine e sufficienti a soddisfare i bisogni ordinari e immediati dei cittadini; e così sono i regolamenti delle attività economiche e sociali. Questi insomma sono stati i principi fondamentali che hanno consentito con successo nel trentennio glorioso: 1945-1975 di far sì che le economie degli Stati e gli abitanti prosperassero. Da allora è stato sempre più difficile per i governi promuovere obiettivi collettivi e/o nazionali che soddisfacessero la gran parte della popolazione e sono comparse delle fratture che non si è riusciti più a sanare. Tra centro e periferia; stato e chiesa, città e campagna e tra operai e datori di lavoro. Quello che stiamo vedendo nella stagione attuale è l’effetto politico dell'intreccio perverso tra il sovraccarico di competenze statali unito all'altrettanto sovraccarico di aspettative dei cittadini che vorrebbero per loro e per i loro figli un futuro migliore. Il tutto in un contesto di crollo della crescita della produttività e quindi del tasso di crescita di lungo periodo del Pil. In buona sostanza, dal dopoguerra ad oggi, le competenze degli stati sono enormemente aumentate e la crescita economica dal 1945 in poi guidata da una crescita della produttività come non si era mai vista prima, ha permesso da un lato l’aumento delle condizioni di vita di tutti i cittadini, dall’altro la possibilità di finanziare proprio l’aumento delle competenze statali citato sopra.

Queste ultime a loro volta hanno aumentato il benessere esattamente delle fasce di cittadini riconducibili alle due fratture politiche attualmente più colpite dalle crisi ed in ultimo dalla pandemia e dagli effetti negativi del conflitto russo-ucraino. Si sta parlando della frattura città-campagna e di quella lavoratori-datori di lavoro. Ma condizioni di vita sempre migliori hanno portato la popolazione anche ad aumentare in modo similare le proprie aspettative di vita (inteso come la capacità di aumentare in futuro il proprio benessere). Ma tutte queste aspettative oggi sono al ribasso. A causa del crollo strutturale del tasso di crescita della produttività che è inferiore ad uno e del sovraccarico di competenze che lo stato non può più gestire in modo efficiente. In un simile contesto nessun sistema politico e nessuna forza politica occidentali possono soddisfare, anche volendo, le aspettative di crescita del benessere che i cittadini si aspettano. E questo perché quelle aspettative sono ‘tarate’ su tassi di crescita del Pil non più raggiungibili. Ho voluto fare questo excursus traendo anche ispirazione da un recente libro pubblicato da Vito Tanzi: Fragile futures, Cambridge University Press 2022, per introdurre un dibattito che spero altri riprenderanno sulle prospettive dell’Italia a meno di due mesi dalle elezioni politiche. Nel nostro paese con la produttività, il Pil ed i redditi in ristagno o regressione da oltre 30 anni, con una situazione finanziaria che rende ogni crisi globale una palla al piede, e ora con un'inflazione alimentata principalmente dalla crisi energetica, la situazione socio-economica è in continuo peggioramento.

Alla luce di ciò cosa propone la politica?: 1) visto che la soluzione del problema produttività risolverebbe in automatico anche i problemi di stagnazione dei redditi, sostenibilità del debito pubblico, disoccupazione, e povertà assoluta. Quale partito in lizza ha un programma credibile a riguardo?; 2) La soluzione del debito pubblico elevato richiede in primo luogo di risolvere il problema della bassa crescita del Pil e in seconda battuta di raggiungere o perlomeno di avvicinarsi per un periodo prolungato al pareggio di bilancio. Quale partito ha un programma credibile riguardo le finanze pubbliche?; 3) La soluzione del problema energetico richiede di differenziare le fonti energetiche e i fornitori, e quindi investire in pipeline, trivelle, rigassificatori, termovalorizzatori, raffinerie, ma anche in fonti energetiche alternative (e l'unica alternativa reale agli idrocarburi è il nucleare: le altre sono palliativi), in efficienza energetica, in elettrificazione dei trasporti e dei riscaldamenti (ma solo se si torna al nucleare, altrimenti si brucia carbone). Nessuno di questi problemi naturalmente si risolve neanche in una legislatura (cinque anni), e quindi si richiede una pazienza almeno decennale per un cambiamento profondo delle politiche clientelari che hanno caratterizzato l'Italia nell'ultimo mezzo secolo. L'instabilità politica italiana rende difficile un tale percorso, e l'elevato frazionamento del potere politico rende difficile un cambiamento profondo senza larghe intese. Al riguardo chi scrive è estremamente pessimista, ma visto che l'unica via di uscita è avere un governo che affronti i problemi (1), (2) e (3) con serietà, non ci si può sottrarre dall’obbligo di cercare di convincere quanti più italiani possibili, a qualunque livello, di questa necessità. Il che, data la pessima qualità del dibattito pubblico, è altrettanto difficile l’avere un'azione di governo coraggiosa e lungimirante per un periodo di almeno un paio di legislature. Noi cosa potremmo fare? Cominciare col votare soltanto chi propone soluzioni credibili a (1), (2) e (3), e a chiedere a chiunque proponga cose insensate a riguardo perché vuole preservare il declino dell’Italia o portarla al collasso.

Marco Boleo




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