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12/04/2022
'Si vis bellum, para bellum'
Se dovesse scoppiare una terza guerra mondiale non sarebbe nell’immediato, ma la stanno già preparando.

Generalmente la frase corretta sarebbe: “Si vis pacem, para bellum”, ad indicare, cioè, l’atteggiamento da tenere nel non fare scoppiare una guerra nel consesso degli Stati, dove la legge del più forte è da deterrente per mantenere una sia pur apparente situazione di quiete. Quello che qui interessa, invece, è comprendere come gli Stati giungano a fare scoppiare una guerra, cioè individuare le origini nascoste di un conflitto che, spesso, sono ben occultate dalla propaganda, sempre velati da proclami pacifisti. Giusto per fare un salto nel passato, prendiamo come esempio le conquista romane: Roma, dagli storiografi di quel tempo, fu presentata come la potenza che necessariamente doveva intervenire nei conflitti, o perché avrebbe dovuto difendersi dalla minaccia di un nemico esterno, oppure per esportare la civiltà tra genti barbare. La stressa cosa si presenta, facendo un lunghissimo salto nel tempo, ai giorni nostri: l’esportazione della democrazia negli Stati oppressi, o minacciati da sistemi politici autoritari. L’opinione pubblica, a fronte di tale fase propagandistica, si suddivide, come sempre succede, tra fautori o oppositori tra le fazioni in guerra. Ciò che sfugge, in realtà, è l’obiettivo che si vuole raggiungere e che, spesso, va oltre l’interesse immediato degli Stati coinvolti in un determinato conflitto. Prendiamo alcuni esempi e partiamo dalla prima guerra mondiale: tutti conosciamo quali fossero gli interessi e le rivendicazioni degli Stati coinvolti, e che erano sotto gli occhi di tutti, ma la guerra non esplose nel 1914, essa fu preparata negli anni precedenti in maniera meticolosa.

Infatti, già a partire dal 1910 in piena “Belle Epoque”, nei vari congressi internazionali duranti i quali si inneggiava alla pace fra i popoli, sorgeva la domanda: se fosse scoppiata una guerra, quali caratteristiche avrebbe avuto? La risposta unanime era che sarebbe stata una guerra mondiale, con conseguenze distruttive per l’Europa; tutti tenevano gli occhi puntati su due Stati: Germania e Russia, con Serbia e Austria-Ungheria che litigavano tra di loro. I movimenti di alleanze che si intrecciavano nel corso dei tempi rendeva chiaro l’obiettivo che c’era in gioco, cioè lo sbocco sul mare Adriatico. Nei fatti, a nord Germania e Russia erano ostacolate dai paesi baltici e dalla presenza navale dell’Inghilterra, mentre l’unico sbocco possibile era rappresentato dal mare Adriatico: per la Germania dai porti resi utili grazie all’alleanza con l’impero asburgico, per la Russia grazie al corridoio concesso dalla Serbia in cambio di un protettorato nel caso fossero state minacciate le aspirazioni alla costituzione di una “Grande Serbia” sulle ceneri dell’impero ottomano, ormai in via di disgregazione. L’attentato di Sarajevo e l’ultimatum austriaco furono solo lo strumento, come ben sappiamo, che fecero scoppiare la guerra; non dimentichiamo, però, che la Serbia aveva accettato tutte le richieste dell’Austria, tranne la presenza nel suo territorio dell’esercito austriaco. Fu la Germania a spingere l’Austria a insistere e dichiarare la guerra, cosa che avrebbe provocato l’intervento della Russia, mentre dall’altro lato aiutò Lenin a tornare dall’esilio in Russia al fianco dei Bolscevichi nella fase rivoluzionaria, così da ottenere il ritiro di quella Nazione dalla guerra. Il resto segue la storia che conosciamo dai libri, mentre solo in pochi si pongono la domanda: perché solo la Germania fu costretta a pagare i danni di guerra? Ecco, la risposta è nascosta nei meandri dei reali obiettivi che due Nazioni avevano e che coinvolsero il mondo intero in una guerra preparata a tavolino negli anni precedenti i fatti bellici.

Una situazione uguale e contraria succede con Hitler, il quale, attraverso la propaganda dello “spazio vitale” aveva già fatto sorgere in Austria, nei Sudeti e nella Cecoslovacchia partiti filo-nazisti i quali, facendo leva sulla presenza di una folta popolazione di germanofoni, iniziarono a rivendicare la necessità dell’appartenenza alla Germania e, mentre Chamberlain scendeva dall’aereo sventolando fiducioso il patto siglato con Hitler, il dittatore tedesco preparava la sua guerra sventolando al mondo le “giuste” richieste di aiuto da parte dei germanofoni presenti nei vari territori europei; il resto lo raccontano i libri si storia. Vogliamo parlare della guerra tra Russia e Ucraina? Davvero ci si può limitare alla sola volontà di Putin a recuperare i territori russofoni? Se, invece, allargassimo lo sguardo comprendendo gli Stati Uniti e la Cina, avremmo un quadro più ampio e più chiaro, tale da rendere evidente il reale obiettivo di questa atroce guerra che si sta combattendo in piena Europa e che sta dimostrando, a chi ancora non ne sia convinto, l’inutilità di una Unione Europea pronta a dissolversi in quanto bloccata da interessi squisitamente nazionali. Il reale obiettivo è la stabilizzazione dei mari e territori indo-pacifici, mantenere la presenza di armamentari NATO e basi navali specialmente a Taiwan, l’isola continuamente rivendicata dalla Cina; il messaggio è partito, chiaro e forte. A nessuno interessa la disgregazione della Russia, ma essa viene sospinta a ridosso della Cina, nella sua parte asiatica, facendole perdere, ancora una volta, lo sbocco sul mare; ciò ai cinesi non piace, per cui devono considerare le mosse strategiche nelle acque del Pacifico; il resto lo racconteranno i libri di storia, ma quello che ci rimane da considerare è che se dovesse scoppiare una terza guerra mondiale non sarebbe nell’immediato, ma la stanno già preparando.

Alberto Fico




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