PRIMO PIANO
08/04/2022
La nostalgia della Dc
Antonio Polito si è recentemente applicato a un classico periodico del giornalismo italiano degli ultimi decenni.

Provando a coglierne la positiva complessità, pur senza riuscirvi pienamente, in qualche modo pure lui schiacciato sul contingente come accusa essere i protagonisti di tanta politica italiana d’oggi, Antonio Polito si è recentemente applicato a un classico periodico del giornalismo italiano degli ultimi decenni: la nostalgia per la Dc. Richiamando la degasperiana adesione alla Nato dell’aprile 1949 e muovendo/reagendo a un’interessante ricerca di Ipsos realizzata per la Fondazione intitolata al leader trentino, ieri l’altro, sul Corsera scrive che “Ci vorrebbe un’altra Dc. Nell’assistere alla confusione ideale e talvolta anche morale, alle furbizie e ipocrisie del dibattito politico italiano intorno alla guerra all’Ucraina, viene da rivolgersi al passato. Perché la Democrazia Cristiana, che trent’anni fa, proprio in questi giorni, partecipava con il suo simbolo per l’ultima volta alle elezioni, ha commesso molti errori, e anche qualche reato, ma su un punto non ha mai sbagliato: è stata per quarant’anni la garante della collocazione dell’Italia in Occidente, dalla parte giusta della storia”. Un’espressione, quella della collocazione atlantica, che meglio dettaglia e distingue più avanti nel suo pezzo. Non riuscendo, però, a frenare la furia di “convertito” - di comunista (pur migliorista) che non potendo farsi democristiano, per una breve stagione parlamentare, si fece almeno margheritino – sostiene che “questa radice occidentalista (sic!) del resto non impedì alla Dc di essere anche europeista con De Gasperi, neo-atlantista e mediterranea con Fanfani, filo-palestinese con Andreotti”. Troppo poco e non proprio bene, questa postilla!

L’insufficiente comprensione dell’originale salvaguardia della sovranità italiana operata dalla Democrazia Cristiana negli anni della Guerra Fredda, con una certa furia di riproporne “a calco” gli schemi rispetto all’odierna guerreggiata “guerra regionale” che rischia di farsi paneuropea (questa sì faccenda “occidentalista”!), è probabilmente causa anche dell’altro parziale abbaglio del suo comunque interessante pezzo: la permanenza trasversale di un certo portato della Dc, senza la possibilità di un’originale presenza europopolare. Altra contraddizione, in un’analisi fondata sulla denuncia della riconduzione del tutto alla bassa cucina domestica, questo eliminare dalla considerazione la decisiva questione delle famiglie politiche europee e dello specifico originale contributo che i cattolici, auspicabilmente superate le fratture fra integristi della morale e iperconciliaristi del sociale, anche nel solco proprio della peculiare posizione che il Pontefice sta tenendo rispetto al conflitto. “Gli ex elettori scudocrociati del ’92 – evidenzia Polito riassumendo una delle risultanze dell’indagine demoscopica su richiamata - riversano oggi i loro voti principalmente al Pd (13,8%) e a Fratelli d’Italia (13,4%); cioè ai due partiti più coerentemente schierati dalla parte dell’Europa e dell’Occidente nella crisi ucraina e più attenti alla dimensione internazionale della politica”.

Secondo l’ex vicedirettore di Repubblica ai tempi di Tangentopoli, “C’è da chiedersi se questo seme potrà germogliare in un sistema politico italiano che ha oggi al suo centro un grande buco nero, un partito di maggioranza relativa che non lo è più, che non ha una sua idea della politica estera, e soprattutto tende a subordinarla agli interessi contingenti della politica interna. Naturalmente non nascerà una nuova Dc. Ma nei due schieramenti potrebbero saldarsi intorno al Pd e a FdI poli che garantiscano, anche nell’alternanza delle maggioranze, la collocazione del Paese”. In subordine, per l’editorialista, “potrebbe un giorno nascere al centro una maggioranza ridefinita da questa guerra, unita dalla politica estera e di difesa, garante dell’europeismo e del rapporto transatlantico, corazzata contro gli avventurismi filo-russi o filo-cinesi. Ma, per nascere, avrebbe bisogno di una legge elettorale proporzionale. Proprio ciò che i due maggiori eredi del voto democristiano, Pd e FdI, per ora rifiutano”. La concessione che una diversa ricomposizione – e senza eccentricità geopolitiche - possa avvenire solo con una riforma elettorale più attenta alla qualità della rappresentanza (per altro auspicabile, e da queste colonne sempre auspicata) è davvero un pessimo servizio reso a un’esperienza di cui si vorrebbe affermare la permanenza di generatività (almeno indiretta). Sia come sia, al cronista che stende queste povere righe, vedendo che a via Solferino è nuovamente venuto il tempo interessarsi del cattolicesimo politico che fu, magari per guidare quello che sarà, torna alla mente una certa collana di libri e l’indotto clamore mediatico per il riunirsi dell’associazionismo in una suggestiva località della provincia perugina. A pensar male…

 Marco Margrita




Via Luigi Luzzatti 13/a - 00185 ROMA - Tel +39-06-7005110 - Fax +39-06-77260847 - [email protected]
2012 developed by digitalset digitalSet