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01/04/2022
La credibilità e uno scenario di crisi complesso da gestire
Se la crisi dovesse aggravarsi i governi saranno chiamati a sostenere le entità che più soffrono a causa della guerra e delle sanzioni.

Una delle parole più importanti nel vocabolario della politica e dell’economia è la credibilità. Nel contempo è una delle condizioni più difficili da generare e conservare. Ci vogliono anni per guadagnarla ed un amen per perderla. Ne sanno qualcosa le autorità di politica economica. Quella monetaria in mano ai Governatori o Presidenti delle Banche Centrali e quella fiscale nelle mani dei Ministri dell’Economia e del Consiglio dei Ministri. Alcuni esempi tratti dalla storia passata e da quella attuale. Negli anni ‘70 del secolo breve la comparsa del primo shock dal lato dell’offerta nel 1973 (quadruplicazione del costo di un barile di petrolio da 2,5 dollari a 10), trovò impreparate le Autorità di politica economica. L’inflazione a due cifre era un animale strano che fino ad allora a partire dal dopoguerra non era mai stato avvistato. Le politiche di stimolo della domanda (keynesiane) si erano tramutate in più Pil è più occupazione. Mentre l’inflazione era rimasta al palo. Nei ricordati anni ‘70 la politica monetaria divenne espansiva per combattere la disoccupazione, ma l’espansione dell'offerta di moneta aumentò i prezzi, e ridusse temporaneamente i salari. Il risultato fu una spirale inflazionistica da rincorsa prezzi-salari, senza benefici reali sulla disoccupazione. Anzi comparve la stagflazione: la disoccupazione e l’inflazione aumentavano in presenza di un ristagno nella crescita del Pil. Ci torneremo visto che nell’anno in corso per l’eredità della lotta alla pandemia e del conflitto russo-ucraino in corso siamo di nuovo alle prese con la stagflazione. Nel caso la politica monetaria, invece, venga utilizzata per salvare la finanza e gli Stati, questi ultimi imparano a prendere più rischi confidando nel ruolo di prestatore di ultima istanza della Banca Centrale.

Il risultato di questo azzardo morale è una fragilità sistemica ed un inefficienza nell'allocazione dei capitali. Quando nello statuto della Banca Centrale Europea venne scritto che quest’ultima non avrebbe salvato gli stati sovrani dell'Eurozona, nessuno ci credette, gli spread si azzerarono (il rischio cambio con l’introduzione dell’euro sparì) e gli stati ad alto rischio ebbero centinaia di miliardi a buon mercato da sprecare. Come è andata a finire lo sappiamo tutti. La BCE col ‘whatever it takes’ di Mario Draghi è arrivata a salvare capre e cavoli ma alimentando un azzardo morale che la fa da padrone tuttora. Uscendo dall’ambito economico alcuni ‘se’ sull’invasione russa per continuare a parlare di credibilità. Se la Russia ha ritenuto di poter invadere una nazione sovrana, l’Ucraina, era perché non faceva parte della NATO, e perché aveva una elevata probabilità di non entrare in conflitto con lo zio Sam. Se la Russia opterà di usare armi non convenzionali in Ucraina, è perché assegnerà una bassa probabilità ad un intervento degli Stati Uniti. Se la Russia riterrà di attaccare un paese NATO, dopo l’invasione dell’Ucraina sarà perché non valuterà credibile la promessa di mutuo soccorso militare. La credibilità è fondamentale per prevenire problemi: dalla stagflazione alle guerre mondiali. Ma per averla bisogna avere una reputazione di rigidità, lungimiranza, e capacità di sopportare costi e non di fare il gioco delle tre carte a seconda delle contingenze. Uno scenario di crisi così complesso in un contesto generale di inflazione elevata e in aumento è particolarmente difficile da gestire sia per le Banche Centrali in quanto custodi sia della politica valutaria che di quella macroprudenziale che per quelle fiscali.

La risposta della politica macroprudenziale richiede vaste iniezioni di liquidità. Tuttavia, le banche centrali, con il loro occhio puntato sull'inflazione che si avvicina al 10%, saranno reticenti a creare più liquidità tramite il Quantitative Easing e tassi di interesse a buon mercato. Potrebbero, ovviamente, fornire prestiti garantiti su larga scala, che a loro volta sollevano preoccupazioni sul ruolo degli Istituti di credito del settore privato. Le Banche Centrali finora hanno beneficiato del fatto che la politica macroprudenziale e la politica monetaria sono andate a braccetto negli ultimi dieci anni e mezzo, ma non di più. La politica monetaria attuale richiedendo meno liquidità dovrà giocoforza opporsi a qualsiasi esigenza macroprudenziale emergente di maggiore liquidità (per salvare gli Istituti di credito europei esposti in Russia). Gli operatori di mercato questo lo sanno, e quindi un'interruzione relativamente minore della liquidità potrebbe portare a una profezia che si autoavvera. Le Banche Centrali dopo aver fatto ‘tutto il necessario’ negli ultimi dieci anni e mezzo, ora hanno poche munizioni nella loro santabarbara per combattere le conseguenze della guerra in Ucraina e delle sanzioni applicate alla Russia. I Governi se la crisi dovesse aggravarsi saranno chiamati a sostenere le entità che più soffrono a causa della guerra e delle sanzioni. Ma sono in una posizione sfavorevole per farlo, con il debito sovrano a livelli record in tempo di pace, le entrate che potrebbero diminuire e un inflazione elevata e in aumento. Nel caso la crisi si acuisca i Governi non avranno altra scelta che monetizzare gli interventi, alimentando ulteriormente l'inflazione.

La conseguenza pertanto potrebbe essere una crescente frammentazione dell'Europa. Visto che alcuni Stati hanno economie forti e una buona posizione fiscale e quindi riusciranno molto più facilmente a superare la crisi, mentre le altre economie europee più indebitate dovranno affrontare sfide più serie. Altro aspetto da monitorare saranno le conseguenze politiche ed economiche delle sanzioni occidentali contro la Russia. In assenza di una reazione di quest’ultima si potrebbe scongiurare un rischio sistemico. Ma lo scenario è destinato a cambiare se la Russia sceglierà di vendicarsi tagliando le forniture di gas all'Europa, e anche in caso contrario, più a lungo durerà la guerra e più severe diventeranno le sanzioni, peggiori saranno le condizioni del sistema finanziario e dell'economia reale. Le autorità di regolamentazione hanno 150 anni di esperienza alle spalle maturati nell'affrontare le crisi finanziarie che si sono avvicendate, ma il loro strumento preferito, l’iniezione di liquidità, attualmente è difficile da maneggiare a causa dell'inflazione e delle deboli posizioni fiscali di alcuni Stati. Al momento stiamo ancora sulle ali dell'entusiasmo delle Banche Centrali per la creazione di liquidità negli anni successivi al 2008, al 2011 in Europa, ed a livello mondiale nel 2020. Questi interventi sono stati utili alla stabilità economico-finanziaria, ma il loro lascito colloca ora le Autorità di politica economica su un pendio scosceso per rispondere all'attuale crisi, in particolare data la sua focalizzazione sull’economia reale piuttosto che su quella finanziaria.

 Marco Boleo




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