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29/03/2022
Quando si censura il Papa
L’Europa quindi dovrebbe dotarsi di una politica militare unica, che comporta però anche una politica estera unica.

Parafrasando Winston Churchill potremmo dire che una coltre di ferro ha ricoperto l’Europa, quella del pensiero unico sulla guerra in Ucraina. Pensiero unico che non permette di avere una idea diversa, si badi bene, non sulle responsabilità russe nell’aver iniziato la guerra, ma addirittura sul modo di uscirne. Chi parla della necessità di una mediazione per arrivare ad un cessate il fuoco, viene accusato di voler impedire al popolo ucraino di difendersi, e viene additato come complice di Putin. L’unica soluzione secondo gli USA è armare sempre più l’Ucraina, rendere insostenibile in termini di vite umane e di denaro la guerra per la Russia, strangolarne l’economia, sperando in una rivolta degli “oligarchi” contro Putin e quindi determinarne la caduta, come se il rovesciamento di Putin eliminasse in un colpo solo le ragioni di un conflitto e, memori di quanto successo in Libia, non potesse rischiare di aprire scenari di caos che, se drammatici in una nazione come la Libia, sarebbero pericolosissimi in una nazione dotata di un formidabile apparato nucleare come la Russia. Ritornano in mente le parole del Presidente Dwight Eisenhower: “Dobbiamo guardarci le spalle contro l’acquisizione di influenze che non diano garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Il potenziale per l’ascesa disastrosa di poteri che scavalcano la loro sede e le loro prerogative esiste ora e persisterà in futuro. Ed Ike se ne intendeva. Esemplare il caso delle dichiarazioni di Papa Francesco sull’aumento delle spese militari: “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2 per cento del PIL nell’acquisto di armi come risposta a quello che sta accadendo adesso. Pazzia”.

Parole durissime queste di Papa Francesco, che avrebbero dovuto aprire un grande dibattito. Invece nulla, silenzio di tomba. I grandi giornali, con le testate italiane in prima fila, hanno fatto passare in silenzio queste parole. È incredibile come Corsera Repubblica e Stampa, tanto sollecite ad esaltare Papa Francesco e a dedicargli pagine intere quando dice “Chi sono io per giudicare”, prendendo per di più la metà di una frase, lo ignorano completamente quando dice cose che non fanno comodo al pensiero unico. Anche Biden tace su Papa Francesco, eppure come cattolico dovrebbe prestare attenzione a quello che dice il Santo Padre. In Polonia tace volutamente, e colpevolmente, sulle parole di Papa Francesco e cita “il coraggio di Papa Giovanni Paolo II in un discorso che di cristiano non ha nulla e che è un vero e proprio inno alla guerra. Il “cattolico” Biden dovrebbe sapere che le armi di papa Wojtyla erano il dialogo e la non violenza. Fu soprattutto un mediatore, fra Est, Ovest e popoli che vivevano nei regimi comunisti. Le dinamiche che hanno portato alla caduta del Muro sono ampie: Giovanni Paolo II fu importantissimo nel favorire il processo e, soprattutto, le modalità pacifiche. Insomma, poteva finire molto peggio, poteva finire con una guerra civile. Invece, a parte la Romania, la fine dei regimi comunisti è stata relativamente pacifica, e in questo Wojtyla è stato una guida. In Polonia, per esempio, lui favorì la crescita graduale della coscienza di libertà nelle persone: sapeva che così il regime si sarebbe logorato da sé, senza scontri. Anche per questo frenò gli impazienti, cioè quei movimenti di rivolta all’interno dei Paesi dell’Est che sarebbero potuti sfociare nella violenza. Inoltre, il “cattolico” Biden dovrebbe sapere che la visione dell’Europa di papa Giovanni Paolo II era una visione ampia, quella di “Un’Europa dall’atlantico agli Urali”.

Dall’Ovest all’Est, unendo quindi i suoi due polmoni: l’Europa occidentale e quella orientale che lui conosceva bene per motivi biografici. Quindi un’idea di continente unico, in cui dovevano sciogliersi sia la NATO che il Patto di Varsavia. Il tema delle spese militari, affrontato da Papa Bergoglio, è di assoluta preminenza oggi. Implica conseguenze importanti per la nostra politica economica, per la nostra politica di difesa e per la nostra politica estera. Da decenni gli USA chiedono ai paesi europei di aumentare le spese militari. All’inizio la motivazione di questa richiesta era data dal fatto che gli americani volevano ridurre il loro impegno militare nel teatro europeo, giudicato oramai non centrale nella politica difensiva degli USA. Oggi le cose sono cambiate. Gli USA aumentano la loro presenza militare in Europa e contemporaneamente chiedono agli alleati di spendere di più per rafforzare la NATO. Discutere su questo e confrontare le diverse opinione dovrebbe, non solo essere lecito, ma addirittura necessario. Intanto prendere per riferimento la percentuale rispetto al PIL è fuorviante. Occorre ragionare in termini di spesa assoluta. Il motivo è addirittura elementare. Un aereo F35 costa all’incirca 100 milioni di dollari per tutti, non ha costi diversi a seconda del PIL. La capacità difensiva di un Paese è determinata, ad esempio, da quanti F35 puoi comprare, da quanti carri armati e così via. Ragionare in termini di percentuale può essere insufficiente nel caso di alcuni Paesi, o eccessivo nel caso di altri. Vediamo allora come sono le cose in termini assoluti. I dati li prendiamo dallo Stockholm International Peace Research Institute.

Dai dati del SIPRI risulta che la spesa militare stimata corrisponde a 1.981 miliardi di dollari (record assoluto dai tempi della guerra fredda), che gli USA spendono 778 mld di $, la Cina 252, la Russia 61,7 superata anche dall’India che spende 72,9. Se l’antagonista europeo è la Russia è alla sua spesa che dobbiamo riferirci. Ebbene i Paesi europei, nel loro complesso, nel 2020 hanno speso 378 mld di dollari, oltre sei volte quanto speso dalla Russia. Il problema, quindi, dovrebbe essere come spendere bene questi soldi. Se infatti aumentiamo gli importi, continuando a spenderli male non risolviamo nulla. Il punto centrale è la frammentazione dei sistemi difensivi. Ogni paese spende per conto suo, sceglie suoi sistemi di armi diversi per ogni singolo paese europeo. Questo aumenta incredibilmente la spesa senza aumentare l’efficienza militare. L’Europa quindi dovrebbe dotarsi di una politica militare unica, che comporta però anche una politica estera unica. Questo non solo migliorerebbe enormemente, a costi invariati, la sua difesa, ma comporterebbe anche un grande passo avanti verso la politica comune europea. Non ci dimentichiamo che il sogno europeo di De Gasperi si infranse nel fallimento della CED, determinato dal voto del parlamento francese. Fallita la CED, fallì anche il progetto della CEP (Comunità Politica Europea), e si intraprese la strada di Monnet, quella della sola integrazione economica. Oggi i tempi sono maturi per una vera Unione Europea, unità politica assolutamente necessaria per darci sicurezza e prospettive future, sia dal punto di vista militare che economico.

Giancarlo Moretti




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