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24/03/2022
Le manovre monetarie del signor V. Putin
La strategia di Putin non intacca i prezzi reali delle materie prime, quelli che contano davvero.

La minaccia di Vladimir Putin che d'ora in avanti l'acquisto di gas e di petrolio potrà avvenire presso mamma Russia solo in rubli è stata interpretata un po' ovunque con un ignoranza fuori dal comune. Vediamo le dichiarazioni estreme. I sovranisti da una parte l’hanno subito sbandierata come una prova di forza da parte di chi batte moneta sovrana: l'abile giocatore Putin nel suo 'gioco del pollo’ impone il rublo come moneta per gli scambi ed ora saranno guai per il povero occidente alla canna del gas. Mah! I soliti idioti che hanno perso l'occasione di rimanere in silenzio accettando il consiglio di Oscar Wilde. Dall’altra, c’è chi che con altrettanta sfrontatezza l'ha interpretata come un gesto karakiri da parte di Mosca: considerato che il rublo si è deprezzato del 40% dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, quell’ingenuo di Putin ci farà pagare gas e petrolio il 40% in meno. Per la cronaca apparentemente anche un professore di una prestigiosa università del nord è tra questi. Non so se l’abbia twittato come provocazione. Lo spero. Che dire! Entrambe le dichiarazioni dimostrano che prima di aprir bocca bisognerebbe prima ragionare. La manovra di Putin non intacca i prezzi reali delle materie prime, quelli che contano davvero, dal momento che se il rublo oscilla in alto o in basso nelle quotazioni rispetto all’euro o al dollaro, anche il più sprovveduto capisce che occorreranno più rubli (o meno) per comprare la stessa quantità di gas o petrolio, a meno che chi la commercia non sappia far di conto.

Nel Caso Putin attui il provvedimento, visto che ci sono già contratti in essere indicanti la valuta con la quale regolare la transazione, chi compra gas o petrolio dovrà semplicemente cambiare la propria valuta in rubli presso la Banca Centrale russa e poi effettuare gli acquisti, con il risultato che i dollari o euro che siano non finiranno più nelle tasche di Gazprom, ma in quelle più capienti della Banca Centrale russa. Insomma per i compratori occidentali nulla cambierebbe, considerato che come prima della mossa di Putin, cederanno propria valuta e acquisteranno gas o petrolio. Nel caso l’autocrate rendesse effettiva la minaccia se c'è qualcuno che avrebbe da lamentarsi è semmai la società Gazprom che per ottenere valute estere con la quale effettuare transazioni fuori dai confini russi dovrà interpellare la Banca Centrale russa e procurarsela, mentre prima poteva attingere direttamente alle proprie disponibilità rimpinguate dagli acquirenti del gas. Detto in altre parole, il Governo russo diviene monopsonista della valuta estera, perché non si fida dei produttori di energia domestici e teme l'esportazione (incontrollata) di valuta pregiata. Come è già accaduto. Nulla di nuovo sotto il sole, in Italia questa pratica è rimasta in auge almeno fino all’introduzione dell’euro, quando la Banca d’Italia regolava il mercato valutario. Mentre nei Paesi del Cono Sud ancora è utilizzata alla grande. I bene informati chiamano questa pratica repressione finanziaria interna. L’unica cosa che cambierebbe alla fine è che la Banca Centrale russa messa all’angolo dalle sanzioni economiche tornerebbe al centro delle operazioni monetarie ed il rublo recupererebbe valore almeno nel breve periodo. Con la Banca Centrale che torna a controllare l'offerta di rubli, infatti, questo le dà un certo margine di manovra per generare una domanda in eccesso (di rubli) e rivalutare il tasso di cambio. Ma solo momentaneamente. Infatti il rublo si è già ritirato dopo un rally iniziale.

Marco Boleo




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