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15/03/2022
Tutti sulla stessa barca
Le turbolenze in atto nei mercati dell'energia, dei metalli e dei prodotti alimentari sono repentine e di ampia portata

Alle porte della quarta settimana di guerra. Per gli ottimisti dal lato dell'aggressore, i russi già sarebbero dovuti arrivare ad occupare la capitale dell’Ucraina Kiev e creare un governo con un Presidente fantoccio indicato da Vladimir Putin. Per gli ottimisti dal lato del difensore, invece, la Russia già avrebbe dovuto esaurire, in seguito alle sanzioni, le risorse finanziarie per rifornire i combattenti, perso una percentuale significativa dell'equipaggiamento, e fatto fuori l’autocrate Putin per tornare allo status quo. Come è noto nulla di quanto richiamato sopra è avvenuto, di conseguenza per ora c’è da attendersi ancora lunghe settimane di guerra, con migliaia di morti russi, ovviamente militari, e migliaia di morti ucraini, in gran parte civili. Ci sono inoltre segnali che i russi non siano in grado di usare armi avanzate, probabilmente per problemi di scorte, e che siano quindi suscettibili a lanci di missili anticarro e antiaereo anche se a corta gittata da parte ucraina. Un fattore che contribuisce a  riequilibrare seppur parzialmente le disparità presenti sullo scenario di guerra. Lasciando però gli approfondimenti su questi temi agli esperti del settore continueremo ad occuparci delle prospettive economiche della guerra. È ormai chiaro che il conflitto in corso sta innescando il più grande shock per le materie prime a partire dal 1973 e una delle peggiori interruzioni delle forniture di grano dalla prima guerra mondiale. La gente comune deve ancora sentire tutti gli effetti dell'aumento delle bollette di luce e gas e della benzina, dello stomaco vuoto e dell'instabilità politica, sebbene gli scambi di merci siano già nel caos. A Mosca il prezzo del pane è alle stelle e viene venduto a rate. Un filone di pane artigianale sul banco di un supermercato viene venduto a 143,75 rubli, circa un euro e 9 centesimi (rispetto al cambio attuale).  All'inizio del mese lo stesso si trovava mediamente a 30 rubli. In due settimane oltre il 370% di aumento. Un quadro in evoluzione che sarà destinato a peggiorare se le sanzioni alla Russia si inaspriranno ulteriormente e se l’autocrate Putin deciderà di vendicarsi a sua volta.

I governi occidentali sono chiamati a rispondere a questo shock con la stessa determinazione dell'aggressione di Putin all’Ucraina. Le turbolenze in atto nei mercati dell'energia, dei metalli e dei prodotti alimentari sono repentine e di ampia portata. Shock indesiderati diretta conseguenza dell’invasione ed il successivo isolamento della Russia, uno dei paesi maggiori esportatori di materie prime del globo. Le sanzioni occidentali contro le banche russe hanno messo in guardia Istituti di credito, assicuratori e compagnie di navigazione nei confronti di accordi conclusi per trasportare carichi russi, lasciando stock crescenti di metalli industriali invenduti e una flotta di petroliere piene di greggio degli Urali non desiderato dai consueti acquirenti. L'invasione russa dell'Ucraina sta pertanto ridisegnando radicalmente il panorama economico, politico e di sicurezza globale. Politicamente, sta allontanando la Russia dall'Europa. Ha raddoppiato l'impegno dei paesi membri della NATO nei confronti della loro alleanza e ha portato la Germania ad abbandonare la sua avversione alla spesa militare. Dal punto di vista economico, essa fa presagire un lungo periodo di prezzi dell'energia elevati, mentre l'Europa cerca di svezzarsi dal petrolio e dal gas russo, aumentando a sua volta lo spettro della stagflazione (ristagno della crescita economica in coabitazione con l’aumento dei prezzi). Per il momento si potrebbe far fronte all’aumento del prezzo di petrolio con l’accelerazione della messa a disposizione da parte dei paesi ricchi di 1,5 miliardi di barili di petrolio ‘stoccati’ e con il ritorno alla produzione di petrolio da scisti negli Usa (Biden però dovrà essere convincente). L'Unione Europea dovrà promuovere o prolungare l'uso dell’energia nucleare, di quella rinnovabile e di quella derivante dall’utilizzo del carbone, in modo da fare scorta di gas per l'inverno 2022.

Dovrebbe anche prepararsi allo scenario peggiore: il razionamento del gas. I governi dei paesi ricchi dovrebbero preoccuparsi di proteggere quelli più poveri. Visto che qualunque siano le privazioni dei paesi ricchi, quelli più poveri sono in guai peggiori. Lo stimolo potrebbe significare tassi di interesse o tasse più elevati, ma vale la pena correre questo rischio per proteggere tutto il mondo da un aggressore. Pertanto l'Occidente è chiamato a rafforzare la rete di sicurezza finanziaria globale. Alcuni paesi importatori di cibo e petrolio potrebbero trovarsi di fronte a un disavanzo della bilancia dei pagamenti ed al crollo delle loro valute. I governi rispondono a questa eventualità rafforzando i loro sistemi finanziari contro il rischio valutario. Impedendo alle loro banche e aziende di incorrere in eccessive passività in valuta estera. Nel caso ciò dovesse accadere là ricordata rete di sicurezza finanziaria dovrebbe aiutarli. Nella stessa Europa, alcuni paesi, come quelli baltici, sono vulnerabili alla riduzione delle forniture di gas. La Federal Reserve ed il FMI da parte loro dovrebbero facilitare l'accesso ai prestiti in valuta forte per i paesi amici ma fragili. Mentre l'Europa dovrebbe portare avanti l'idea di emettere debito comune per contribuire a ripartire i costi della crisi. Un mondo che affronta una carenza di materie prime fossili ci riporta dritti al primo shock petrolifero del 1973. Non allo stesso modo ma è esattamente la situazione che dovremmo attenderci. Allora trovò tutti impreparati. Attualmente, invece, dopo decenni di deriva, finalmente l'Occidente ha mostrato determinazione e coesione affrontando l'aggressione di Putin. Il prossimo passo dovrebbe essere quello di far corrispondere a tutto ciò fatti concreti: mostrando una leadership forte nonostante la tempesta economica in atto.

Marco Boleo

 




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