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11/03/2022
I laici e la pro-vocazione di Parolin
Per un Movimento Popolare, fondato su una visione unitaria

“È piuttosto evidente che negli ultimi vent’anni si è consumato un arretramento delle forze di ispirazione cristiana nella vita pubblica, a tutti i livelli”. È quest’esercizio di parresia, davvero benedetto, il fulcro centrale dell’intervista che il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha recentemente rilasciato al “Corriere della Sera”. Pubblicata martedì, alla vigilia del convegno di presentazione della Pubblica Agenda Sussidiaria e Condivisa “Ditelo sui tetti” presso l’aula magna della Pontificia università San Tommaso d’Aquino-Angelicum, assume un rilievo ben maggior al solo lancio di una certo meritevole iniziativa di una settantina di associazioni del laicato cattolico. Un rilevo che viene dalla visione complessiva e integrale della sfida che si trovano di fronte tutti quei credenti che non vogliano cedere al “peccato d’omissione” rispetto all’urgenza di dare un originale contributo socio-politico in questo “cambio d’epoca”. Non si tratta solo di rabberciare una qualche tattica soggettività che traghetti qualcuno nelle istituzioni. Come ha ben chiarito il capo della diplomazia vaticana, nella medesima intervista e nella lectio magistralis tenuta all’incontro romano, “La rilevanza dei cattolici in politica interviene comunque in un momento secondario. Quello primario è la rilevanza nella società. È lì che i cattolici devono essere presenti, visibili, testimoni di una visione e di uno stile di vita ispirato al Vangelo. Questa rilevanza precede l’altra, che ne dovrebbe costituire la conseguenza naturale. Altrimenti è come voler costruire un edificio senza fondamenta. Non può reggere e sarebbe una fatica vana”.

Il processo che va innescato è, dai laici e per il bene comune, è “essere quel “fermento” indicato dal Concilio. Non dobbiamo pensare di certo a riproporre gli schemi del passato, ma a una presenza diffusa che, a partire dall’ambiente sociale e culturale, faccia emergere le istanze loro proprie: istanze che non sono esclusive dei cristiani ma riguardano l’uomo in generale, di ogni luogo e tempo”. Un movimento autenticamente popolare, magari anche capace di ri-animare in questo senso l’identità del Ppe, fondato su una visione unitaria: senza distinzioni, ideologiche o d’interesse, tra l’attenzione ai temi etici e a quelli sociali. L’indicazione di metodo riecheggia e richiama la linea tratteggiata - già qualche anno fa - dal presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Gualtiero Bassetti (anch’egli intervenuto all’assemblea romana). L’unità non è immediatamente una questione relativa alle organizzazioni, ma “di pensiero”. A monte, però, occorre la giusta rivendicazione di una “sana laicità”, che garantisca “un’effettiva libertà religiosa, che implica la libertà di esprimere il proprio convincimento senza ostacoli o pregiudizi superando la divisione artificiosa tra pubblico e privato, come se la fede potesse essere espressa solo nella dimensione intima della persona”.

Una libertà che è un bene per tutti e non richiesta di privilegi, magari in cambio dell’accettazione della subalternità a disegni populisti o tecnocratici. Nel solco del capitolo quinto della “Fratelli tutti”, occorre creativamente respingere ogni riduzionismo della “categoria di popolo, a cui è intrinseca una valutazione positiva dei legami comunitari e culturali”. Una valutazione “abitualmente rifiutata dalle visioni liberali individualistiche, in cui la società è considerata una mera somma di interessi che coesistono” e strumentalizzata dal populismo, “fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione”. Bisogna generativamente suscitare movimento, da cattolici perciò con un progetto aperto, dando davvero centralità alle tre parole indicate dal cardinale segretario e che uniscono la sfida antropologica a quella sociale-ambientale, precedute insieme dall’educativa: ragionevolezza, dignità e bellezza. È il tempo di una rinnovata esperienza popolare, con ambizioni all’altezza degli alti obiettivi. Qualcosa più di uno scranno, per aggiungere in parresia.

Marco Margrita




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