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08/03/2022
Pasta, pane e merendine alle stelle
L’agricoltura è un settore fondamentale della nostra economia e va difesa, tutelata e valorizzata con diversi incentivi.

Non sarà solo colpa della guerra in Ucraina, ma la corsa dei prezzi di grano, frumento, mais e soia rischia di ripercuotersi nel carrello della spesa, con nuovi aumenti per il prodotto simbolo della cucina italiana, la pasta, e per pane, crackers, dolci e biscotti. Ieri alla Borsa di Chicago i contratti futures sul grano tenero, quello della farina 00, e del quale Ucraina e Russia sono tra i maggiori esportatori mondiali, con una quota del 14% del mercato, ha toccato il record storico con un più 7% a 1134 dollari a bushel (27,2 chili). I futures sul mais sono arrivati ai massimi dal 2013 a 747 dollari (+3%) e, come rileva Coldiretti, il prezzo del grano è ai massimi dal 2008 con un valore di 37,5 centesimi al chilo. Qualcosa che, spiega un esponente dell’industria molitoria che opera in un Mulino, «in 50 anni di lavoro non ho mai visto accadere, neanche dopo la seconda guerra mondiale» con il rischio che le scorte di frumento «finiscano fra un mese o anche prima». L'Italia, sempre secondo Coldiretti, importa il 64% di grano tenero e il 53% del mais (20% ucraino) per l'alimentazione del bestiame. Il frumento ucraino, rileva l'Ismea, nel 2020 ha coperto però solo il 5% del fabbisogno e l’1% quello russo. Ancora più bassa la quota di Ucraina e Russia sui nostri approvvigionamenti di grano duro, quello che si usa per maccheroni e spaghetti, da non confondere con quello tenero per pane e biscotti.

Se le esportazioni agroalimentare di Kiev in Italia valgono circa 500 milioni, la metà in olio di girasole, l'Ismea sottolinea come il problema della corsa dei prezzi del grano duro risieda in altri fattori extra guerra, come il crollo dei raccolti in Canada, la frenata delle importazioni dagli Usa e gli accaparramenti da parte della Cina, ancora maggiori nel mais. Un'analisi che ha portato l'Unione nazionale consumatori a mettere in guardia le aziende dall’applicare aumenti speculativi dei prezzi della pasta (già rincarata in un anno del 12,5%) giustificandoli con le conseguenze della guerra. Anche perché, nonostante i rialzi delle quotazioni del grano, la materia prima incide per meno dei 25% sul prezzo finale di vendita. Che la guerra non metta a rischio la pasta italiana lo confermano gli stessi pastai, ma viene subito il pensiero a come le 120 aziende del settore con oltre 10mila addetti stiano attraversando una crisi senza precedenti: con il prezzo del grano che viene da un aumento dell'80% negli ultimi 12 mesi, i maxi rincari dell'energia che serve per l'essicazione, di carta e cartoncino per il packaging nonché dei trasporti, dei pallet e dei noli. Con aziende costrette anche a chiudere a febbraio per mancanza di materie prime o per lo sciopero dei Tir. Così, nei giorni scorsi grandi aziende come Divella e Rummo hanno immediatamente sottolineato gli aumenti record dei costi di produzione. Il rischio, quindi, è che scattino per la pasta nuovi rincari fino a 30 centesimi al chilo, dopo che da settembre il prezzo medio è già salito da 1,10-1,20 a 1,40-1,50 euro.

E anche per pane e dolci, si prospettano nuovi aumenti dopo quelli fino al 15% denunciati da Federconsumatori. “Finora non ci sono state fatte richieste di adeguamenti dei listini per la pasta - spiega Federdistribuzione -, ma sono invece arrivati preannunci da alcuni, non tutti, fornitori di dolci, biscotti, merendine, crackers, cereali”, mentre sarà importante - senza lanciare allarmismi ai consumatori - un'attenta gestione delle scorte nelle prossime settimane. Con l'onda lunga dei rincari che «potrebbe arrivare in aprile». Sarà una brutta sorpresa nell'uovo di Pasqua? L’agricoltura è un settore fondamentale della nostra economia e va difesa, tutelata e valorizzata con diversi incentivi, anche perché può rappresentare una fonte di occupazione per i giovani agricoltori italiani. Importanti poi sono le regolarizzazioni che tendano ad eliminare forme di sfruttamento e di caporalato verso i lavoratori stranieri che vengono in Italia per lavori stagionali. Occorre anche che i nostri rappresentanti politici, tra cui ma non solo gli eurodeputati italiani, si attivino concretamente ed incisivamente nelle sedi europee per difendere i nostri prodotti agricoli nazionali, che sono un’eccellenza rispetto ai prodotti concorrenti stranieri. Abbiamo la migliore agricoltura in Europa, ma sembra che molti non ne siano a conoscenza.

Gilberto Minghetti




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