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01/03/2022
Bassetti: promuovere la ricostruzione di un luogo di dialogo e di pace
Firenze รจ stata in questi giorni il centro della speranza di pace.

“Restituire alle nostre Chiese e alle nostre società il respiro mediterraneo; riscoprire l’anima autentica che ci accomuna da secoli; promuovere la ricostruzione di un luogo di dialogo e di pace”. Questo l’obiettivo che il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e promotore dell’iniziativa, nella sua prolusione di apertura, aveva indicato per “Mediterraneo Frontiera di Pace”. Il contemporaneo incontro di vescovi e sindaci a Firenze, nel solco dei lapiriani “Colloqui mediterranei”, svoltosi da mercoledì a domenica scorsi, se si guarda alla Carta conclusiva congiuntamente sottoscritta dai sessanta presuli e dai sessantacinque sindaci, si può ben dire che abbia precisamente innescato questo auspicabile processo. Particolarmente significativo che lo abbia fatto mentre i venti di guerra tornano a soffiare prepotentemente in Ucraina. Una guerra che vede indirettamente fronteggiarsi potenze – Usa e Nato, Russia e Cina – che non da oggi giocano la loro partita geopolitica anche nel Mare Nostrum. La diversa visione delle relazioni internazionali emersa nel doppio meeting fiorentino ha davvero recuperato il profondo e profetico specifico della visione del “sindaco santo”. Come ha opportunamente sintetizzato, nell’intervista rilasciata all’edizione locale di Repubblica, lo storico Agostino Giovagnoli, ordinario all'Università Cattolica di Milano e studioso sul cattolicesimo italiano contemporaneo, leggendole “non in termini di scontro ideologico, politico, militare, ma di rapporti fra popoli, civiltà, religioni e culture diverse, a partire dal basso. E cioè appunto dalle città, dove la cultura dei popoli si sedimenta, e che i sindaci, come ammonì la Pira nel noto discorso di apertura del Convegno ("Le città non possono morire"), hanno il compito di consegnare alle future generazioni difendendole dal rischio dell'annientamento atomico”.

Nel documento finale, definito un punto di rinnovato inizio e non di arrivo, si parte dal riconoscere che “il Mediterraneo è stato storicamente il crocevia delle culture europee e dell'Asia occidentale, dell'emisfero settentrionale e meridionale e che può ricoprire un ruolo cruciale per la pace e lo sviluppo delle nazioni attraverso la cooperazione tra le sue città e le sue comunità religiose”. Alla luce dell’evidente natura poliedrica di quello che Giorgio La Pira definiva “il grande Lago di Tiberiade”, auspicando un indispensabile capovolgimento della piramide, s’invoca che “i governi di tutti i paesi mediterranei stabiliscano una consultazione regolare con i sindaci, con tutti i competenti rappresentanti delle comunità religiose, degli enti locali, delle istituzioni culturali, delle università e della società civile sulle questioni discusse in questa Conferenza”. Le città, insomma, “rivendicano il loro diritto a partecipare alle decisioni che influiscono sul loro futuro”. Si propugna, insomma, una riqualificazione/rigenerazione della democrazia, in un’ottica pienamente sussidiaria, rispetto a tutti i grandi temi: clima, migranti, conflitti e povertà, diritto al lavoro e alla salute. Un percorso partecipativo che richiama e rivendica la cifra della concretezza congiungendola all’ampiezza degli orizzonti.

Esattamente quello che avviene tentativamente nelle comunità cristiane e nella città (soprattutto se intese come grande ambito di incoraggiato protagonismo dei “corpi intermedi”). Firenze è stata davvero, in questi giorni, come ha sottolineato il presidente Sergio Mattarella, “il centro della speranza di pace". E da qui occorre ripartire, connettendoci alla consapevolezza emersa sul positivo ruolo planetario che il “crocevia mediterraneo” può svolgere. Proprio nel senso che faceva dire a La Pira che “Noi pensiamo che il Mediterraneo resta ciò che fu: una sorgente inestinguibile di creatività, un focolare vivente e universale dove gli uomini possono ricevere le luci della conoscenza, la grazia della bellezza e il calore della fraternità. La congiuntura storica che viviamo, lo scontro di interessi e di ideologie che scuotono l’umanità in preda a un incredibile infantilismo, restituiscono al Mediterraneo una responsabilità capitale: definire di nuovo le norme di una Misura dove l’uomo lasciato al delirio e alla smisuratezza possa riconoscersi: - liberare i valori tradizionali dagli stereotipi che li mummificano, - sostenere in tutte le occasioni la causa dell’Uomo contro le forze che lo opprimono e ostacolano la sua riuscita, - contenere la smisuratezza del potere e delle passioni, - in breve, lavorare per la realizzazione simultanea di un mondo fatto a misura d’uomo da uomini fatti a misura del mondo”.  (“Congresso Mediterraneo della Cultura” - 19 febbraio 1960)

Marco Margrita




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