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27/11/2021
Quali regole di bilancio europee dopo la pandemia
Le istituzioni dell'UE dovrebbero indicare in modo trasparente come verranno applicate in futuro la flessibilità necessaria e la discrezionalità vincolata nei confronti dei ‘parametri di Maastricht'

Il 10 novembre 2021, lo European Fiscal Board (EFB) coordinato dal danese Niels Thygesen, ha pubblicato il consueto rapporto annuale. Nel documento è contenuta una valutazione della risposta immediata della politica di bilancio sia a livello di Unione Europea che di singoli Stati alla crisi da Covid-19. Unitamente ad una proposta di riforma per il quadro di bilancio dell'UE per tenere conto delle realtà che emergeranno dopo il superamento della pandemia. La profonda contrazione di oltre il 6% del Pil aggregato dell’Eurozona, senza precedenti nella sua gravità dalla seconda guerra mondiale, ha reso carta straccia i precedenti programmi di politica economica dei singoli Stati, che in molti casi contenevano obiettivi fiscali poco ambiziosi, in particolare nel caso di paesi ad alto debito come l’Italia. Qual è stato l’impatto della pandemia da Covid-19 sullo stato delle finanze pubbliche nell'UE? L’attivazione della ‘clausola di grave recessione economica’ introdotta nel Patto di stabilità e crescita (PSC) nel 2011 per far fronte alle calamità simmetriche tipo pandemia da Covid e la reazione altrettanto rapida della BCE tramite il programma di acquisto di emergenza pandemica (PEPP) dei titoli di stato nazionali, hanno fornito il margine necessario ai singoli paesi per l’attivazione di una politica fiscale espansiva. A partire dal marzo 2020, infatti, praticamente tutti gli Stati membri hanno messo in atto massicci pacchetti di aiuti a famiglie ed imprese, finanziati in deficit, in risposta alla crisi economica. Pertanto l'impatto sul bilancio pubblico è stato più pronunciato rispetto ai precedenti grandi shock economici (ad esempio quello finanziario del 2008) con disavanzi superiori al 9% del Pil in diversi Stati membri.

Questa robusta risposta di bilancio, unita al forte calo dell'attività economica, ha portato ad un aumento altrettanto senza precedenti del rapporto debito pubblico/Pil (in media oltre 13 punti percentuali). In proposito gli Stati membri con il debito più elevato prima della crisi, hanno registrato i maggiori rialzi nel rapporto debito/Pil, legati anche al fatto che sono stati colpiti in maniera più grave. Nel complesso, la reazione rapida e vigorosa delle autorità fiscali e monetarie è stata opportuna e giustificata. Siffatto operato è stato in netto contrasto con quello attuato in risposta alla crisi finanziaria ed economica globale del 2008 ed è stato, senza dubbio, determinante nel mitigare le ricadute economiche e sociali della pandemia, almeno a breve termine. Nel contempo, la risposta politica ha evidenziato almeno due questioni importanti e interconnesse nel quadro della sorveglianza di bilancio dell'UE: 1) la famigerata incapacità o difficoltà da parte di alcuni Stati membri di creare riserve di bilancio (avanzi di bilancio) in periodi di congiuntura favorevole; 2) la tendenza a trovare nuove forme di flessibilità spesso improvvisate nell'attuazione delle regole di bilancio dell'UE. Come evidenziato anche nei precedenti rapporti dell'EFB, non tutti gli Stati membri hanno approfittato della forte ripresa dalla crisi economica e finanziaria globale del 2008 per migliorare lo stato delle proprie finanze pubbliche. Un numero significativo di Stati membri, infatti, è entrato nella crisi con un rapporto debito/Pil ben al di sopra dei livelli precedenti al 2007: disponendo di un margine di bilancio più limitato o nullo. Alla luce della natura meramente esogena della crisi attuale, le iniziative comuni dell'UE hanno creato fortunatamente margini di manovra anche per quest'ultimo gruppo di paesi. In particolare, a seguito di difficili negoziati in seno al Consiglio Europeo, l'UE ha avviato l'iniziativa della Next Generation EU (NGEU), che prevede ingenti trasferimenti transnazionali.

Inoltre, il programma PEPP della BCE ha contribuito notevolmente ad attenuare i primi segnali di stress su alcuni titoli sovrani dell'Eurozona ed a stabilizzare i rendimenti su livelli bassi. Tuttavia i paesi con margini ridotti di manovra fiscale hanno mobilitato un aumento relativamente minore della spesa pubblica nel 2020; e lo stesso è avvenuto tenendo conto dell'impatto dei vari schemi di sostegno alla liquidità di famiglie e imprese. Quello che servirebbe ora è riconsiderare la tempestiva risposta di bilancio per fronteggiare la crisi, all'interno delle regole di bilancio dell'UE. Per questo sia la Commissione che il Consiglio stanno discutendo le varie opzioni. Come ricordato in precedenza hanno rapidamente accettato di ricorrere alla clausola di grave recessione economica. Il modo in cui sono state prese le decisioni evidenzia però i problemi nell'attuazione di un sistema basato su regole fiscali, sebbene fosse necessaria una maggiore flessibilità. In particolare, malgrado fosse concepita per garantire una certa flessibilità ai singoli paesi riguardo ai requisiti del PSC, la clausola di grave recessione economica è stata applicata come una deroga generale senza una reale differenziazione tra i paesi. In secondo luogo, i tempi e le condizioni per una sua disattivazione non sono stati affrontati fino alla primavera scorsa. Inoltre, i documenti ufficiali della Commissione hanno giustamente insistito sul fatto che l'attivazione della clausola non significasse la sospensione del PSC. Tuttavia, la Commissione e il Consiglio hanno deciso, adducendo l'alto grado di incertezza che circonda le prospettive economiche, di non avviare alcuna azione quando hanno valutato casi evidenti di non conformità, in particolare i disavanzi eccessivi. Questo approccio però si basa su considerazioni politiche piuttosto che su prassi consolidate. Le procedure per i disavanzi eccessivi sono state solitamente attivate per violazioni dirette del criterio del disavanzo.

Nella congiuntura attuale, siffatte procedure chiaramente non devono essere utilizzate come strumento di repentino aggiustamento del bilancio, ma potrebbero comunque offrire orientamenti politici e credibilità nel medio termine. L'interpretazione estensiva della clausola di grave recessione economica, che come sopra descritto, ha dato luogo a interpretazioni divergenti in merito alle modalità di disattivazione, è un sintomo evidente della criticità degli attuali accordi di sorveglianza fiscale dell'UE: entro i limiti imposti dal Trattato, la discrezionalità (quando sostenuta dalla necessaria maggioranza in Consiglio) prevale sulle regole. È necessaria pertanto, ad avviso dello European Fiscal Board, una revisione più organica delle clausole di flessibilità, tenendo conto delle lezioni apprese finora. La pandemia comprensibilmente ha congelato il processo di revisione della governance economica avviato all'inizio del 2020; mentre il suo recente rilancio da parte della Commissione è stato tempestivo ed più che benvenuto. L’EFB crede nell'importanza di cambiamenti di ampia portata, indipendentemente dalle percezioni divergenti tra gli Stati membri su come tornare ad un quadro di bilancio basato su regole. La sua proposta di riforma ruota su tre elementi: i) un'àncora del debito a medio termine; ii) una regola di spesa come principale strumento politico; e iii) un'unica clausola di salvaguardia applicata sulla base di un'analisi indipendente. Fondamentalmente questa proposta è stata presentata in dettaglio prima dello scoppio della pandemia ed ha acquisito in seguito maggiore rilevanza. In effetti, esistono una serie di proposte di riforma simili a quelli dell'EFB. Quest’ultimo però è un accanito sostenitore del mantenimento dei valori di riferimento (i parametri) poiché costituiscono obiettivi numerici chiari e riconoscibili e svolgono un ruolo importante in qualsiasi quadro di bilancio. Forniscono altresì punti di riferimento concreti per i dibattiti pubblici e una base per la responsabilità dei decisori nel settore fiscale. Concretamente, la soglia del disavanzo del 3% del Pil rimane un utile sostegno nei confronti delle dinamiche insostenibili del debito. Il deficit di bilancio è osservabile, di facile interpretazione ed uniforme a tutti i paesi dell'UE. Dovrebbe rimanere il principale criterio per valutare l'opportunità di avviare azioni correttive. Un quadro di bilancio dell'UE rivisto dovrebbe preferibilmente essere integrato però da ulteriori leve politiche che ne migliorino la resilienza e la solidità.

Oltre all'aggiornamento delle regole di bilancio dell'UE, esistono altre riforme della governance attese da tempo, in particolare la creazione di una capacità di bilancio centrale e di schemi per promuovere gli investimenti pubblici, come l'aumento del bilancio dell'UE mediante dotazioni nazionali per generare beni comuni comunitari. La disponibilità di una capacità di bilancio comune è tanto più importante quando la politica monetaria è vincolata dal limite inferiore effettivo (tasso d’interesse non manovrabile) e alcuni Stati membri hanno difficoltà a mantenere le finanze pubbliche su un percorso sostenibile. Condizionare l'accesso allo strumento di bilancio comune al rispetto delle regole potrebbe incoraggiare ulteriormente la responsabilità di bilancio in tutta l'Unione Europea. Lo strumento del NGEU di recente istituzione consiste in parte in trasferimenti di bilancio, con vincoli su come debbano essere utilizzati e su quali riforme dovrebbero essere perseguite, anche al fine di invertire la tendenza della diminuzione degli investimenti pubblici ed a migliorare la qualità delle finanze pubbliche. Non è ancora chiaro se questa iniziativa rimarrà una tantum o se porterà a cambiamenti istituzionali permanenti. In uno scenario senza grandi cambiamenti al PSC, le istituzioni dell'UE dovrebbero indicare in modo trasparente come verranno applicate in futuro la flessibilità necessaria e la discrezionalità vincolata nei confronti dei ‘parametri di Maastricht’. Soprattutto, i confini della flessibilità dovrebbero essere delimitati. Idealmente, istituzioni fiscali indipendenti dovrebbero svolgere un ruolo maggiore nel processo di sorveglianza dell'UE, in particolare al di fuori del braccio correttivo della Commissione. L’EFB vede tuttavia dei limiti al percorso di riforma verso un significativo decentramento, sebbene un maggiore affidamento sugli orientamenti specifici per paese da parte delle Istituzioni Fiscali Indipendenti (IFI) nazionali (in Italia abbiamo l’upB: ufficio parlamentare di bilancio) possa avere i suoi evidenti vantaggi.

In senso lato, però le IFI nazionali rimangono troppo eterogenee nell'UE per modellare in modo coerente la condotta della politica fiscale. Questa considerazione dell’EFB deriva dalla sua analisi delle prime esperienze con i meccanismi di correzione nazionali. Pertanto in assenza di uno sforzo consapevole per armonizzare il peso e le funzioni di queste Istituzioni, il ruolo della Commissione e del Consiglio nel monitoraggio delle prestazioni e nella formulazione di raccomandazioni rimarrà essenziale. Per riformare il quadro di bilancio in tempo servirebbero gli interessi di entrambi i gruppi di Stati membri: sia quelli desiderosi di evitare un'ulteriore erosione del sistema basato su regole fiscali che quelli disposti a sfruttare la flessibilità in modo produttivo. Al contrario, una politica fiscale meno prevedibile rende solo più probabile un'improvvisa rivalutazione del rischio sovrano dei titoli di stato dei singoli Stati da parte dei mercati finanziari con tutte le nefaste conseguenze che ne derivano. Considerata la storia ventennale di modifiche discrezionali e difficili da prevedere nell'attuazione del PSC, la riforma del quadro di bilancio resta l’approccio di gran lunga migliore.

Marco Boleo




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