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13/10/2021
Materie prime scarse e costosissime
Ammortizzatori sociali e cassa integrazione non bastano: in Italia manca totalmente una politica industriale

Scarsità e prezzi alti delle materie prime mettono a rischio la ripresa delle piccole e medie imprese dell'artigianato. L'allarme è di Confartigianato Emilia-Romagna, che ravvisa come molto preoccupante questa corsa dei prezzi delle materie prime al punto che si dovrà chiedere alla politica un'azione efficace che calmieri i costi per le imprese. Materie prime care e spesso introvabili rischiano di diventare un freno alla ripresa. Sebbene il mercato abbia una vita propria, un'azione di controllo su eventuali manovre speculative è doverosa e occorre farla partire al più presto. Inoltre, su appalti e opere pubbliche, si dovrebbe chiedere di favorire la revisione dei prezzi nei contratti, onde evitare di mettere ulteriormente in difficoltà le imprese che con fatica stanno cercando un rilancio.

Tuttavia, gli analisti hanno individuato varie cause che hanno determinato questa situazione. La prima, ovviamente, è l'effetto della pandemia sul mercato globale. Una delle più importanti, però, riguarda anche la Cina che ha fatto scorte ingentissime di materie prime lasciando briciole in diversi comparti importanti. Tornando alla situazione dell'Emilia Romagna, gli acquisti di materie prime delle micro e piccole imprese della manifattura e delle costruzioni, nel 2020, sono stimati attorno ai 156.096 milioni, costituti per il 75% da acquisti delle aziende manifatturiere e per il rimanente 25% da input acquistati dalle costruzioni. In questi due comparti l'incidenza sul fatturato degli acquisti di materie prime è del 42,5%, più elevato nella manifattura (46,6%) rispetto alle costruzioni (33,1%). A livello provinciale i maggiori costi delle materie prime, su base annua, valgono 1,129 miliardi a Bologna, 1,045 miliardi a Modena, 790 milioni a Reggio Emilia, 573 milioni a Parma, 482 milioni a Forlì-Cesena, 366 milioni a Ravenna, 332 milioni a Rimini, 310 milioni a Piacenza e 294 milioni a Ferrara. Per un totale di oltre 5 miliardi e 300 milioni di euro. Una così elevata pressione sui costi, che viene traslata solo in parte sui prezzi di vendita, determina una riduzione del valore aggiunto, comprime la crescita economica, riduce la propensione ad investire delle imprese, compromettendo sia i processi di innovazione che la domanda di lavoro. Purtroppo, a seguito della mancanza di materie prime le imprese rallentano la produzione e, in alcuni casi, tornano ad utilizzare gli ammortizzatori sociali nonostante la ripresa degli ordinativi.

Comunque, aumenti record  si registrano in tutti i settori. La Cina ha fatto razzia sui mercati mondiali. Le prime avvisaglie di un esorbitante aumento dei prezzi delle materie prime - e del loro difficile reperimento sui mercati mondiali - si è avuto già fin dal marzo scorso. I conti in tasca: secondo lo studio di Confartigianato, i maggiori costi delle materie prime incideranno su base annua per 5,3 miliardi per le pmi emiliano romagnole di cui: 1,129 miliardi a Bologna; 1,045 miliardi a Modena. Stoppare la speculazione diventa il monito per il futuro  proprio per il rincaro sulle materie prime che è sempre più consistente. La situazione che si vive è  disperata: dalle aziende di metalmeccanica, al settore dell'edilizia, che è messo peggio. In effetti la crisi è iniziata già con il lockdown, durante il quale ci siamo abituati all'assenza dei magazzini, diventati inutili. Con le chiusure si è creato un consistente buco nel mercato e nessuno ha consegnato più niente. In atto c'è un grosso gioco di speculazione e da quando è ricominciata la ricerca delle materie prime, i costi sono lievitati. Quindi gli effetti e le conseguenze hanno rovesciato i programmi, i preventivi erano stati fatti prima, mentre ora ci si trova nella condizione di non poter già assorbire i costi degli ordini. In tanti casi, c'è chi ci rimetterà, purtroppo.

Lo scenario ottimistico ravvisato con la crescita del Pil, la diminuzione del debito pubblico e l’inflazione sotto controllo,  potrà verificarsi da due eventi e circostanze favorevoli come una domanda aggregata alimentata da un elevato deficit pubblico e dagli investimenti pubblici che grazie ai fondi del PNRR incideranno sul programma espansivo. Ammortizzatori sociali e cassa integrazione non bastano: in Italia manca totalmente una politica industriale, sono a chiederlo quei 75mila piccoli artigiani in Emilia Romagna che hanno subito un rincaro del 30%; un esempio: se nel 2019 si comprava una lamiera a 620 euro, ora ne costa 1.645. Come  si può  sostenere un trend così, con cassa integrazione e ristori? Sono soltanto palliativi, urgono soluzioni concrete, bisognerà  avere consapevolezza che lo sviluppo economico è assolutamente fondamentale per la crescita, ma la crescita economica non può andare avanti da sola, senza una serie di concatenate sensibilità per i diritti civili, le garanzie sociali, la solidarietà ai più deboli e la tutela della salute e dell'ambiente.

Gilberto Minghetti




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