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22/06/2021
Precariato nella scuola: un pianeta sconosciuto
“Sconfiggeremo il precariato” è sempre stata una promessa mai giunta a soluzione

Troppe volte, e da diversi Ministri della pubblica istruzione, il tema del precariato è stato il primo enunciato col quale si è cercato di dare speranze, o sicurezze, ad un mondo che appartiene alla scuola, che riguarda migliaia di docenti chiamati ad educare i nostri figli come compito essenziale, ma non è stato mai affrontato sul serio, anzi, è stato trattato come ruota di scorta del nostro sistema d’istruzione. E’ un mondo complesso, formato da persone reali, ma sembra appartenga ad un altro pianeta di una galassia sconosciuta.

In uno degli ultimi incontri, avuto con i sindacati della scuola, il ministro Bianchi ha svelato che i docenti nominati a tempo determinato, nell’anno scolastico appena concluso, sono stati 213 mila; di questi, 104 mila sono insegnanti di sostegno; più di 25 mila i ‘docenti Covid’, per un totale di oltre 238.000.

Tenendo presente che al momento sono 695.262 mila i docenti titolari è facile comprendere il numero di docenti che mancano nella scuola, anche se dai dati forniti dalla Cisl Scuola in Italia mancano circa 190.000 insegnanti. Solo la già famosa Azzolina aveva individuato una soluzione: “Poichè in Italia c’è una forte denatalità, attendiamo la diminuzione degli alunni, così fisiologicamente spariranno le classi pollaio e la necessità di un numero così alto di docenti”; ottimo, direi, illuminante e gratificante, ma perché hanno mandato via un genio della politica italiota?

Ma, tornando alle cose serie, c’è da considerare ancora che sono stati 39.000 i docenti mandati in pensione nel settembre scorso e altri andranno via nel prossimo anno scolastico, anche grazie alla “quota 100”, un numero ben superiore, dunque, alle previsioni del ministero dell’Istruzione, che si aggiunge, quindi, alla carenza strutturale del personale della scuola.

E’ immaginabile, allora, il vuoto cosmico che si crea nella scuola e qui entra in campo il precariato: a fronte delle tante migliaia di cattedre vuote, il Ministero si limita a immettere in ruolo solo il 30%, o poco più, del fabbisogno nazionale, fattore legato al freno imposto dall’UE sulla spesa pubblica.

Fintanto che siano nominati i diritto al ruolo, i Dirigenti sono costretti a tappare i buchi con docenti delle graduatorie d’istituto nominati fino ad aventi diritto, insegnanti precari chiamati, dunque, per pochi giorni. Terminata questa fase inizia la chiamata di docenti delle graduatorie provinciali, cioè di quei precari che andranno a coprire le restanti migliaia di cattedre rimaste vacanti e qui inizia il valzer degli insegnanti che, avendo iniziato il programma scolastico in una classe, sono chiamati a cambiare scuola e ricominciare tutto da capo.

In tale frangente, può capitare che il precario nominato su altra scuola debba essere sostituito da un altro precario, sempre in attesa di nuova nomina. Ne esistono danni? Certo, e sono pure tanti.

Gli alunni cambiano in poco tempo tre/quattro insegnanti, quindi disorientati da figure e metodologie differenti. Il precario sembra sempre più come un pacco postale, spostato a discrezione di altri in zone diverse, ambienti di apprendimento diversi, bisogni umani e didattici diversi.

Ma oltre alla precarietà dell’insegnamento, quello che costa di più è la precarietà della vita, dell’esistenza; della incertezza che domina ogni anno in chi vorrebbe dare una stabilità e una certezza al proprio futuro che non vede proprio roseo, o non lo vede per niente. Famiglie divise da centinaia di chilometri di distanza, insegnanti che, non dimentichiamolo, sono anche mamme e padri costretti a vedere e accarezzare i propri cari appena due/tre volte l’anno.

Oltre i numeri, vi sono esseri umani che, evidentemente, per i Ministri che si succedono sono abitanti di una galassia a loro sconosciuta.

Alberto Fico




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