Si guardava lontano in questo disegno, pensando alle generazioni future: "Qualcuno ha detto che la Federazione europea è un mito. E' vero, è un mito nel senso soreliano. E se volete che un mito ci sia, ditemi un po' quale mito dobbiamo dare alla nostra gioventù per quanto riguarda i rapporti tra Stato e Stato, l'avvenire della nostra Europa, l'avvenire del mondo, la sicurezza, la pace, se non questo sforzo verso l'Unione. Volete il mito della dittatura, della forza, il mito della propria bandiera sia pure accompagnato dall'eroismo? Ma noi allora vorremmo di nuovo quel conflitto che porta fatalmente alla guerra. Io vi dico che questo mito è mito di pace; l’Europa è la pace, e questa è la strada che dobbiamo seguire”.
Si esortava a far presto perché non c'era tempo da perdere: "O si fa ora l'Europa o non si fa più, e verranno giorni tristi per tutte le nazioni". Accanto a lui, per la realizzazione di questo disegno che non è ancora realizzato nello spirito con il quale lo aveva concepito lo statista trentino, De Gasperi ebbe altri due autentici democratici: il tedesco Konrad Adenauer e il francese Robert Schuman. Con essi De Gasperi costituì un'intesa politica perfettamente omogenea e di comune ispirazione ideologica: erano tutti e tre cattolici, tutti e tre avevano provato le miserie della guerra e ora si ritrovavano insieme a costruire tenacemente la pace.
"Per unire l'Europa vi è forse più da distruggere che da edificare: gettar via un mondo di pregiudizi, un mondo di pusillanimità, un mondo di rancori". Dinanzi ai rancori che oggi sono rifioriti in Europa, tanto entusiasmo appare perfino commovente, quasi un romanticismo d'altri tempi. Ma De Gasperi, Schuman e Adenauer sentivano a quei tempi il problema europeo più col cuore che con il ragionamento freddo dei parlamentari che dovevano ratificare gli impegni che venivano assunti.
Qualcosa di concreto si fece: si giunse alla Comunità Economica del Carbone e dell'Acciaio (la CECA), si tentò di fare anche di più con la CED (Comunità Economica Difensiva), ma questa fallì per l'intransigenza francese ancora gelosa della «grandeur» e di un presunto primato sulle altre nazioni: l'alleanza militare, che prevedeva un esercito comune a difesa delle frontiere europee, fallì, e fu la grande spina che indebolì il cuore di De Gasperi che fino all'ultimo, fin sul letto di morte, aveva esortato a non far naufragare il progetto.
L'Europa come l'avrebbero voluta i tre grandi uomini politici della prima ora non si era fatta, ma l'europeismo non era morto, il Mec rappresentava un passo avanti.
Ma la sorte non fu favorevole per De Gasperi che morì nel 1954, e dopo molti sforzi protesi per un grande progetto non ebbe il pregio di viverlo, tant’è che Einaudi ebbe a dire “credeva nella parola del Vangelo, ebbe fede nella libertà, operò seguendo l’imperativo del dovere”. Un’autentica sintesi che non ha bisogno di commenti!
Così avvenne che sessantaquattro anni fa, il 25 marzo 1957, nella sala “Orazi e Curiazi”, presso il Campidoglio, furono firmati a Roma i Trattati che istituirono la Comunità Economica Europea e la Comunità Economica dell’Energia Atomica. Questo processo ha portato alla nascita del percorso dell’integrazione europea.
L’Europa da quel 25 marzo ha fatto passi da gigante e non si pensava che potesse arrivare un giorno ad avere tanti Stati membri. L’Europa è cresciuta, è diventata più ricca e non ha avuto al suo interno altre guerre. Dalla produzione di carbone e acciaio condiviso, si è arrivati alla libera circolazione di persone, beni, servizi e capitali, all’elezione diretta e a suffragio universale del Parlamento Europeo, fino all’approvazione dell’Euro e alla sua circolazione. Il merito principale va anche a tutti coloro che hanno speso anni per realizzare l’intero processo integrativo: se i padri dell’Europa non si fossero impegnati nel superare le rivalità nazionali, per mettere al primo posto il bene dell’Europa, certamente non avremmo raggiunto questi risultati. Oggi le iniziative dell’Ue nell’ambito dell’Unione monetaria hanno, in parte, fatto supplenza a questa mancanza di chiarezza sulle mete da raggiungere e sugli strumenti da attuare. Ne sono usciti piani specifici (ad esempio, energia) su tematiche attinenti a più Stati membri, ma la mancanza di una visione complessiva non ha reso possibile, specialmente all’arrivo della più recente crisi economica mondiale e della pandemia, un approccio che affrontasse, in parallelo, i diversi freni allo sviluppo delle imprese e della produzione. Ne è seguita, invece, una frammentazione delle misure.
Celebrando allora oggi la memoria si può prefigurare un lavoro su quattro sfide principali che il Paese dovrebbe raccogliere: a) costruire un’economia dell’informazione; b) realizzare la trasformazione del sistema produttivo attuale in una 'economia verde'; c) agevolare lo spostamento del lavoro verso nuovi e più elevati livelli di competenze; d) rianimare lo spirito d’impresa in un Paese avviato verso il declino demografico. Sta alla politica raccoglierle e per di più il Mcl deve spendere ogni propria energia.
Gilberto Minghetti