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26/02/2021
Ammortizzatori e rischio tsunami
salvare le imprese che possono sopravvivere, non sprecare soldi pubblici per quelle che non hanno futuro; salvare non i singoli posti di lavoro, ma tutelare il lavoro

Bisogna proteggere tutti i lavoratori, ma non tutte le attività devono avere sostegno”. La sola concessione che Mario Draghi farà al modello di protezione sociale ed economica a pioggia per lavoratori e imprese, utilizzato fino a oggi, sarà la proroga del blocco dei licenziamenti e della cassa integraziorie per qualche altro mese, oltre il 31 marzo prossimo. Ma ciò non toglie che già il decreto legge Ristori cinque, ribattezzato Draghi Uno, conterrà una nuova impostazione secondo la filosofia rilanciata ieri dal premier: basta salvataggi a carico dello Stato per imprese decotte o che rischiano di andare fuori mercato, ma tutela comunque garantita per i lavoratori interessati attraverso l'indennità di disoccupazione, l'assegno di ricollocazione, le politiche attive e la formazione.

Allora salvare le imprese che possono sopravvivere, non sprecare soldi pubblici su quelle che non hanno futuro. Salvare non i singoli posti di lavoro, ma tutelare il lavoro. Insomma, anche nel mercato del lavoro seguire un criterio del «debito buono» al posto del «debito cattivo». L'impostazione è precisa e l'ha espressa in più occasioni, ma come si tradurrà questo impianto in provvedimenti concretamente? «La pandemia finora ha colpito soprattutto giovani e donne, una disoccupazione selettiva, ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato».

Il banco di prova sarà proprio il decreto in cantiere, fondato sui 32 miliardi dell'ultimo scostamento ai quali aggiungere i 4,5 destinati al settore del turismo invernale. Alla base degli indennizzi riveduti non sarà più il contributo a fondo perduto erogato sulla scorta del fatturato perso nel 2020 a confronto con quello del 2019 per tutte le categorie fermate dal lockdown e dai blocchi.

Si dovrebbe utilizzare il principio di sostenere il finanziamento dei costi fissi (affitti, manutenzione; bollette, spese di gestione): insomma erogare soldi per far continuare l'attività a imprese in crisi che, però, possono farcela. Non ristorare il passato, insomma, ma finanziare il futuro e il prosieguo dell'attività. Le altre dovranno seguire la strada della ristrutturazione e della liquidazione, senza ricevere soldi persi per il passato. Incentivi mirati più che indennizzi, tra le righe del Draghi-pensiero emerge l'idea di sostenere le imprese che, però, possono avere un futuro nell'ambito della transzione ecologica e digitale.

Non aiutare le imprese zombie, però, non significa lasciare al loro destino i loro dipendenti. E su questo versante subentra l'altra cassetta degli attrezzi alla quale punta il nuovo premier: quella per curare le ferite del mercato del lavoro. Proteggere il lavoratore, prima che il posto di lavoro, significa sì mantenere l'impianto del reddito di cittadinanza, ma aprire alla riforma degli ammortizzatori sociali, puntando sulle politiche attive per riqualificare chi perde il posto. Significa, anzi, sostituire via via l'indennità di disoccupazione e lo stesso reddito di cittadinanza con l'assegno di ricollocazione, una dote del lavoratore da spendere per una nuova assunzione o per la riqualficazione professionale. Per una volta, sindacati e Confindustria si trovano d'accordo: il plauso per le linee programmatiche illustrate dal premier, pur con le sfumature di ognuno, è unanime. Apprezzata la visione europeista, l'accento sulle riforme, il fisco, gli investimenti, e bene ancora il no al debito pubblico cattivo e la lotta per uno sviluppo sostenibile. Ma a dividere resta quello stop ai licenziamenti che ha fatto capolino nella relazione di Draghi senza che prendesse però posizione, limitandosi a fare un cenno al timore che la crisi sociale possa «aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento». Un passaggio interpretato liberamente da entrambe le parti in causa.

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, sul blocco dei licenziamenti, lancia al premier un appello forte e determinato: quello di non volere di nuovo assistere a una protrazione del blocco generale dei licenziamenti, ciò sarebbe l'invito alle imprese a rinviare ulteriormente riorganizzazioni, investimenti e assunzioni, un segnale decisamente sbagliato. Anche il leader Cgil, Maurizio Landini, dice di aver ascoltato un puntuale discorso di alto profilo che coniuga l'azione sull'emergenza, a partire da vaccinazioni e proroga del blocco dei licenziamenti, con le riforme e gli investimenti, capaci di creare nuovo lavoro per i giovani e le donne. Discorso «sobrio» con «priorità condivisibili» anche per Annamaria Furlan, segretaria Cisl, che sottolinea la necessità di prolungare lo stop dei licenziamenti e sul fronte della scuola l’intramontabile idea di guardare al futuro in chiave lavoro riconfermando la centralità della scuola.

Gilberto Minghetti
 




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