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30/12/2020
Dopo l’anno orribile, incertezze e speranze
Tutto quello che attendiamo e speriamo di vivere nell’anno che abbiamo di fronte, per non cadere in una fallimentare incertezza

Il 2020 si è concluso senza ridurre il suo carico di preoccupazioni e di incertezze. L’Occidente, pur essendo la principale area attrezzata in termini di offerta di servizi sanitari, complessivamente, ha mostrato di non essere preparato a contrastare la pandemia del Coronavirus che, diffondendosi con eccezionale rapidità e persistenza e con il suo enorme carico di vittime, ha prodotto un forte arretramento delle economie di Usa (-5%) ed Europa (-8%). Il dato contrasta con l’andamento dell’economia del Paese dal quale è partito il virus, cioè la Cina che, nello stesso 2020, vede una previsione di crescita economica del 2% ed un surplus commerciale che, nel mese di novembre, ha raggiunto il livello più alto di sempre, cioè 75,4 miliardi di dollari.

L’Italia e la globalizzazione

L’Italia continua a soffrire, ormai da qualche decennio, di una inadeguata capacità di far fronte alle sfide della globalizzazione con la sua esigenza di competitività economica e di necessità di governi e istituzioni pubbliche adeguati, cioè rappresentativi, efficienti e stabili. L’epidemia che, ricordiamolo, ha colpito come primo Paese in Europa proprio il nostro, ne ha messo a nudo le incertezze. L’Italia, infatti, presenta già da tempo una maggiore esposizione ai danni derivanti delle crisi economiche globali accompagnata da una più lenta capacità di ripresa. Sul sistema economico pesano nodi che avrebbero dovuto essere affrontati da anni con radicali riforme, da quella della giustizia civile a quella di una semplificazione burocratica che, tuttavia, discende da un ginepraio legislativo e di normative di “tutela” e di “garanzia” che finiscono per produrre l’effetto opposto. Non sono  mancati un conflitto tra Stato a Regioni, proprio sui provvedimenti per contenere il Covid e la difficoltà di un sistema sanitario il cui punto di caduta è stato la centralità degli ospedali, che avevano subito, soprattutto dal 2012,  una drastica riduzione di posti letto, come anche  l’inadeguatezza, per non dire l’inesistenza, di una sanità territoriale, nella quale il medico di base si è trovato a svolgere compiti per i quali era oggettivamente impossibilitato, mancando strutture di prossimità.

Incertezze politiche e istituzionali

Soprattutto si è evidenziato il punto attualmente più fragile del sistema Italia, cioè quello del governo. Alla debolezza istituzionale si sono aggiunte le incertezze di un Esecutivo che sconta il fatto di essere nato da una operazione di trasformismo con l’avvicendarsi, sotto la stessa premiership, di forze politiche non solo di fronte opposto, ma addirittura alternative. Questa operazione ha comportato il prevalere dell’occupazione del potere rispetto alla capacità di sintesi politica e la mancanza della conseguente, necessaria, capacità di decidere o dell’opportuno, più ampio, coinvolgimento della forze politiche. Tutte le scelte più importanti vedono le forze di governo divise: dal Mes alle grandi opere. Alle quali si aggiungono i ritardi nelle procedure per adeguare i “luoghi” critici sottoposti all’offensiva (dai trasporti pubblici alle strutture scolastiche e nell’assunzione degli operatori sanitari); la    preoccupante caduta nelle relazioni internazionali, compreso il caso della umiliante procedura per la restituzione dei nostri pescatori da parte del libico Haftar. La difficile governance del Paese appare in affanno, nonostante il disinvolto uso, oltre gli stessi limiti costituzionali, di provvedimenti quali i Dpcm, dimostrando che comandare non significa governare e che comunicare - attraverso ripetute conferenze stampa - non significa percorrere, insieme alla comunità nazionale, la strada giusta per contenere la crisi prodotta dalla pandemia. Il massimo di questa inadeguatezza è stato raggiunto con l’atto di governo più importante, cioè la Legge finanziaria per il 2021, giudicata dall’ufficio parlamentare di bilancio un coacervo di misure senza un disegno, un collage di interventi pubblici di favore. Sabino Cassese l’ha definito un “fritto misto”, “una proposta zeppa di mance”, “scritta in modo difficilmente comprensibile, … chi l’ha redatto, forse per evitare di doversi vergognare, ha cercato di nascondersi dietro i peggiori arzigogoli normativi”, con un drastico presagio: “accolla alle generazioni future un debito aggiuntivo, acceso per finanziare in larga misura spese correnti, senza lasciare a loro beneficio almeno una dotazione di beni in conto capitale”. 

Una pandemia non domata

Anche il bilancio - a pochi giorni dalla fine di dicembre - della pandemia, segno caratterizzante dell’”annus horribilis”, mostra, nonostante il prodigarsi degli operatori sanitari fino all’estremo sacrificio, l’insuccesso dell’Italia: seconda in Europa per numero totale di morti ( 73.029), tre volte  quelli della Germania; quarta al mondo per vittime ogni 100 mila abitanti (102), ma seconda in Europa dopo il Belgio; con un indice di mortalità all’11,9, vicino ad essere doppio rispetto a USA, Francia e Gran Bretagna e quasi triplo rispetto a Germania e Spagna e quadruplo sul  Canada. Sono dati di una evidenza inoppugnabile. La ragione che spiega questi risultati, secondo gli studi scientifici, è quella di un ritardo negli interventi e tuttavia il ripresentarsi degli stessi problemi e di un analogo andamento nel mese di novembre e dicembre, mostra il persistere di una debolezza strutturale.

Il lavoro e la scuola

Gli effetti sul piano economico sono stati assai pesanti. L’ultima denuncia in ordine di tempo è quella della Confcommercio che ha stimato che la riduzione dei consumi del 10,8% (120 miliardi di euro sul 2019) e le restrizioni alle attività, produrranno la chiusura definitiva di 390mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi, non compensata dall’apertura di 85 mila nuove imprese, oltre la decimazione di lavoratori autonomi e partite Iva, cioè di 200mila professionisti, un patrimonio di competenze scientifiche, tecniche ed amministrative, culturali e di intrattenimento. Sul piano sociale si è spalancata una voragine di diseguaglianze tra lavoratori garantiti e non, tra dipendenti, assistiti in parte dalla cassa integrazione straordinaria e lavoratori autonomi senza sostanziali reti protettive. Oltre i disastrosi effetti sul piano economico il nostro Paese, probabilmente, pagherà un prezzo sociale più elevato rispetto agli altri, per la chiusura delle scuole che non è avvenuta negli altri Paesi occidentali. Se come, con tutta probabilità, si arriverà a perdere gran parte di due anni scolastici, le nuove generazioni si presenteranno con un deficit di competitività formativa rispetto al quale dovranno essere apprestati provvedimenti e piani di studio in grado di recuperare il danno che si è prodotto.

Le elezioni americane e l’Europa 

L’evento che ha accompagnato il passaggio tra il 2020 e il 2021 sono state le elezioni presidenziali americane che, come altro segno di tempi difficili, ha squarciato la scena di una complessa crisi istituzionale e sociale nel Paese guida dell’Occidente. La più autorevole rivista italiana di geopolitica, Limes, gli ha dedicato un numero con il titolo “Tempesta sull’America”. L’“output”, il prodotto, del cambio di consegne a Washington, non muta per l’Europa la necessità che essa, come analizza l’editoriale dell’altra autorevole pubblicazione, Aspenia, debba “pensare di dover prendere in mano il proprio destino” poiché “sarebbe un errore concludere che, con Biden, non sia poi così urgente”. La crisi offre una indicazione essenziale nella direzione della integrazione europea poiché, con tutta evidenza, sono le strutture o le “opzioni” federali che offrono l’ancora di salvezza, come nel caso dei fondi alimentati con titoli europei, negli interventi della Banca Centrale europea e nella ipotizzata, da parte dei vertici del gruppo del PPE a Bruxelles, di una “Unione europea della salute”.

Un anno decisivo

L’inizio del 2021 presenta tutti gli elementi per poterlo definire un “anno decisivo”. I vaccini, sottoposti ad una rapida sperimentazione e immessi nella profilassi, sono chiamati a contrastare un virus che, comunque, si presenta particolarmente insidioso a motivo delle mutazioni, come segnalato in Inghilterra ed in altri Paesi. Se il vaccino affronta i mali del corpo, sostenendo la salute fisica, resta da capire come verranno superati i danni di carattere psicologico ed anche spirituale che ricadranno su una umanità esposta ad una insidia tanto invisibile quanto aggressiva. Oltre ai pesanti riflessi sulle economie, infatti, non mancano effetti devastanti anche sul piano sociale e della persona, in quanto il prolungare delle misure lockdown ingenera una frattura, anche psicologica tra lavoro e salute, tra contenimento del virus e libertà. Addirittura, alcune decisioni di carattere igienico hanno limitato, fino a privarne, i malati della vicinanza e dei riti religiosi di passaggio, al punto di far ritornare drammaticamente attuale il grido di don Divo Barsotti: “Si muore. Ma che cosa vuol dire per noi morire?”. Le risposte non possono venire dalla tecno-scienza, ma dalle parole di verità della Chiesa.
Il vaccino, con il suo carico di speranza e di contrasto alla paura, è chiamato anche a fermare il rischio di pulsioni autoritarie che, esaltando il ruolo decisionale delle cosiddette competenze scientifiche, anche nei riguardi degli assetti sociali e delle libertà costituzionali, potrebbero enfatizzare il controllo o, addirittura, una sostituzione delle classi politiche con èlite tecnocratiche.  

La grande opportunità dei fondi europei

Il 2021 sarà l’anno ove si darà attuazione al Next Generation Eu, cioè la disponibilità, a livello nazionale, di risorse comuni europee, la cui efficacia, in termini di crescita, dipenderà dalla possibilità di intervenire sulla economia reale, attraverso investimenti in infrastrutture e nello sviluppo delle componenti dinamiche dei sistemi economici nazionali. Le incertezze del governo, i ritardi e l’inadeguatezza delle sue proposte iniziali, sono state severamente giudicate da un esponente di sinistra come il professor Massimo Cacciari, che è stato a lungo anche sindaco di Venezia: “Il Recovery Plan di Conte è aria fritta”.
Un importante suggerimento operativo è giunto dal rapporto economico del G30 che reca, tra le altre, le autorevoli firme di Mario Draghi e Raghuram Rajan economista dell’università di Chicago che, tuttavia, appare improntato ad una “soluzione selettiva”; con esso, secondo il professor Carlo Pelanda, “si chiuderebbero quelle aziende troppo deboli, per lo più piccole, prima che uccidano l’intero sistema”. Non vi è dubbio che le ricette solo assistenzialistiche, necessarie di fronte alla perdita del lavoro, non sono sostenibili alla lunga distanza e, soprattutto non favoriscono la ripresa economica. Tuttavia, soprattutto in Paesi come l’Italia, non è detto che aziende sottocapitalizzate e, quindi in difficoltà, non abbiano i requisiti per poter continuare a competere nel medio periodo, anche per la forte presenza nella manifattura. Si rischierebbe, come è stato rilevato, la sparizione del 25 per cento del sistema produttivo italiano e la disoccupazione che ne deriverebbe non sarebbe riassorbibile. E’ una fascia produttiva che soffre la pesantezza del sistema fiscale italiano che andrebbe, con urgenza, notevolmente alleggerito.

Un cambio di governo?

Il quadro politico che sorregge l’Esecutivo appare incrinato. Anche quegli ambienti, rappresentati da autorevoli opinionisti, che avevano visto il governo Conte bis come una opportunità positiva, esprimono oggi una netta disapprovazione per i ritardi, la confusione e le spaccature di una compagine governativa che rifiuta anche una revisione di alcune sue componenti ed un cambio di passo. L’iniziativa di Matteo Renzi contrario ad una gestione pletorica e tecnocratica, fuori dalle strutture ministeriali, delle risorse comunitarie, delle quali propone un programma del tutto diverso da quella del governo, mostrano la possibilità della dissociazione del partito di Matteo Renzi ed una resa dei conti che taglierebbe le gambe ad un tempo lungo del governo.
I progetti da presentare a Bruxelles e le necessarie riforme che incidano sui procedimenti operativi delle quali non si vedono neppure le proposte, richiederebbero una svolta politica di alto profilo, non un mero avvicendamento di potere. Con essa un necessario innalzamento della autorevolezza della compagine governativa, uno sguardo lungo che sappia coinvolgere una più ampia solidarietà istituzionale e politica, una chiarezza e coerenza di metodo di governo che dia senso ai sacrifici di chi più soffre gli effetti della pandemia e che rimotivi le forze vive del Paese, la ricostruzione del peso che appartiene all’Italia attraverso esponenti adeguati al rango dei rapporti internazionali. Tutto questo attendiamo e speriamo di vivere nell’anno che abbiamo di fronte, per non cadere in una fallimentare incertezza.

Pietro Giubilo 




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