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06/08/2020
Una Chiesa che ama la lezione di Montini
6 agosto: a quarantadue anni dalla scomparsa ricordiamo San Papa Paolo VI

Voglio ricordare le parole dell’Angelus (nel 1978 la festa cadeva di domenica) che Papa Montini aveva voluto preparare e che non potè pronunciare per l’improvviso aggravamento del male di cui la sera stessa sarebbe morto. “La Trasfigurazione del Signore - aveva scritto Paolo VI - getta una luce abbagliante sulla nostra vita quotidiana, ci fa rivolgere la mente al destino immortale che quel fatto adombra. Sulla cima del Tabor, Cristo disvela lo splendore della sua divinità, si manifesta quale egli è: irradiazione della gloria del Padre. Ma fa vedere anche il trascendente destino della nostra natura umana che egli ha assunto. Quel corpo che si trasfigura è il corpo di Cristo, ma è anche il nostro corpo chiamato alla gloria”.

Fu in quella giornata, nella consapevolezza delle gravi condizioni di salute del Pontefice, che tutta la Chiesa si raccolse in preghiera e quelle ultime ore del Papa sono riferite dall’allora segretario del Santo Padre, mons. Pasquale Macchi, nella biografia di Paolo Vl pubblicata a cura di padre Carlo Cremona. In particolare, la cronaca degli ultimi istanti di vita del Pontefice, che morì recitando, con voce sempre più impercettibile, il Padre Nostro.

Papa Wojtyla volle da parte sua esprimere il suo ringraziamento al Signore per aver dato alla sua Chiesa la figura di un pastore cosi buono e fedele, unendosi anche alle nostre preghiere di suffragio per lui come per tutte le anime dei defunti. E’ infatti ben nota la profonda venerazione che il Papa Giovanni Paolo Il ha sempre avuto verso il suo predecessore, che l’aveva nominato arcivescovo di Cracovia il 13 gennaio 1964 e creato cardinale nel Concistoro del 26 giugno 1967, l’aveva anche invitato a predicare gli esercizi spirituali in Vaticano nella Quaresima del 1976 e gli aveva dato numerosi altri attestati di stima e di affetto. Di sovente Giovanni Paolo II si recava a pregare e meditare sulla tomba di Paolo VI, nelle Grotte Vaticane (sotto la basilica di San Pietro, ndr).

Lo sguardo odierno va inevitabilmente sull’attualità del messaggio di San Paolo VI, che ha sinteticamente indicato racchiuso nel suo testamento spirituale alla comunità ecclesiale: “le benedizioni di Dio siano sopra di te, o Chiesa, abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità; e cammina povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo”.

Oggi il MCL vuole raccogliere quel messaggio e camminare ogni giorno verso Cristo, nella speranza di poter ascoltare anche noi, un giorno, quelle consolanti parole: “vieni servo buono e fedele, entra nel gaudio del tuo Signore”. Ma la cosa che non può dimenticare il MCL è quell’8 dicembre del 1972: l’Assemblea dell’unificazione per rifondare un più vero e più largo movimento cristiano di lavoratori in Italia. Al termine dei lavori congressuali tutti i partecipanti si portarono a Piazza San Pietro dove Paolo VI disse le seguenti parole: "Sappiamo che è presente un gruppo di lavoratori cristiani, fedeli ai loro principi morali e sociali, e fiduciosi di portare nella propria vita e nel mondo del lavoro moderno una testimonianza di fede, di solidarietà, di rivendicazioni sociali, di elevazione morale e civile. Vi salutiamo di cuore e ci compiacciamo con i vostri rinnovati propositi d’unione e di attività. Tutti vi benedíciamo, con speciale e augurale cordialità".

Quelle parole del Papa furono una chiara esortazione ai dirigenti del nuovo Movimento a proseguire nel loro lavoro ed un'implicita approvazione del carattere “misto”, insieme ecclesiale e sociale, definito dall'Assemblea.

Sull’attualità del Magistero paolino, vorrei sottolineare un aspetto tipico della sua spiritualità, e cioè il grande amore alla Chiesa. Questa è una delle consegne che egli ha lasciato a tutti noi, pastori e fedeli, sacerdoti e laici. Amare la Chiesa, lavorare per la Chiesa, soffrire per la Chiesa. Questo fu l’atteggiamento che animò San Paolo VI in tutti i suoi quindici anni di pontificato.

Quanto poi al “pensiero sulla morte”, San Paolo VI scriveva: “prego il Signore che mi da grazia di fare della mia prossima morte un dono d’amore alla Chiesa. Vorrei abbracciarla, salutarla, amarla in ogni essere che la compone, in ogni vescovo e sacerdote che l’assiste e la guida, in ogni anima che la vive e la illustra”.

Certamente, a quella profonda sottolineatura fa eco una famosa citazione, al riguardo, di Giovanni Paolo II: “il travaglio personale di San Paolo VI giunse quasi a confondersi con il travaglio della Chiesa sposa di Cristo, tutta pretesa a realizzare la volontà del Signore, cosi come si è espressa negli insegnamenti del Concilio Vaticano II".

Gilberto Minghetti
 




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