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22/07/2020
L'Election Day è ufficiale: si voterà il 20 e 21 settembre
Lo “stivale' del prossimo decennio non potrà, a mio avviso, che avere una forte impronta cristiana ed europeista

L'estate più calda del secolo rischia di essere proprio questa del 2020, con tutto il suo carico di lutti, drammi e tensioni, che ci sta lasciando la pandemia ancora in corso. Per questo anche la data degli appuntamenti elettorali risultava aperta e controversa, soprattutto circa l'opportunità di accorpare in un turno unico le elezioni amministrative comunali, le regionali e lo stesso referendum per il "taglio dei parlamentari". Ora l'auspicio é che tutto si svolga in piena serenità e con la massima informazione possibile per i cittadini, affinchè sia assicurata la normale dialettica democratica, specie nei mille campanili italiani dove il "pathos" ricorda ancora le sfide di Don Camillo e Peppone, dello scrittore Giovannino Guareschi. Certo negli anni Cinquanta il mondo era diviso per blocchi, senza troppe sfumature di colore che ora assomigliano ad un arcobaleno, frantumato e confuso.

Queste elezioni costituiscono un test intermedio per la tenuta stessa della maggioranza giallo-rossa nazionale, soprattutto per i risultati del voto nelle sette regioni ma anche per il referendum confermativo, voluto dai 5 Stelle, collegato per tentare di far trainare il quesito, che da solo difficilmente avrebbe avuto un quorum rappresentativo. In questo "Annus Horribilis" le variabili da considerare saranno tante per analizzare oggettivamente i risultati, vista la stessa eterogeneità dei territori portati al voto e i diversi schieramenti in campo. In particolare nelle regioni, ad oggi solo in Liguria si è definito un candidato Presidente comune tra Pd e Movimento 5 Stelle, mentre nelle altre regioni essi corrono da soli, a fronte di un centro-destra che appare più compatto ed unito in tutte le sfide regionali. Una politica delle alleanze omogenee, che vede soprattutto I grillini refrattari, terrorizzati di essere oramai omologati come forza politica non più "antisistema", come pretesa dalle sue origini. Questa sarà la valutazione più concreta che potrà uscire dalle urne, a fronte degli stessi rapporti di forza tra i diversi partiti, con il centro-destra che dovrà certificare i nuovi equilibri tra il fronte sovranista-populista di Lega e FdI e il centro di Forza Italia, più europeista come dimostrato anche dal sostegno dato per la positiva trattativa europea del "Recovery Fund", attraverso lo stesso PPE.

Quindi un test multiforme, per fotografare la tendenza della politica italiana, estremamente mobile e divisa, specie per valutare i risultati dei Presidenti uscenti delle regioni, ognuno dei quali si è caratterizzato con un suo specifico "stile di governo", più o meno populista o sovranista: da De Luca a Zaia. Ora di fronte ad un assetto tendenzialmente tripolare, lo stesso approccio del nostro Terzo settore non potrà essere schematico ma, in ogni Comune e regione, dovrà rimettere al centro le proprie proposte economiche e sociali, specie a favore dei soggetti più fragili e vulnerabili, combattendo le vecchie e nuove povertà, acuite drammaticamente dal Covid-19.

Nulla sarà come prima, specie con la ripresa autunnale, con i nodi della crisi che verranno al pettine, aggravando così gli squilibri territoriali e di reddito, non solo tra le tradizionali aree del Paese: il Nord avanzato ed il Sud più in ritardo di sviluppo. Il primo però più penalizzato dall'incidenza della pandemia ed il secondo dalla crisi di un'economia più debole, vocata all'agricoltura e al turismo. Un percorso dalle tante trappole, da evitare con equilibrio e lungimiranza pensando prima al "Bene Comune" che all'interesse demagogico di parte, senza dividere in maniera irreversibile l'unità del Paese, che si può salvare solo insieme.

Lo “stivale" del prossimo decennio non potrà, a mio avviso, che avere una forte impronta cristiana ed europeista, pur con la ricchezza delle sue tante identità territoriali, assicurandoci una maggiore stabilità politica ed una crescita socio-economica adeguata, per ridare un futuro alle nuove generazioni, superando una sua storica instabilità, che Roberto Gervaso stigmatizzava: "L'Italia sta in piedi, perché non sa da che parte cadere".

Sergio Venditti
 




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