“Cosa Nostra, sin dalla sua nascita ufficiale è stata uno strumento dello Stato italiano per tenere sottomessa la Sicilia. I Borbone impedirono la nascita di uno Stato siciliano moderno, e così nel caos nacquero quelle consorterie che poi dovevano diventare la mafia”. “Però il salto politico, il vero battesimo, è stato con lo sbarco delle “Camicie Rosse”. Lì, e solo lì, la mafia diventa un’istituzione riconoscibile e dal 1876, con l’avvento della “sinistra” al potere, la mafia entra nelle istituzioni dalla porta principale. Da quel momento Stato italiano e mafia sono due facce della stessa medaglia, nonostante si reciti la sceneggiata ipocrita dello Stato che lotta una “organizzazione criminale”. Queste sono le parole che Massimo Costa scrisse in un editoriale sull’Osservatorio Siciliano circa due anni fa.
Cari lettori la mafia è stata appiccicata alla pelle dei Siciliani come marchio d’infamia, come pretesto per spossessarli di ogni diritto politico ed economico, sono stati da sempre depredati.
Se guardiamo questo fenomeno con distacco ed in maniera terza sembra davvero che Cosa Nostra fa il “lavoro sporco” per conto dello Stato, di cui è rimasta sempre alle dipendenze. A cominciare da Portella della Ginestra. Se, però, nel primo Dopoguerra era ai margini, una volta sedato l’ultimo autonomismo con i governi di Centro-Sinistra la mafia praticamente siede a Palazzo d’Orléans ma sempre per conto dello Stato. D’altronde lo diceva anche Borsellino che lo Stato e la mafia occupano lo stesso territorio e quindi o si fanno la guerra o si mettono d’accordo.
L’unico politico che tenta di scuoterne il giogo, come Piersanti Mattarella, viene semplicemente fatto fuori (1980). La mafia è lo Stato, e lo Stato è mafioso; ai vertici naturalmente, mentre alla base lo Stato, dispone di poliziotti, giudici, funzionari, che pagano la loro fedeltà a uno Stato infedele con la vita.
A un certo punto questo rapporto entra in crisi. Nell’era della globalizzazione lo Stato non ha più bisogno della mafia per tenere in catene la Sicilia e deve progressivamente sbarazzarsi di tutti i testimoni scomodi di questo accordo.
Da un certo punto in poi, la Sicilia non si saccheggia più per mezzo della mafia, ma con l’aiuto di una nuova mafia, in colletto bianco, la mafia dell'“antimafia”.
Se Falcone è l’ultimo omicidio eccellente di mafia, ordinato però dall’esterno come tutti gli altri “eccellenti”, Mattarella, La Torre e Dalla Chiesa inclusi, con Borsellino non c’è più tempo da perdere.
Ebbene si, Borsellino sapeva. Sapeva da chi e perché era stato ucciso Falcone. E a breve avrebbe parlato. Non c’era tempo di commissionare alla solita mafia il solito omicidio eccellente per allontanare i sospetti dai veri mandanti.
Nella premura si organizza un attentato direttamente. Vero terrorismo di Stato. E poi, per cancellare le tracce, si depista. Ma resta la bugia storica. La mistificazione di una “Sicilia mafiosa” da un lato, e di uno “Stato sceriffo buono” dall’altro.
Luca Cappelli