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03/06/2020
La democrazia vive di legittimità e consenso: si torni a votare
Il test del rinnovo di Regioni e Comuni, attraverso l‘’Election Day”?

La democrazia rappresentativa vera, vive di legittimità e consenso, a tutti i livelli, che però vanno custoditi continuamente, attraverso una netta distinzione dei suoi poteri ed una verifica libera e trasparente della volontà dei cittadini-elettori. In tal modo si riconquista il primato della Politica, rispetto alle scelte tecnocratiche e burocratiche, che da tempo hanno preso il sopravvento, complice una classe politica mediocre e subalterna. Lo stesso Premier Conte si è dimostrato un vero “Giano Bifronte”, non solo con maggioranze intercambiabili, ma anche mediando continuamente rispetto ai diversi partner di governo. Un approccio” paternalistico”, che toglie con una mano e restituisce con l’altra, con una formula bizzarra di accordi aperti (“salvo intese”), che hanno generato DPCM e DL “mostruosi”, rimandati a decine di decreti e norme attuative. Un “modus operandi”, che però deve gestire il rilancio del Paese, con ingenti risorse, che soprattutto l’Europa deve garantire per far ripartire il vecchio continente dopo la terribile pandemia.

Tra i tanti dossier aperti quello delle autonomie locali resta centrale, con l’incontro con l’Anci e con la Conferenza Stato-Regioni circa il riparto delle risorse, fin qui insufficienti, a fronteggiare in prima linea gli effetti negativi dell’emergenza prima sanitaria e, sempre più, economica e sociale. Infatti si sono richiesti ulteriori fondi per impedire il vero e proprio “default” dei Comuni, specie più piccoli, dissanguati dalla caduta verticale delle entrate locali. Almeno 6 miliardi di euro necessari per continuare ad assicurare l’erogazione di tutti i servizi essenziali, ma altresì di quelli strategici per il sociale, cultura, mobilità e turismo. In particolare le diverse associazioni richiedono una maggiore flessibilità sui vincoli finanziari, con la sospensione dei piani di rientro e regole semplificate per avviare finalmente tutte le opere pubbliche prioritarie e cosi creare lavoro ed occupazione. Giustamente i sindaci, di tutte le estrazioni politiche, chiedono procedure e risorse chiare e tempestive, per rispondere alle drammatiche esigenze derivanti dal Covid-19.

Quanto alla proposta di “Election Day”, in autunno, già si sono ricreati fronti contrapposti, circa la sua utilità, ma anche con le sue controindicazioni. Uno studio Astrid (con un gruppo di lavoro, coordinato dal Prof. Enzo Cheli) aveva già approfondito tutta questa materia politico-istituzionale, con le varie motivazioni a favore e quelle contrarie. Le prime che consentirebbero in primis una riduzione dei costi (con la quale ripristinare maggiori seggi elettorali), ma anche dell’incidenza negativa per i calendari scolastici. Il cuore però da valutare è politico, perché la concentrazione del voto eviterebbe la dilatazione dei tempi delle campagne elettorali, in un Paese come il nostro instabile e condizionato dal minimo variare degli equilibri del consenso. Inoltre nel caso qui previsto di voto anche del referendum per la riduzione dei parlamentari, questa valenza viene ancor più esaltata, visto che indubbiamente si potrebbe meglio raggiungere il quorum, (avendo l’effetto traino della partecipazione al voto amministrativo, tradizionalmente più elevata), magari mettendovi il cappello dei Cinque Stelle sui suoi risultati. Il rovescio della medaglia comunque va valutato, a partire dalla disomogeneità del voto, specie tra la dimensione amministrativa locale e quella nazionale, di tipo istituzionale, tipica di un referendum confermativo in apparenza popolare, ma che taglierebbe di netto la rappresentanza, specie delle regioni più piccole, come l’Abruzzo ed il Molise, già di per sé scarsamente rappresentate a livello di governo. In più va considerato che la votazione referendaria è di per sé più trasversale agli schieramenti politici, in un sistema elettorale italiano che da bipolare tende alla dimensione tripolare per poi tornare alla frammentazione con il ritorno possibile di un sistema elettorale di tipo proporzionale. L’eterno pendolo italiano, che perpetua l’instabilità di governo, con maggioranze solo parlamentari e non votate dagli elettori.

Un dibattito di grande attualità, al di là delle norme tecniche di attuazione, per riporre al centro il valore della Politica, partendo proprio dal basso nell’interfaccia con i cittadini, arginando così la sfiducia crescente degli elettori verso le istituzioni centrali e regionali, soffocate da una burocrazia ottusa ed invadente. In tal modo la democrazia potrà tornare in salute, con una netta divisione dei suoi poteri (contro l’invasione di campo della magistratura, ma anche dei poteri forti, economico-finanziari), togliendo il bavaglio ad un’informazione conformista, sempre imbrigliata da una “par condicio” spesso di facciata ed addomesticata.

Il ritorno ad una stabilità perduta è auspicabile, soprattutto dal mondo del Terzo Settore che, proprio nella precarietà e nella continua alternanza dei gruppi dirigenti, diviene l’ultimo anello della catena dei poteri, in assenza altresì di respiro nelle riforme strutturali di interlocutori stabili ai quali chiedere poi conto dei mancati risultati.

Sergio Venditti




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