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01/06/2020
L’antieuropeismo diventa sempre più pericoloso
Senza l’Unione Europea l’Italia non ce la può fare

Ora più che mai siamo tutti chiamati alla responsabilità. È assolutamente necessario; ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte per il futuro della nostra economia, delle condizioni di vita delle persone e delle famiglie e della vita di tantissime imprese, quindi di milioni di lavoratori. Per questo non si può seminare odio, come qualcuno fa da qualche tempo. Diciamocelo con chiarezza: senza l’Unione Europea l’Italia non ce la può fare. Tanto più al tempo del Covid19.

Cari amici, la situazione attuale del nostro Paese è a dir poco disastrosa; il rapporto debito/PIL è del 134% dall’entrata della crisi dovuta al Covid19 e stime prudenti lo vedrebbero salire al 150%, capite bene che siamo già oltre la soglia di sostenibilità. Nonostante gli strafalcioni di Lagarde e della Von der Leyen, l’Unione Europea sta cercando di aiutarci. Ha sospeso il “patto di stabilità”; la Banca Centrale Europea ha potenziato il Quantitative Easing per 120 e poi per 750 miliardi di euro, con un programma specifico; c’è disponibilità a favorire gli investimenti, anche tramite interventi della BEI.

Quindi è il caso di dire anche ai detrattori della UE nostrani di smetterla con gli inganni, con la disinformazione e con le bugie; non è assolutamente responsabile. Questa è una spirale da invertire. Abbiamo necessità assoluta di un intervento che ci aiuti a sostenere il debito che vedrà un’impennata paurosa.

Insomma è ora di ragionare per il futuro in maniera seria, i prossimi mesi vedranno un passaggio che segnerà la nostra storia e quindi dobbiamo attuare strategie di grande respiro politico, che guardino appunto al futuro e superino la divisione che si è creata in questi anni. Misure che non impongano altro vincolo se non quello di una spesa finalizzata a combattere l’epidemia, a salvare e rilanciare le economie colpite dalla crisi; questo lo chiedono da tempo Italia, Francia e Spagna.

È ora di accantonare gli egoismi, è nell’interesse di tutti, come ha scandito il presidente Mattarella. “Una classe dirigente che non faccia questa battaglia a viso aperto e che non cerchi di coinvolgere i cittadini che vuole rappresentare per farla non è all’altezza della sfida”. Sono mesi che i nostri politici giocano con le parole, pensate al pregiudizio sulla sigla “MES”.
L’Italia non deve contribuire alla rottura dell’Unione perché sarebbe la scelta del suicidio collettivo. Taluni ogni tanto ricacciano la storia che dovremmo “stampare moneta”, vale a dire che dovremmo uscire dal sistema dell’euro? A quanto schizzerebbe e che fine farebbe così il nostro debito? Chi lo sosterrebbe, fuori da aiuti solidali e garanzie dell’Unione Europea? A quali speculazioni saremmo esposti? Cari lettori si farneticano soluzioni che ci porterebbero a somigliare forse al Venezuela.

Non vi è altra strada se non quella di stare nell’Unione Europea, rafforzandola anziché indebolendola, perché la catastrofe che ci è capitata dice chiaro, all’Italia e agli altri Paesi che non ce la si può fare da soli. Gli Stati devono fare il loro dovere, imprescindibile, quello loro assegnato da costituzioni che sono nazionali, solo agendo da protagonisti dentro una cornice più ampia.

Ai nazionalisti ed ai sovranisti dobbiamo ricordare che le tragedie del XX secolo ci devono servire per affermare una sovranità europea. Quello che l’Europa oggi può essere o può fare dipende proprio dai limiti che ha essa stessa, dai poteri che non ha, dalla democrazia che non la plasma e che non esprime ma anche dai vizi che ha preso.

È vero dobbiamo cambiarla l’Europa ma rimanendoci e da protagonisti. Saremo chiamati ad attuare dei cambiamenti, io credo necessari, per uscire della crisi e quindi per svoltare. Dobbiamo dare speranza alle visoni di vita futura di tanti giovani, che vanno stimolate e non depresse. Dobbiamo fare gli interessi, quelli veri, di un Paese intero e di un’Europa che diventi protagonista nel mondo.

Luca Cappelli
 




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