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27/05/2020
La riforma Gentile degli studi
Alla scuola dell’etica in uno Stato etico

Parlare della riforma Gentile diventa difficoltoso, in quanto in essa non si esprime solo l’ideologia del tempo, ma anche il pensiero filosofico e pedagogico del riformatore.

Infatti, Giovanni Gentile appartiene alla scuola della destra hegeliana, ma se ne discosta riguardo alla libertà dell’individuo conoscente.

E’ da tener presente che Hegel è protestante, quindi nega l’autonomia della realtà e la concepisce come il riflesso dello Spirito Assoluto che, incarnatosi nella Storia, dirige il destino dell’uomo. Questa fase si richiama, dunque, alla idea protestante della predestinazione dell’uomo.

Gentile, rivendica tale libertà e trova, nello Stato, la sintesi della moralità civile, in quanto nella sua unità supera le diversità egoistiche delle singole persone, quindi nel garantire la libertà universale, salvaguarda quella particolare.
E’ in tale contesto che Gentile pone in essere l’unitarietà tra educatore ed educando: lo Stato educa il cittadino e la scuola, col corpo insegnante, ne è lo strumento.

Con la circolare del 25 novembre del 1922, il Ministro Gentile sostiene che nella scuola: “Devono inculcarsi e praticarsi il rispetto della legge, l’ordine, la disciplina, l’obbedienza illuminata sì, ma cordiale e devota all’autorità statale; ogni atto deviante va punito severamente”.

Egli si fa sostenitore della scuola d’élite, per la futura classe dirigente, per un’aristocrazia dell’intelletto, dello slogan “poche scuole, ma buone”.

La scuola non è per tutti, altrimenti si abbasserebbe “il livello degli studi, deprimendo la cultura nazionale”. Anche le università sono troppe e hanno bisogno di essere sfrondate dai troppi professori universitari. La scuola dev’essere selettiva e funzionale alla divisione del lavoro, da una parte e dall’altra aprire l’alta cultura a un gruppo ristretto. Ciò può essere garantito solo da selettivi esami di Stato nelle fasi di passaggio nei vari ordini e gradi di scuola.

Il potere, dunque, è accentrato a livello regionale attraverso i provveditorati agli studi e le strutture provinciali diventano uffici di controllo, mentre il Consiglio della Pubblica Istruzione diventa di nomina ministeriale. Ecco sintetizzato l’ordinamento degli studi nel sistema scolastico gentiliano.

Scuola materna (grado preparatorio all’istruzione elementare) dai tre ai sei anni, non obbligatoria e non gratuita. L’obbligo scolastico è portato a 14 anni ed è introdotto l’esame di Stato. Scuola elementare di cinque anni: Grado inferiore I, II e III  classe, grado superiore   IV e V classe; si passa dal primo al secondo grado attraverso un primo esame. La Scuola media inferiore è di sei tipi e si può accedere previo un corso integrativo delle elementari: VI, VII e VIII classe - chiuso in se stesso. Superato l’esame si può accedere alla scuola tecnica di tre anni, senza dare sbocchi alla secondaria superiore; diventerà scuola d’avviamento nel 1930; il superamento di un ulteriore esame può ammettere all’Istituto magistrale inferiore di quattro anni, all’Istituto tecnico inferiore di quattro anni, oppure al Ginnasio inferiore di tre anni, o anche alla Scuola d’arte:

1) Liceo femminile di 3 anni, senza ulteriori sbocchi;
2) Istituto magistrale superiore di 3 anni che dà accesso alla facoltà di Magistero;
3) Istituti tecnici superiori di 4 anni che danno accesso a facoltà universitarie di ingegneria, o architettura;
4) Liceo scientifico di 4 anni per accedere solo alle facoltà scientifiche (non permette accesso a facoltà di Giurisprudenza e Lettere e Filosofia);
5) Ginnasio superiore di 2 anni - Liceo classico di 3, permette l’accesso a tutte le facoltà universitarie.

Il tutto sempre legato al superamento dell’esame di Stato. Gli studi classici sono di alta cultura. Le scuole utilitarie sono finalizzate ai mestieri, alle professioni, agli impieghi, al lavoro manuale. L’istituto magistrale sostituisce la scuola normale, è un Liceo-Ginnasio di secondo ordine.

Che la scuola sia sotto lo stretto controllo dell’autorità e dell’utilità statale è riassunto nella parola d’ordine: “Istruire quanto basta, educare più che si può”.

Alberto Fico




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