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20/05/2020
Lo Statuto dei Lavoratori: pietra miliare del diritto del lavoro
Dopo mezzo secolo dobbiamo chiederci cosa c’è ancora di valido e cosa c’è da superare

Celebriamo i cinquant’anni dello Statuto dei Lavoratori, una pietra miliare nella storia del diritto del lavoro e soprattutto nella vita del nostro Paese. Fu salutato come lo strumento che portava i principi della nostra Costituzione e della democrazia nei luoghi di lavoro. L’impegno di due ministri - Giacomo Brodolini prima e Carlo Donat-Cattin poi - provenienti entrambi da esperienze sindacali, coadiuvati dal giuslavorista Gino Giugni, portò al varo della legge 300 del 20 maggio del 1970: “norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.

Dopo mezzo secolo dobbiamo chiederci cosa c’è ancora di valido e cosa c’è da superare. La questione che pose e che pone lo Statuto dei Lavoratori sulla “tutela della libertà e della dignità dei lavoratori” è drammaticamente attuale e sempre lo sarà, è il punto da cui partire per confrontarsi sul mondo del lavoro. Affinché però non sia lettera morta occorre rivederlo e ripensarlo perché la legge 300 si riferisce ad un mondo che, ormai, non esiste più. Se lo Statuto era a misura del lavoratore maschio dipendente della grande industria, oggi appare evidente che va ripensato, non soltanto aggiornato.

Nel corso degli ultimi decenni, molti passi avanti sono stati fatti per estendere le tutele ai soggetti che ne erano esclusi e che pian piano si affacciavano al mondo del lavoro diventandone una parte consistente. Gli sforzi di tanti giuslavoristi, tra i quali non si possono non ricordare Sergio D’Antona e Marco Biagi, sono andati verso questa direzione, per rispondere al problema della tutela dei lavoratori a fronte di un mondo del lavoro in trasformazione. Il tentativo di passare dallo Statuto dei Lavoratori ad uno Statuto dei Lavori è stato rimarchevole, ma deve ancora essere portato a termine. I cambiamenti dei processi produttivi e dell'organizzazione aziendale, lo sviluppo tecnologico, l’emergere di figure nuove e di nuovi esclusi, l'importanza della formazione continua, i diritti delle donne nel mondo del lavoro, l’occupazione giovanile, la progressiva centralità delle politiche attive del lavoro, sono solo alcune delle questioni aperte e che interrogano, non solo i giuslavoristi, ma tutti noi.

Forse il miglior modo di tutelare i diritti del lavoratore è la promozione della persona nel mondo del lavoro attraverso un approccio capace di guardare al percorso della persona nel lavoro. Non basta, anche se è fondamentale, l’opera di intermediazione, occorre farsi carico della persona durante tutto l'arco formativo e lavorativo, mettendo al centro i soggetti del mondo del lavoro - imprese e sindacati - e tutte le forze della comunità, dalle istituzioni alla società civile. La pandemia, e il ricorso a forme di smart working, ci ricorda che la realtà è molto più veloce del legislatore e che tanti possono essere gli attori in gioco che possono aiutare affinché non solo il contingente trovi risposta, ma che sia possibile uno sguardo ampio, strategico.

Il mondo del lavoro rimane ancora segnato da ferite alla dignità del lavoratore - dal lavoro nero a quello sottopagato, dallo sfruttamento alla violenza - per questo occorre un nuovo Statuto capace di rappresentare una nuova pietra miliare. Se lo Statuto dei Lavoratori portava a compimento decenni di lotte sindacali, un nuovo Statuto aprirebbe una nuova stagione per la promozione - non basta solo la tutela - della persona nel mondo del lavoro. Andare oltre lo Statuto dei Lavoratori per realizzare nella società moderna lo scopo dello Statuto, sarebbe il miglior modo per celebrarne la ricorrenza.

Giovanni Gut
 




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