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12/05/2020
Shut-in economy, un nuovo protagonismo dei territori?
Allargare le possibilità di un ruolo sullo scenario mondiale costruendo un'economia diffusa e non minando la prossimità potrebbe essere il lascito di questa pandemia

È diventato quasi un luogo comune, ma se affrontato con serietà è davvero consapevolezza che non deve abbandonarci, per condurci a positivi approdi imprevisti: dopo quest'emergenza sanitaria, nulla sarà più come prima. Proprio perchè questo sarà vero su scale generale, molte saranno le ricadute nella quotidianità. Con impatti anche su natura e modalità del lavoro, sull'ecosistema delle imprese.

Abbiamo già avuto modo di scrivere, proprio su questo sito, dell'importanza di un approccio glocale per rendere il nuovo scenario gravido di opportunità. Con un pensiero creativo, ad esempio, si possono determinare delle virtuose alleanze tra la dimensione territoriale e le nuove tecnologie (che sono entrate a far parte ancora più rilevantemente del quotidiano nostro e delle comunità nelle quali viviamo). Se prestiamo un'attenzione prospettica, lo possiamo vedere già ora: il post-Covid può offrire spazio per una nuova imprenditoria di prossimità.

In quest'articolo vogliamo concentraci, in particolare, sulla “shut-in economy” e come una lettura intelligente di questo fenomeno possa rappresentare un'occasione da non farsi sfuggire per diffondere imprenditorialità. Con quest'espressione inglese, che sta per “economia chiusa, confinata”, indichiamo l’economia relativa a tutto quello che ordiniamo e ci facciamo arrivare direttamente a casa. Questo periodo emergenziale ci ha dimostrato, possiamo facilmente trovare casi nell'esperienza di ciascuno di noi, che anche i negozi di vicinato, combinando innovazione e qualità, hanno potuto mettersi in gioco anche in aree dove sembravano destinati a scomparire. Nel prossimo futuro, magari cercando una partnership con un'azienda informatica esterna o interfacciando la propria riconoscibilità localizzata con le possibilità offerte dalle app, che sicuramente diventeranno ancor più patrimonio largo, potranno intercettare importanti segmenti di mercato.

Per estensione, possiamo parlare anche di “filiera corta” e del ritornare in campo di una logica distrettuale nella produzione. Non una reazionaria paura della globalizzazione in sé, bensì guardando a una sua costruzione “poliedrica” e non “sferica”. Come a dire: non un unico sistema in cui non si può che cedere alla delocalizzazione per ottenere economie di scala, piuttosto uno spazio globale in cui si agisce in cluster. Un'opportunità, questa, anche per una costruzione di un protagonismo europeo che si componga della valorizzazione dei territori attraverso l'impiego delle tecnologie, vitalizzando le aree interne e diffondendo le possibilità d'intrapresa (esplorando davvero le potenzialità dello smart working).

“Small is the new big think”, ossia piccolo è la nuova grande idea. Così Ruchir Sharma presentava gli scenari 2020 prima dell’emergenza coronavirus. Per l'investitore indiano, quel piccolo sta per agile, flessibile, capace di adattarsi in poco tempo. Vale la pena riportare le sue parole, anche per la validità che possono avere pure in condizioni radicalmente mutate da quelle in cui le scriveva: “In passato le grandi imprese erano in concorrenza per uno spazio limitato sugli scaffali nei negozi al dettaglio, provando a conquistare la fiducia dei consumatori nelle milionarie campagne pubblicitarie. Ora le piattaforme internet consentono anche alle piccole realtà di aggirare i punti vendita e guadagnare immediatamente la fiducia del pubblico”.

Allargare le possibilità di un ruolo sullo scenario mondiale costruendo un'economia diffusa e non minando la prossimità, potrebbe essere il lascito di questa pandemia che avremmo certamente tutti fatto a meno di dover affrontare. Se ci proviamo davvero, almeno. Imparando da quanto stiamo già vivendo e portando alla politica l'esigenza di uno Stato che non si faccia imprenditore, bensì costruttore delle infrastrutture che l'impresa possa consentire di far germogliare.

Marco Margrita




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