“Nel cammino di ognuno di noi c’è sempre il Signore che ci chiama a stare con lui che è sempre nella storia, con lui che ci aiuta a vivere e capirla, perché altrimenti manteniamo solo la nostra vuota esistenza”. L’invito è del card. Matteo Zuppi che afferma: “niente di ciò che è umano è estraneo, perché è dentro la storia, conveniente e non estraneo a Dio, in quel pezzo di cammino che è la nostra breve vita, in realtà si apre sempre a Lui, ma che pur nella sua brevità, sottolineare di vivere il presente per cercare il futuro in una comunità come la chiesa e le città: tutto ciò che parte dal campanile fino ai confini del mondo”.
Dopo l’orrore del conflitto mondiale, si aprì un'epoca nuova in cui si avanzò l’ipotesi di mettere in comune gli interessi economici dei Paesi antagonisti, ciò avrebbe consentito la ripresa dell'economica di tutte le nazioni europee. Si pensava quindi il concetto di un'Europa che potesse nascere per realizzare e creare un modello solidale, impostando la ripresa comune contro ogni minaccia. Il 9 maggio è stato grande motivo di ringraziamento perché 70 anni fa, il 9 maggio del 1950, quindi 5 anni dopo la fine della guerra, Schuman un cristiano cattolico, mistico e allo stesso tempo uomo di grande capacità politica - le due cose vanno insieme, perché un uomo mistico è anche un uomo che si mette davanti a Dio e sa stare davanti agli uomini - che aveva sofferto tanto nella guerra come tutti gli uomini del suo tempo, da cristiano combatteva il male e cercava di vivere il Vangelo che insegna ad amare il nemico e a combattere l’unico nemico: quel “divisore” degli uomini, e chi lo aveva assecondato senza timore, per il quale milioni di persone avevano perso la vita.
A quell’idea seguì la creazione della CECA (Comunità europea del carbone e dell'acciaio), di seguito abbiamo avuto ben 70 anni di pace e di continuo accrescimento del benessere di cui ciascuno di noi ha goduto. Insieme a De Gasperi e Adenauer, Schuman 70 anni fa con la CECA, sapendo di avere in comune, ciascuno per la propria strada, la possibilità e il dovere di andare più lontano e più in alto, diceva che la pace mondiale andava salvaguardata con sforzi creativi contro i pericoli che la minacciavano e la sua forza era nel Signore, nel quale si sentiva uno strumento per fare del bene in politica, quella sopra le parti, come dovrebbe essere, non di parte, ma sopra le parti. Un’Europa che si doveva costruire tutta insieme, con realizzazioni concrete che nascevano dalla solidarietà di fatto: invece di fare la guerra fra gli Stati, mettersi insieme con uno spirito di fraternità fondato sulla concezione cristiana di libertà e di etica. Tale cooperazione doveva essere pensata in maniera da creare una convergenza di interessi tra i Paesi europei, per portare alla progressiva integrazione politica, requisito essenziale per una pacificazione delle relazioni reciproche. Ricordarlo a 70 anni ci aiuta a capire le sfide e anche come non dobbiamo sciupare il dono dell’Europa.
Come ha detto Papa Francesco, l’Europa ha potuto risorgere grazie allo spirito di solidarietà che ha superato così le rivalità del passato, mai scontate, perché a distanza potrebbero ricominciare ed è quanto mai urgente - come ha ribadito nel tempo della pandemia - che tali rivalità non riprendano vigore, che tutti si riconoscano parte dell’intera famiglia e si sostengano, e da questo dipenderà non solo il suo futuro, ma anche quello del mondo intero, non perdendo mai l’occasione di dare prova di solidarietà anche ricorrendo a soluzioni innovative e positive. L’alternativa è solo l’egoismo e le tentazioni particolari di un ritorno al passato, con il rischio di metter in discussione non soltanto la violenza, ma il diavolo è nell’incuria e nell’incoscienza e nella pigrizia del cuore e nella routine che i francesi chiamano je m’en fiche… (non me ne importa). Ecco perché il trionfo della solidarietà tra le nazioni non è stato soltanto compassione e benevolenza per chi ha di meno, ma unità che si adopera per fare il bene di tutti. L'ingiustizia, terreno sicuro per il “divisore”, sarà sempre il frutto della mente malata che ignora chi ha bisogno di essere aiutato.
L’altro motivo per pregare è stato, sempre il 9 maggio, il giorno in cui l’Italia ricorda le vittime del terrorismo, il giorno in cui venne ritrovato Aldo Moro, lo statista che affermava: “l’uomo è creato nel segno della libertà e ne porta la responsabilità, nella dignità che la caratterizza e nel compito necessario per attuarla. In ogni cosa sta la consapevolezza che anche in uno stato di necessità qualcosa di buono può emergere a favore del bene comune e contro chi causa il male”. Per Moro il bene prevaleva sempre sul male, non si vergognava mai di parlare di cose proprio come il bene ed il male mantenendo la volontà di cercare sempre la verità, di usare le parole giuste per capirla e condividerla. Ora però la memoria va anche a chi ha pagato con la vita la crudeltà del terrorismo come a Bologna, nelle due stragi: quella del 2 agosto e quella dell’aereo partito dall’Aeroporto che si dirigeva a Ustica. Nella memoria quindi sia chi è stato vittima, chi ha servito le istituzioni, ma anche i famigliari delle vittime la cui sofferenza è sottoposta a tanti sacrifici; lo stesso giorno, in Sicilia, ricordiamo la morte di Peppino Impastato.
Ricordare significa non rassegnarsi mai nella ricerca della verità: è un’affermazione importante che il card. Zuppi ci consegna a tutti e soprattutto a qualcuno che è stato colpito due volte, una perché colpito e l’altra nell’offesa della memoria. Pensando anche alle famiglie, a quando si spengono i riflettori e vengono meno i titoli sui giornali, ai bambini che sono cresciuti guardando le fotografie delle persone care che sono rimaste impresse così nella loro mente.
Non accettare mai il terreno di coltura del terrorismo, la vigliaccheria e la follia di colpire gli innocenti per la propria fede e ideali, frutto di menti intossicate e di ”intossicatori” che stanno nei boards delle parole buttate lì, tanto che poi si cancellano i sentimenti più comuni; così come le complicità, trame di convivenza, connivenza e odio nell’arte di cercare il nemico e non la ragione, nella violenza verbale di dire le cose che convengono e non quelle vere che spiegano e servono a costruire, mai mettere in discussione le istituzioni facendo il proprio dovere perché è il sevizio più alto, quello su cui le istituzioni si fondano, sulla casa comune, e che se legato a interessi di parte è pericoloso per tutti. Ecco perché in questi giorni a Bologna ricordiamo anche Marco Biagi che si aggiunge alla memoria dei tanti, per questo è bello essere cristiani per lottare nel mondo contro il male.
Gilberto Minghetti